venerdì 24 agosto 2012

ragazzo negro




quando avevo dodici tredici anni avevo due manie: i negri e gli ebrei.
in quarta elementare ci arrivò una maestra che io le farei un monumento, si chiama gabriella cabianca ed è una delle più brave maestre che conosco. molto ma molto egoisticamente, spero che non vada in pensione così farà la prima ad antonio. vabbè, comunque ci arriva questa maestra qua che ci legge sempre un pezzo di libro al giorno. io i libri che mi ricordo di più tra quelli che ci ha letto sono la capanna dello zio tom e il diario di anna franck.
questo libro qui sopra me lo sono comprata quando andavo alle medie. sapevo tutto di martin luther king. in tv davano il mitico sceneggiato Radici, e io poi ho letto anche il libro. poi ho cominciato a leggermi tutto quello che trovavo sugli ebrei.
kunta kinte, il protagonista di Radici
questo per dire che lo so che la parola 'negro' non si deve usare.
che poi: gli stessi afroamericani usavano la parola 'negro' (proprio questa, non la n-word, la parola impronunciabile, che io la pronuncio ed è nigger). sempre finché facevo le medie, nel miserabile mobiletto che costituiva la nostra biblioteca di classe ho trovato un fascicolo di negro spirituals che mi sono entrati nella carne e non ne sono usciti più, primo fra tutti Were you there when they crucified my lord. si chiamano ancora così, negro spirituals, come il romanzo sopradetto si chiama ragazzo negro, anche se mi pareva di aver letto che ne avevano fatto una versione 'ripulita'.
per non essere razzista, nel mio post avrei dovuto dire: dei tizi, degli stronzi, magari. ecco. perché io, che amo il piccolo chimico, quando uno dei miei alunni mi dice che non si dice negro, si dice di colore, io gli chiedo sempre: quale colore? e se mi dice che si dice africano, gli dico che anche il marocco è in africa, e non mi pare che il suo compagno di classe marocchino (oh, pare che bisogna stare attenti anche a usare sta parola qua) sia nero. potevo dire ghanesi, perché erano ghanesi, ma anche quello è razzista, in fondo.
la tragedia è che i miei alunni, tutti, sanno benissimo che non si deve dire negro, ma quando gli chiedo chi è martin luther king non sanno manco di chi parlo, e se gli chiedo come mai secondo loro negli stati uniti d'america ci sono tanti neri, che si devono chiamare afroamericani (e no di colore, che quello ce lo abbiamo tutti), mi rispondono: perché in america si stava meglio. 
allora gli racconto la storia di rosa parker, gli dico che è morta l'altr'anno, mica nell'ottocento. e faccio partire in the name of love, che a loro rimbambiti di coldplay gli pare chissà che. che lo è, poi.

campeggio 3 - autostop

 qualche anno fa c'era parecchia gente che faceva l'autostop. io in genere mi fermavo. l'autostop l'ho fatto una volta che dei negri mi avevano bloccato la macchina con la loro. non c'è stato verso che mi aprissero la porta per spostarla. erano svegli, ma non mi hanno mica aperto. era tardi, e dovevo riportare un paio di ragazzi a casa. non mi ricordo chi ci ha preso su, ma è stato dopo un sacco di tempo.
da sola non l'avevo mai fatto, ma la borsa della spesa era davvero troppo pesante. 
il frigo del camper non funzionava. al market super (si chiama così, giuro) del camping la frutta e la verdura aveva dei prezzi assurdi, il minimarket del paese peggio.così ho deciso  di andare al lidl che sta tre o quattro chilometri più su. ho aspettato la corriera per una buona mezz'ora prima di accorgermi della striscetta blu su quell'orario incomprensibile: dal 6 al 18 agosto vale, dove c'è, l'orario festivo. e basta.
insomma, è arrivato dopo un'ora e mezza.  quando ho chiesto all'autista se dovevo scendere lì, una da dietro fa: sei giovane, ti fai una bella camminata che ti fa bene! forse voleva dire: grassa.
io volevo dirle che ci sono quaranta gradi, ho la pressione bassa e sono appunto grassa, per cui faccio ancora più fatica. ma sono scesa e me la sono fatta, la bella camminata. quando sono uscita con la mia borsa piena di uva e pomodori, e pesche e bretzel, ho capito che non ce l'avrei mai fatta. pensavo alla leonessa che procaccia il cibo per i suoi piccoli. ma faceva tanto caldo, avevo una borsa sola e tutto il peso lì.
così ho messo fuori il dito sulla statale del lago, verso l'una del pomeriggio. nessuno. non si fermava nessuno. voglio dire, sono una donna di quarant'anni accaldata e sovrappeso, con un'enorme borsa della spesa strabordante di basilico e biscotti. forse pensavano tutti che fossi pazza, visto che nell'aspettare cantavo il mio repertorio migliore. sottovoce, però. facevo dieci metri e mi fermavo. finalmente uno si ferma. una polo. è marocchino, mi dice. divorziato. mi racconta che anche lui, quando non aveva ancora la macchina, faceva l'autostop e non si fermava nessuno.
grazie, fratello.

