venerdì 19 febbraio 2016

un post scritto un mese fa

appena è successo ho pensato che forse aveva ragione quella mia nuova collega che mi chiama affettuosamente Pietra, o magari il dottor B., che una volta non so perché mi ha detto tu sei la più forte, della tua famiglia, laura, non lo sai neanche tu, quanto sei forte, e io ho pensato ma che cazzo ne vuoi sapere, tu, e invece, ho pensato, vuoi vedere che ne sapeva, altro che fuori di testa, dicevano tutti che era fuori di testa perché andava al poleo, un posto qua vicino dove c'era uno che vedeva la madonna, era diventato fanatico, dicevano, ma io non l'ho mai pensato, questo, era un uomo magnifico, invece, solo che aveva sta fissa di conoscermi senza che ci avevessi mai parlato insieme una volta, mah.
ho pensato che avessero ragione perché dopo che è successo non pensavo niente, era tutto come prima, sono uscita dall'ospedale la mattina con la mia valigetta e sono salita sulla macchina con cui ero andata lì il giorno prima, che avevo delle perdite. me l'aveva detto, il ginecologo: non va, non va.
 avevo cercato di non pensarci, prima, di di non pensare a niente, non pensare pensieri che non dovevo pensare, cose brutte, da pensare, per una mamma, di suo figlio.
ma ne avevo pensate anche di belle, di belle e di brutte, insomma, ne avevo pensate tante, continuamente.
e uscita fuori non sentivo niente, nessun male, niente di niente.

e poi a casa mi sveglio di notte. anche stanotte, mi sono svegliata. mi sono svegliata e il primo pensiero è stato quello.
e se magari dicevo no. non lo voglio, sto raschiamento. che parola orrenda. voglio aspettare.
adesso hai un angelo in cielo, mi ha detto una mia amica. ma se non sono neanche riuscita a considerarlo un figlio.
era una cosa che cresceva troppo lentamente. ma cresceva, però.

e stasera una collega mi ha chiesto se non voglio la femmina.