martedì 25 febbraio 2014

passioni


una mia amica mi parla della sua passione per i cavalli. uno non  capisce, mi dice. che lei, per il cavallo, ha rinunciato a tantissime cose. che a stare lì, a pulire il cavallo, ecco, l'ambiente no, non le piace, ma i cavalli, hai presente la libertà? mi dice. una cosa che la gente, la gente non capisce.
io sì, che lo capisco.
io, cantare, cantare mi è sempre piaciuto. mia madre mi dice che volevo andare allo zecchino d'oro. a me sembra impossibile,  non me lo ricordo proprio, comunque non se ne parlava neanche.
è che l'opera, l'opera lirica mi sembrava una cosa assurda.
quando finalmente hanno messo un corso di canto, alla scuola di musica, ho pregato mia madre di iscrivermi, ma avevo già più di vent'anni, purché non fosse l'opera lirica. la mia maestra, devo dire, mi ha fatto studiare anche gershwin. comunque, in quel periodo lì, sta cosa mi è scoppiata dentro. era il periodo in cui, guarda caso, il corriere della sera pubblicava l'opera in 24 cd di maria callas.
ho provato l'ammissione al conservatorio, non mi hanno presa.
l'anno dopo, che ormai stavo al limite di età, ho provato in tre conservatori, anche se non si potrebbe. non mi ha voluta nessuno.
poi ho trovato un'altra maestra, e al saggio di natale della scuola, c'era uno che era anche andato alla corrida, un tenorino, che mi fa: ma tu, ti credi tanto meglio di noi? io gli ho risposto no, che non lo so come gli fosse venuta questa idea, che sinceramente non ce l'avevo, soprattutto perché non li avevo ancora sentiti, gli altri, che se li sentivi parlare, marianna, erano tutti bravissimi, io mi sentivo una merda, poi ho capito perché me l'aveva chiesto, perché lui invece a me mi aveva sentita, lo stronzo. che poi, una volta che abbiamo cantato l'elisir d'amore al suo paese, e facevamo il duetto, mi teneva il fianco, e mi fa: quando ti stringo, chiudi, e io ho chiuso, ma lui no, per tenere l'acuto più lungo. poveraccio.
poi dopo albano mi ha portato da una maestra del suo paese, che ospitava in casa sua il maestro gajoni, un maestro alla toscanini, che quando mi ha sentito, mi fa: ma lei, ha la fede? io gli ho risposto sì, e lui mi ha detto: guardi che il padreterno, quel giorno, non le chiederà se ha fatto bene la maestra. le chiederà conto della voce che le ha dato.
poi, il maestro fece un ictus, ma quando andavo a lezione, si commuoveva, a sentirmi cantare, e gridava: questa qui la mandiamo alla scala!
ma mi sono sposata, e ho dovuto lasciare anche questo, se non fosse che mi capita, per alunna, la figlia di un'insegnante di canto al conservatorio, le ho chiesto se mi sentiva, mi ha sentito, mi ha detto che ho un timbro bellissimo, tebaldiano, anche meglio.
mi preparavo all'esame di terzo anno, che ancora si poteva fare, ma è arrivato ago, poi bruno, poi antonio... e sono tornata su mentre la mia maestra di un tempo si è trasferita a napoli.
qualche messa di matrimonio, sempre meno. e il canto nel mio coro.
è che ho il reflusso, ho fatto perfino la cura che non volevo fare, e mi manca il fiato, che non è, come mi ha detto mio fratello, che non uso il diaframma, è che ho una palla in gola, come se avessi sempre il magone. non riesco più a cantare, non mi viene neanche il fiato a parlare, figuriamoci a cantare.
a scuola, faccio fatica con le canzoncine, io che tutti stavano muti a sentire, e si guardavano come dire: ma che è, sta roba? quando cantavo.
sento che è finita, che non servono a niente, le diecimila ore del dominio talento, quando il fisico ti abbandona.
cantare era la mia passione. figurati se non capisco.


bike sharing

a roma avevano comprato circa 450 bici per il bike sharing, quella cosa fantastica che trovi in olanda, ma credo anche in trentino alto adige, cioè che prendi una bici in un posto e la lasci alla stazione successiva, e così via.
ne sono rimaste 19.