mercoledì 22 agosto 2012

campeggio 2 - ferragosto

a roma si augurano tutti buon ferragosto. a me suona strano. comunque, è la festa dell'assunzione di maria, e io vado a messa. a pacengo fanno una messa alle otto di mattina. ci vado che ancora tutti dormono.
a me piace cantare, e mi viene pure bene. a volte c'è qualcuno che si gira a guardare perché forse gli sembra impossibile che qualcuno canti in chiesa. a me mi si stringe il cuore, ad andare a messa che non canta neanche il prete. questo di pacengo invece per fortuna canta.
dice: facciamo il canto 284, mi pare. comunque io il libretto non ce l'ho. ma la so, questa. la so. mi si è anche rotta la voce dalla commozione e mi è venuta la pelle d'oca che se c'era bruno mario gliela facevo vedere, cos'è la pelle d'oca che me lo chiede sempre. sono passati vent'anni da quando l'ho imparata, sulla collina di Jasna Gora. era l'agosto del '91, giornata mondiale della gioventù, in una polonia che era ancora un altro mondo.

campeggio 1 - il partito dei poveri

era tanto che non facevo una vacanza in campeggio. siamo stati col camper dei miei sul lago di garda. 
avevo anche scritto un paio di post, ma non c'era il wifi gratuito, non ho potuto pubblicarli e adesso mi sembrano insulsi. comunque, il primo giorno, alla vana ricerca di un supermercato nel borgo di pacengo, ho visto su un cancello questo volantino:

 


la mamma snaturata e il cinema 4 - Zelig

tanti dei miei alunni guardano zelig. li fa ridere. a me no.
zelig si chiama così perché si rifà all'omonimo locale milanese di cabaret, che a sua volta prende il nome dal titolo del film di woody allen. il protagonista, zelig/woody, è affetto da una stranissima malattia: a seconda del contesto in cui si trova, si trasforma, anche fisicamente, anzi, si CONforma, si adatta per uniformarsi.
la sindrome di zelig, io ce l’ho nella scrittura. quando trovo uno che mi piace, mi viene da scrivere come lui (o lei). adesso per esempio dovrei smetterla di leggere il blog di paolo nori.
che siccome l’ho sentito alla radio, quando lo leggo sento il suo accento, che mi viene facile da sentire nella testa perché la mia nonna che viveva con me era di reggio emilia, e l’accento emiliano ce l’ho già dentro da quando sono nata, anche se sono veneta e montanara, e quindi quando poi mi metto a scrivere qualcosa, lo dico nella mia testa con quell’accento lì, e in quel modo lì, non è che dico che scrivo come paolo nori, perché non sono mica capace e poi non è che mi piaccia proprio tanto come scrive, ma mi viene lo stesso, per esempio io in genere non ripeto mai tutta una frase, e invece mi viene da ripeterla. però non so come fare, perché ormai quando prendo in mano il computer la prima cosa è andare a vedere se c'è un nuovo post nel suo blog, e per fortuna c’è sempre anche perché paolo nori sta tenendo un diario, che tra poco finisce, e a me, come jean pierre leaud in effetto notte, non piacciono le cose che finiscono.

giovedì 9 agosto 2012

compleanno


"Dio ha detto agli uomini di fare una cosa: di amarsi l’un l’altro. Questa cosa bisogna imparare a farla.
E per imparare questa cosa, bisogna: primo, non permettersi di pensare male di nessuno, chiunque sia; secondo, non dire male di nessuno; e terzo, non fare a un altro quel che non vuoi che lui faccia a te.
Chi imparerà tutto questo amerà tutti gli uomini, chiunque essi siano, e conoscerà la più grande gioia che c’è al mondo: la gioia dell’amore.
E io imparerò tutto questo, con tutte le mie forze"

