o meglio: io da sempre odio telefonare a qualcuno che non conosco. neanche per un'informazione.
forse è perché non sono così malata di nervi come crede qualcuno.
forse è perché non sono così malata di nervi come crede qualcuno.
'Mi sembra di aver scritto da qualche parte che nella nostra società la vera rivoluzione sarebbe la comparsa di qualcuno capace di sopportare la propria depressione. Perché allora si comincerebbe a dire no all'intera impostazione maniacale del nostro stile di vita: iperconsumo, iperattività, viaggi.
Siamo seduti qui a Zurigo; lei viene da Roma, io dal Texas. Prima dell'intervista, eravamo dei perfetti sconosciuti. Ci sediamo e cominciamo a parlare. Tutto questo è folle, maniacale. Non ci siamo scritti neanche una lettera per presentarci, per dirci come ci sentivamo e e come avremmo dialogato se avessimo constatato di poter dialogare. (...) Come se tutti potessero sempre parlare con tutti - che è ciò che accade al telefono, naturalmente, dove volto, occhi e corpo dell'interlocutore non hanno importanza. I contatti telefonici non si curano dell'interlocutore; non sono che brusche intrusioni nel privato di qualcuno. Maniacale! Oggi le conversazioni sono modellate sulla comunicazione telefonica. Niente pause, perché una pausa di riflessione, un momento di silenzio può suscitare il dubbio che sia caduta la linea, che siamo rimasti senza interlocutore. Maniacale! Anche continuare a parlare come faccio io ora.
Questa cultura ci vuole maniacali: iperattivi, spendaccioni, consumisti, spreconi, chiaccheroni, pieni di idee che ci saettano nella mente senza fermarsi perché per non riuscire noiosi non ne approfondiamo nessuna; così, il senso della tristezza va perduto.'
dal libro-intervista di James Hillman IL LINGUAGGIO DELLA VITA. Conversazione con Laura Pozzo
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