Lev Tolstòj, Preghiera per la nipotina Sònička (scritta nel 1909, Tolstoj aveva 81 anni), in Perché la gente si droga? e altri saggi su società, politica, religione, a cura di Igor Sibaldi, Milano, Mondadori 2008, p. 490

citato da paolo nori in continuazione, per esempio qui

lunedì 6 agosto 2012

no dai, non può essere vero...

io sono una grafomane di necessità. come ho già detto qui, la scrittura è stata da sempre la mia uscita di sicurezza. il mio salvagente.
io con un foglio davanti sto tranquilla. al liceo, il lunedì avevamo il tema. una pacchia, la domenica libera.
io non so parlare, non sono capace, mi sento male. chiunque mi conosca un minimo lo sa.
non puoi accusarmi di questo, sarebbe come accusarmi di essere bionda o miope.
e non puoi dirmi che ti fa schifo scrivere lettere.
no, questo no, non può essere vero. mi si è accartocciato tutto addosso, come uno stupido castello di carte vecchie.
chi non scrive lettere ti porta in giro in moto. a cena fuori. ti regala l'anello di brillanti.
non puoi dirmi questo, adesso. questo no.

domenica 29 luglio 2012

esemplari di una specie in via di estinzione 3 - paolo nori

radio tre non va in vacanza, dice lo spot. eccome no.
ieri hanno messo su una puntata di uomini e profeti del 2008...
oggi entro in cucina, dove ho la radio, e stavano trasmettendo una puntata che avevo già sentito. l'ospite, di cui non ricordavo il nome, stava parlando della vita di uno scrittore russo, di cui non ricordo il nome neanche adesso ( è Daniil Charms, che si legge 'Karms'), che mi era piaciuto tantissimo. oggi ad ascoltare c'era anche mauro, perché hanno spostato per l'ennesima volta l'orario di uomini e profeti, e adesso lo fanno mentre si mangia (pessima idea). paolo nori, questo il nome dell'ospite di gabriella caramore, io non so neanche chi sia. so che si occupa di letteratura russa. ah, poi mi ricordo anche che avevo letto dei pezzi ( o li avevo sentiti alla radio? mah) di Bassotuba non c'è. mi ricordo in particolare che ce l'aveva con vattimo e il suo pensiero debole. in questo mi era simpatico.
comunque, l'ultima parte della puntata era sugli uomini buoni. sulla necessità di essere uomini buoni. sulla necessità di esserlo anche se perdi. e perdi quasi sempre.
sul sito di uomini e profeti la puntata non c'è. era quella del primo dell'anno 2011. mi ricordo che mi sono chiesta com'è che uno così va a fare la puntata di uomini e profeti il primo dell'anno.
sono andata sul suo sito, che mi ricordavo di avere già cercato. lì la puntata c'è. se qualcuno mi sta leggendo, gli consiglio di ascoltarla. (basta cliccare qui)
paolo nori è di parma, ha 49 anni, si occupa di letteratura russa e altre cose. ha una figlia di circa otto anni, ma non vive con la mamma da quando ne aveva uno.
a me non è che piace molto come scrive.
però quello che dice... la tensione del suo monologo è quasi insostenibile. quasi. ti viene da dire basta dai, fermati un attimo che digerisco questa, aspetta.
non so com'è che uno così scrive su Libero.

mare 3 - un miracolo di sant'antonio

mia madre voleva far fare un giro in barca ai bambini. alla fine ha deciso di andare col traghetto all'isola di pellestrina. c'era un caldo allucinante. la signora che ci ha consigliato la visita ha detto che si tratta di un piccolissimo villaggio di pescatori, e che c'è una spiaggetta libera in cui volendo si può fare il bagno. noi naturalmente abbiamo pensato subito a robinson crusoe. quando arriviamo, la realtà è un'altra. arriviamo al cimitero, insieme all'autobus (ma non era un'isola???) e ci avviamo verso il centro, in cui sicuramente c'è una grande chiesa. altro che villaggetto. però sembra un paese fantasma. mi è venuto subito in mente il paesino in cui era andata a stare janet frame.
forse era il caldo, ma l'aria era inquietante. la sensazione che dietro le imposte socchiuse, molti osservassero. l'unico bar ha dei prezzi esorbitanti. donne sedute fuori di casa, silenziose. troviamo un posto di sosta in un gazebo di ristorante, chiuso. ci sono molte sedie, evidentemente a qualcosa serviranno.  beviamo l'acqua calda della fontana, mangiando pavesini.

l'isola è un stretta lingua di terra, situata proprio di fronte al Lido di Venezia. da una parte c'è il molo per le barche dei pescatori. dall'altro lato, la strada provinciale delimitata verso il mare da una muraglia che sarà stata alta quattro o cinque metri. ogni tanto c'è una scala intagliata nei sassi del muro. al di là, dune di sabbia, e il mare. ecco la spiaggia libera! per fortuna, il pomeriggio buttava male. e, meraviglia delle meraviglie... conchiglie!!!! ne (ho) abbiamo raccolto una sporta piena. torniamo verso le otto all'imbarco del traghetto, è il tramonto. cerco nel coacervo della mia borsa da spiaggia la macchinetta fotografica per qualche foto-cartolina. la macchinetta non c'è. devo averla lasciata da qualche parte, ma dove?? decido di scendere e di rifare tutta la strada al contrario, sperando di averla mollata in un posto assurdo e nascosto. il prossimo traghetto però è fra un'ora. scendo lo stesso. non è tanto la macchinetta, è la schedina, e le foto fatte negli ultimi giorni che mi fanno disperare... non ho neanche il telefonino, e sono stanca morta. ripercorro la strada passo per passo, fino alla spiaggia, cercando invano di ricordare i sequeri  (la preghiera a sant'antonio per ritrovare gli oggetti smarriti, che si chiama così dall'incipit: si quaeris miracula...) e pregando sant'antonio di farmi sto favore. niente. arrivo alla spiaggetta ormai deserta. non c'è più nessuno. niente macchinetta. ritorno sconfortata, piena di tristissimi pensieri. aspetto da sola il traghetto. ho ancora addosso il pareo, sono le nove di sera. in corso a chioggia tutti i negozi sono chiusi. i vecchi bar in vendita. arrivo a casa verso le dieci. la macchinetta c'è. l'avevo lasciata sulla panchetta dell'imbarco, e una signora è venuta a cercare la signora bionda. grazie, sant'antonio da padova.

mercoledì 25 luglio 2012

mare 2 - Avvenire

in vacanza la cosa bella è che posso leggere il giornale.
un po' per il costo, un po' perché non è che passo davanti a un'edicola tutte le mattine, un po' perché leggere un quotidiano richiede tempo e calma, merce molto rara durante l'anno scolastico, la lettura integrale del giornale è uno dei piaceri di una vacanza degna di questo nome.
il mio giornale è Avvenire. Sì, quello dei vescovi. che mi risparmia le beghe di infimo livello dei nostri politicanti e le storielle dei vip del secondo, e che come pochissimi mi dice qualcosa di quello che sta succedendo nel mondo.
mi piace aprire il giornale nuovo, possibilmente durante la colazione, quando ancora i bambini dormono, per una panoramica o un editoriale particolarmente interessante. la prima cosa è sempre il 'mattutino', lo spunto di riflessione che per anni è stato appannaggio esclusivo di monsignor ravasi (adesso ho visto che scrive sul domenicale del sole24ore...mah!). ora è roberto mussapi che sceglie e commenta spunti letterari di varia natura. senza riuscire mai a convincermi fino in fondo.
in spiaggia poi lo sciupo tutto. 
ogni vacanza - di un giorno, o settimane, come stavolta- finisce sempre con un pacco di giornali spiegazzati che non riesco a buttare, vuoi perché quel giorno non sono riuscita a leggere quell'articolo di..., vuoi perché devo prendere nota di quei dati là, e c'è una cartina che mi può servire a scuola, e l'edizione di popotus (il quotidiano per bambini che viene allegato all'Avvenire il martedì e il giovedì) con la notizia divertente sulla regina d'inghilterra...
adesso aggiungici pure che su quella notizia ci devo assolutamente fare un post... ma questa è un'altra storia.

venerdì 20 luglio 2012

la mamma snaturata e il cinema 3 - lo splendore nell'erba

 
« Though nothing can bring back the hour
Of splendour in the grass, of glory in the flower
We will grieve not, rather find
Strength in what remains behind. »
WILLIAM WORDSWORTH
(Se niente può far che si rinnovi
all'erba il suo splendore e che riviva il fiore,
della sorte funesta non ci dorremo, ma ancor più saldi in petto
godrem di quel che resta)


L'estate è sempre stato per me il tempo dei film in tv, al pomeriggio. ci sono dei film che fanno ogni anno. La ragazza del palio con gasman, ragazze d'oggi con mike bongiorno (sì, lui), lisa dagli occhi blu e, appunto, lo splendore nell'erba, un filmone drammatico di elia kazan con natalie wood e warren beatty, giovani e bellissimi. 
compagni di scuola, in comune hanno solo quella, e si amano alla follia. ma l'abisso che li separa- fatto di tabù, timidezze di adolescenti, egoismi di adulti- ha il sopravvento. lui cede al dirigismo paterno, lei si ribella come può, e va al manicomio. un film in cui niente è come poteva essere, con l'amarissimo ritorno  a casa delle illusioni nel finale.
lei, finalmente guarita, torna a casa, indossa il suo vestito più bello e va a trovarlo. "Sei felice, Bud? Mah, non lo so, credo di sì, ma non è che ci penso tanto..."
non posso fare a meno di singhiozzare ogni volta che lo vedo, stavolta poi è stato più devastante del solito. solo che ero a casa dei miei, ora di cena, arriva mio fratello piccolo e mi fa: Laura, ma come sei ridotta?
ah, beata gioventù...

mercoledì 18 luglio 2012

mare 1


mia madre ha affittato un appartamento al mare.  il tempo di lavare e stirare tutto, fare le valigie e siamo qui. mauro verrà qualche giorno nel weekend. per il resto, io, mia madre, i bambini e i figli di mio fratello. totale, cinque bocie in fila come i nanetti di biancaneve da portare al mare.
quando ero piccola, finita la scuola, andavo sempre al mare con mia nonna. i miei affittavano un appartamento al mare, per un mese. ci portavano giù e poi venivano al fine settimana,  a volte. a volte no. io non ho ricordi, da piccola, di una vacanza coi miei. solo la nonna e i miei fratelli, e la zia alba e lo zio guido. ammucchiavamo le monetine da 10 e cinque lire per giocare a carte.  una volta almeno ci alzavamo a vedere l’alba sul mare, e cercare le vongole a riva. 
io odiavo il mare. mi scottavo da star male solo a fare il bagno, sulle guance sotto agli occhiali, stramaledetti occhiali di metallo che mi piagavano il naso, non sopportavo il sale sulla pelle,  la sabbia dappertutto, sui barattoli delle creme, sulle lenzuola nel letto. la vegetallumina a strato sulla schiena gonfia per il troppo sole. la sedia a sdraio è un’invenzione orrenda. sarà che all’asilo ci facevano dormire su delle sdraiette che a me parevano create apposta per non farti dormire. già odiavo dover dormire. non mi piaceva niente dell’asilo. solo suor clara, una suora buona. è morta anche lei.
adesso il mare mi piace perché basta così poco. soprattutto quand’ero più magra. a fare la valigia non ci vuole niente. la cosa più ingombrante è il telo da bagno. la montagna è più esigente. e poi l’abbronzatura smagra. adesso poi non mi scotto più come una volta. mi viene direttamente l’eritema.
la tipa che ci ha affittato l’appartamento non ci ha messo il mocio, solo straccio e spazzettone, ma ha una connessione wifi. crittata, ovviamente. è pieno di connessioni, tutte crittate, anche quella dell’albergo nettuno che è pieno solo di veci che non se ne fanno niente. sto post lo pubblicherò quando torno a casa.
alla tipa dell'appartamento non piacciono i bambini. se sapeva che ne avevamo cinque non ce lo dava, l'appartamento. ha detto così a mia madre appena l'ha vista.
ieri juliette per le scale le ha chiesto: 'dov'è la signora che non le piacciono i bambini?'
io non sapevo che dire. lei non ha capito subito, e juliette gliel'ha ripetuto. anche agostino. santa innocenza.
bruno continua a pisciarsi sotto e non ho la lavatrice. cioè, ce l’ho, ma al piano terra. la manopola dell’acqua fredda e caduta sul piede di antonio. ieri sera mi è rimasta in mano la doccetta.
i bambini si divertono un sacco. vederli impegnati con la sabbia e guardarli fare il bagno è una gioia grande - per fortuna che c’è la nonna, io odio le alghe e , come ho già detto, il sale, ma soprattutto ho il mio solito mega ciclo (odio anche quello).


antonio è così piccolo e tra poco non me lo ricorderò più. continuo a cercare di fissarmi nella memoria come sono, le piccole cose che fanno, ma non ci riesco.
già adesso guardo le foto e non ricordo che siano stati così piccoli.
suona la campana della messa delle 7 e mezza.  ci vorrei andare ma i bambini dormono  e poi mia madre è partita prima delle 6 come ogni mattina, per la passeggiata sulla spiaggia. è tornata ora, vado a fare colazione. una delle poche cose che ho sempre amato del mare. insieme al pane e al momento in cui in spiaggia non c’è più nessuno.

lunedì 25 giugno 2012

uno stupido test

guardando la versione di greco assegnata per la maturità di quest'anno, di Aristotele, mi sono imbattuta nel test 'che autore greco che ti somiglia di più?'

lui era nei paraggi, e l'abbiamo fatto insieme.
è venuto fuori che io sono saffo:
La poetessa greca dell'isola di Lesbo è giunta a noi con pochi frammenti, ma di un'intensità tale che l'hanno consacrata nell'Olimpo degli scrittori classici per eccellenza. I suoi inni ad Afrodite e le sue poesie sono ispirate dall'amore, unica vera chiave di lettura del mondo per persone come te!  
e lui luciano:
Luciano di Samosata forse non è l'autore più celebre della letteratura greca antica, ma è rimasto nella storia per i suoi scritti satirici che riescono a strappare diversi sorrisi e risate amare ancora oggi.Animato da un acuto spirito di osservazione e da una grande vena polemica, sembra proprio l'autore più affine a te!
 invece doveva venire fuori io luciano, lui eschilo:
 Padre della vera tragedia greca, Eschilo è stato uno degli autori classici greci che sono giunti a noi con opere intere. La sua visione oscura e la sua attenzione per i temi del dolore e della sofferenza ben si accostano al tuo carattere introverso e un po' pessimista. Cerca di sorridere di più! 
comunque, la domanda 9 era questa

Che cosa pensi della gente in generale?


 questa è stata la sua risposta.
io ho scelto la seconda.
E ADESSO COME FACCIO?????? 

sabato 16 giugno 2012

un posto tranquillo dove stare

alcune colleghe hanno la bella abitudine di trovarsi, ogni tanto,  a mangiare a casa di una o dell'altra; lavorando anch'io quest'anno nelle loro classi, sono stata invitata a far parte del club.
quando siamo state a casa di Valeria, qualche tempo fa, c'era il camino acceso.
una casa perfetta, quella che non avrò mai. non solo perché è decisamente sopra le mie possibilità, ma per l'ordine totale che vi regna. ma un ordine rassicurante, abitato, quello che desidero quanto più sprofondo nel casino informe e aggressivo di casa mia. della casa in cui abito, cioè.
una delle cose che mi piacevano di più all'idea di avere una casa mia era poter invitare gli amici, di creare un posto dove ci si sentisse a proprio agio. un posto dove gli amici desiderassero venire. a qualsiasi ora.
non viene mai nessuno.
un po' perché mi vergogno ad invitare qualcuno in questa topaia, un po' perché non lo so. non abbiamo una vita sociale, e questo mi manca tantissimo. non sono mai stata una che se non esce o non fa vita sociale non sa come impiegare il tempo, però lo sento come un vuoto.
decisamente, devo rendere più confortevole il posto in cui vivo. è il mio primo obiettivo a breve medio termine.
a casa di Valeria ci sono tornata ieri.  era la prima giornata estiva dopo tanto tempo.
condividere un buon cibo e fare quattro chiacchiere tra colleghe sulla scuola senza l'assillo delle scadenze scolastiche, che per quest'anno ci lasciamo ormai alle spalle, mi hanno portato troppo velocemente e senza che quasi me ne accorgessi alla soglia critica dell'ora in cui i bambini escono da scuola. nonostante fossi quasi in ritardo, l'aiuola del giardino con le rose e la lavanda evaporava un profumo così intenso che mi sono fermata a lungo sul vialetto verso il cancello.
decisamente, ho pensato, questo è un bel posto dove stare.

mercoledì 13 giugno 2012

la mamma snaturata e il cinema 2 - Le piace Brahms?

quando l'ho visto, avrò avuto vent'anni. comunque, sapevo già che ingrid bergman era la donna che avrei voluto essere. mi piaceva pensare che lei aveva rinunciato alla felicità, sposando il fedifrago pentito (nell'orgoglio ferito, piuttosto) per non rovinare la vita a un ragazzo ingenuo e romantico.
non credo che sto film sia un capolavoro, anche se il cast è stellare e antony perkins ha vinto a cannes come miglior attore. ma neanche la schifezza di cui parlano i due principali dizionari del cinema.
Per il Dizionario Mereghetti è «una commedia sentimentale e prevedibile, fintamente libertaria, che si regge soprattutto sulla bravura dei comprimari». Per il Dizionario Morandini si tratta di una «prolissa commedia sentimentale in cui un bieco patetismo hollywoodiano surroga quel che doveva essere la malinconia di fondo. Sull'orlo del ridicolo i tre protagonisti».
sarà. ma è un film fondamentale per la mia vita perché grazie ad esso io rispondo: sì. io adoro brahms.
e la colonna sonora del film, quello struggente terzo movimento della terza sinfonia da allora mi si è appiccicato addosso, come il vestito che non toglieresti mai, quello con cui puoi andare dove vuoi.
se devo dire a qualcuno chi sono veramente, io metto su sto disco qua.

lunedì 11 giugno 2012

ma l'amore che cos'è 1

un giorno a scuola mi hanno chiesto qual è la mia opera preferita. presa alla sprovvista, ho detto che, musicalmente, adoro donizetti. il problema sono i libretti.
poi, a mente fredda, mi sono data della deficiente a non aver detto di primo acchito che la mia opera preferita in assoluto è il dongiovanni di mozart.
sono giorni che mi continua a suonare in testa, come un disco rotto, la meravigliosa aria di don ottavio, Dalla sua pace la mia dipende.
Dalla sua pace la mia dipende;
Quel che a lei piace vita mi rende,
Quel che le incresce morte mi dà.
S’ella sospira, sospiro anch’io;
È mia quell’ira, quel pianto è mio;
E non ho bene, s’ella non l’ha.
ecco, per me l'amore porebbe essere questo.

 Come mai creder deggio,
di sì nero delitto
capace un cavaliero!
Ah! Di scoprire il vero
ogni mezzo si cerchi. Io sento in petto
e di sposo e d’amico
il dover che mi parla:
disingannarla voglio, o vendicarla.
Dalla sua pace la mia dipende;
Quel che a lei piace vita mi rende,
Quel che le incresce morte mi dà.
S’ella sospira, sospiro anch’io;
È mia quell’ira, quel pianto è mio;
E non ho bene, s’ella non l’ha.
Don Giovanni/Atto Primo/Scena quattordicesima

mercoledì 6 giugno 2012

al festival dell'economia si parla di scuola

 ARTICOLO 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

finalmente sono riuscita a trovare il podcast della conversazione radiofonica mandata in onda su radio3 dal festival dell'economia di Trento, il 2 giugno, festa della repubblica.
a me sta festa piace. molto meglio del 25 aprile.
a 'tutta la città ne parla' speciale trento oggi si parla di scuola. con, udite udite, cesare moreno, maestro di strada a napoli, andrea ichino, che insegna economia politica a bologna e andrea laterza, viepresidente di confindustria con delega al sud e presidente della commissione cultura (quale? boh). il conduttore riassume brevemente gli interventi molto illustri dei giorni precedenti, tutti concordi sull'importanza che la scuola ha in questo momento di crisi: solo l'istruzione, solo la scuola ci possono aiutare, bisogna investire sulla formazione.
cesare moreno ha fatto un bellissimo intervento sugli insegnanti, sulla fatica, sulla responsabilità dell'insegnare, chiedendo per sè e per gli altri una cosa sola: lasciateci lavorare.
invece, secondo il chiarissimo professore Ichino, fratello del più famoso pietro (ma si sa: in italia la genetica la fa da padrona) la soluzione a tutti i guai della scuola italiana è presto detta: basta pagare di più i professori più bravi. e sapete come si fa a sapere quali sono? ma lo sanno tutti! basta leggere il libro Cuore, oppure fare incrociare le opinioni di colleghi, alunni e famiglie: se sono tutti d'accordo, abbiamo il superteacher! facilissimo, no? perché non si può pagare tutti uguali, basta! vorrei tanto chiedere al professore se alla sua università (di bologna) i professori li pagano sui sondaggi tra allievi e colleghi, in base alla loro reputazione.
 il dialogo si è concluso con la battuta di laterza, che dice di avere le idee abbastanza chiare: bisogna avere il coraggio di avere obiettivi diversi: a napoli punterò a tenere un po' di più ragazzi di quelli che abbandonano adesso, a milano andrò a vedere chi va ad harvard (milano centro però).
sono esterefatta. è il giorno della repubblica.
si comincia col dire che la scuola è l'unica in grado di diminuire le disuguaglianze e si finisce dicendo che se nasci a napoli, al limite puoi sperare di non abbandonare dopo i primi quindici giorni, se nasci a milano magari vai a harvard.
viva l'italia, viva la repubblica!

lunedì 4 giugno 2012

parla con lei


 ho fatto la posta a sto poster per un mese. era in vetrina dal noleggio dvd. bellissimo, enorme. 
alla fine me l'ha dato. ma chi vuoi che lo volesse. in quel negozio ho trovato il cielo sopra berlino tra una pallottola spuntata e natale non so dove. reparto 'commedia brillante'.
era il nostro primo film. era estate, al mare. e meno male che dicono che il litorale nord è meglio del sud. per fortuna. quello spiazzo del cinema a ladispoli, con le cartacce e le bottiglie rotte, le facce che col buio fanno paura... un'altra italia.
poco dopo, al cinema, ho visto 'velocità massima' con valerio mastrandrea, ambientato proprio sul litorale nord. se non lo vedevo di persona, avrei pensato che un posto così esiste solo nei film.
alla macchina, lui mi ha aperto la porta e chiudendola mi ha chiamato 'principessa'. 
che cretina.
eh sì, laura, ha ragione lui: 'sei una provinciale'. 


sabato 2 giugno 2012

io odio il telefono

o meglio: io da sempre odio telefonare a qualcuno che non conosco. neanche per un'informazione.
forse è perché non sono così malata di nervi come crede qualcuno.

 'Mi sembra di aver scritto da qualche parte che nella nostra società la vera rivoluzione sarebbe la comparsa di qualcuno capace di sopportare la propria depressione. Perché allora si comincerebbe a dire no all'intera impostazione maniacale del nostro stile di vita: iperconsumo, iperattività, viaggi.
Siamo seduti qui a Zurigo; lei viene da Roma, io dal Texas. Prima dell'intervista, eravamo dei perfetti sconosciuti. Ci sediamo e cominciamo a parlare. Tutto questo è folle, maniacale. Non ci siamo scritti neanche una lettera per presentarci, per dirci come ci sentivamo e e come avremmo dialogato se avessimo constatato di poter dialogare. (...) Come se tutti potessero sempre parlare con tutti - che è ciò che accade al telefono, naturalmente, dove volto, occhi e corpo dell'interlocutore non hanno importanza. I contatti telefonici non si curano dell'interlocutore; non sono che brusche intrusioni nel privato di qualcuno. Maniacale! Oggi le conversazioni sono modellate sulla comunicazione telefonica. Niente pause, perché una pausa di riflessione, un momento di silenzio può suscitare il dubbio che sia caduta la linea, che siamo rimasti senza interlocutore. Maniacale! Anche continuare a parlare come faccio io ora.
Questa cultura ci vuole maniacali: iperattivi, spendaccioni, consumisti, spreconi, chiaccheroni, pieni di idee che ci saettano nella mente senza fermarsi perché per non riuscire noiosi non ne approfondiamo nessuna; così, il senso della tristezza va perduto.'

dal libro-intervista di James Hillman IL LINGUAGGIO DELLA VITA. Conversazione con Laura Pozzo

contro la cattività delle bestie

  mia nonna allevava le bestie. aveva i conigli, polli e galline, anatre mute e tacchini giganti. ogni tanto anche le faraone.
il sabato veniva lo zio a pulire il pollaio e dare una mano coi lavori pesanti nell'orto. poi, a mezzogiorno, si fermava sempre da noi a mangiare: la nonna preparava il coniglio in umido con la polenta. in tv davano 'check up'. 
per anni, il mio sabato è stato questo: scuola, coniglio in umido, check up e  catechismo al pomeriggio.
ora, sarà che a me la carne di coniglio piace assai, ma il fatto che uno si compri un coniglio come animale da compagnia  a me mi suona strano. anche perchè la prima cosa che mi viene in mente sono le palline di cacca di coniglio sparse per tutta la casa. eppure, pare che dopo i pesci rossi siano tra gli animali domestici più diffusi.
comunque, l'altro giorno mia cugina mi raccontava che, portato a casa il coniglio, sua figlia di 5 anni le fa: mamma, dov'è il pulsante per spegnerlo?
il tempo passa e il coniglio, anzi la coniglia, cresce a dismisura. e morde tutti. mia cugina la riporta al negozio, e lì le dicono che è ovvio: doveva comprarle un sex toy!!!
ci compriamo, spesso a caro prezzo, animali da compagnia per farne l'oggetto delle nostre attenzioni, per soddisfare i nostri bisogni, e li castriamo, e li educhiamo a comportarsi come umani e li costringiamo a stare soli per non sentirci soli noi.
come diceva anna oxa, io, io no.