lunedì 24 febbraio 2014

lo sport più bello del mondo 2


io non ci ho mai creduto, alle coincidenze. cioè, ci credo tantissimo, che accadano, ma non penso che accadano per caso, per coincidenza, appunto.
le persone che incontriamo, quelle e non altre. i libri che leggiamo, le cose che ci accadono tutti i giorni.
per esempio, io non lo so quanta gente ci sia in italia, oggi, che sa chi è gigi meroni.
io, non lo so come mai, ma so quasi tutto. che non sapevo niente, fino a un paio di anni fa.
so della sua gallina, so che si disegnava i vestiti, so che non gli piaceva tirare i rigori, so la sua storia d'amore, conosco la sua fidanzata. che era una giostrara, e i suoi le hanno fatto sposare un medico. che lei, siccome sapeva che se non consumi il matrimonio, si può annullare, non l'ha consumato. l'ho sentita, che raccontava tutta la storia. uno speciale di quelli che fanno alle due di notte.
so come è morto, attraversando una strada.
so che era un artista, del calcio, della vita.
l'ho visto tutto, lo speciale. poi ne ho visto un altro, sempre per caso, diciamo così, che io al caso non ci ho mai creduto. oggi hanno fatto uno speciale alla radio perché sarebbe stato il suo compleanno. e ogni volta, alla fine, piango.
quello della radio, oggi, ha detto che la tragedia non è morire, che moriamo tutti, prima o poi, la tragedia è dimenticare. 
mah.  a me sarebbe piaciuto vederlo, meroni. come sarebbe diventato. che aveva 24 anni, quand'è morto.
meroni era un'ala. io, a me il calcio piace tantissimo, cioè, il calcio, l'ho già scritto, che non c'è più. ogni tanto, in tv, appare qualche miraggio. uno come gervinho, per esempio. ogni tanto, la domenica sera, rivedo i gol della roma, e penso: sì! e mi commuovo, anche, mi viene da piangere, quando vedo quell'omino solo che scarta tre quattro avversari e la tira proprio là. ma dura sempre poco. comunque, dicevo, a me il calcio mi piace un sacco, ma non ci capisco praticamente niente. se sento che uno era un'ala, però, mi pare di capirlo, com'era. uno che vola. poi, se lo vedi, meroni, com'era, lo capisci ancora meglio, cosa dev'essere, un'ala.
 che adesso va tanto di moda il rugby, e a me piace tantissimo, per via delle regole d'onore, del fatto che finita la partita si va tutti nella sede ospitante a mangiare insieme, ma il rugby, mica è uno sport per tutti, il rugby. il calcio, invece, adesso hanno tutti delle gambe che fanno paura, ma una volta, il calcio che mi piaceva a me, uno come paolo rossi, una volta sono entrata nel palazzone di vicenza dove c'era lo studio dell'oculista, tentavo di mettermi le lenti a contatto, quelle rigide, dovevamo andare tutti là ogni pomeriggio per una settimana, ci mettevano le lenti, tutti  a piangere come vitelli, poi potevamo andare  a fare un giro, e tornavamo a farcele togliere, mia sorella, lei ce l'ha fatta, io no, io mi sono tenuta i miei occhiali, beh, un pomeriggio stavo entrando e mi è passato accanto, paolo rossi, con le sue spallucce spioventi, era poco più alto di me, col suo completo blu, sembrava un bancario qualsiasi, che  il fisico, una volta, era solo una, delle cose. poi c'erano il coraggio, l'altruismo, la fantasia...
l'altro giorno, per caso, in una classe abbiamo fatto un circle time di un'ora, per via che un bambino aveva preso un pugno da un altro. così siamo finiti a parlare delle regole, che loro giocano e poi non rispettano le regole del gioco, e allora, scusate, ma che giocate a fare? e stanno sempre a litigare, ma se non rispettate le regole, dico, che gioco è?  come nel calcio, gli ho detto, bisogna rispettare la regola del fuorigioco, altrimenti uno si mette lì vicino al portiere avversario, e aspetta che l'altro gli porti su la palla e gliela passi, e fa gol. 
il fuorigioco è una regola fondamentale del calcio. oggi pomeriggio provo, maestra, mi fa una mia alunna, che abbiamo la partita, tanto a noi mica ce l'hanno mai detta, sta regola, e poi l'arbitro non fischia mai i falli, sta sempre  a guardare gli altri...

sempre, mai

ogni giorno, o quasi, apro il blog di paolo nori e dopo aver letto le nuove cose, o quelle vecchie perché pubblica qualcosa ogni giorno per cui a volte ce n'è diverse, di robe nuove, da leggere, che per me sono nuove ma in realtà sono vecchie, guardo sempre la colonna sulla sinistra dove ci sono gli appuntamenti, per vedere se una volta viene in un posto qua vicino, e non c'è mai, son tutti posti che li ho sentiti da quando ero piccola, per via che mia nonna era emiliana, e mia madre, ma non ci sono mai stata, come quei posti delle fiabe, che li conosci benissimo, ma andarci, non ci vai mai.

sabato 22 febbraio 2014

cos'è il partito democratico?

stamattina una mia alunna di seconda, dopo che avevamo giocato a memory e avevamo fatto tanta confusione che una mia collega poi me l'ha anche detto: no, non è da laura, ho pensato, secondo me c'è un'altra, e invece ero proprio io, e io stavo per mettermi a piangere per dei versi commoventi che avevo letto sul blog di paolo nori, la mia alunna, che di solito non dice mai niente, è bravissima ma ha sempre un'aria, come dire, di sufficienza, si fa i cavoli suoi, che poi l'ho capita, anche, l'altro giorno, quando abbiamo dato le pagelle, che sua madre, quando ha visto che in ginnastica ha preso (solo) nove, ha esclamato, in dialetto, con un tono che non ammetteva repliche: ah, è sbagliato sto voto qua!
beh, questa alunna mi fa: maestra, ma tu lo sai cos'è il partito democratico? e mentre pronunciava la parola democratico faceva una faccia come se dicesse una parola strana, e io, nel risponderle brevemente cercando di spiegarle cos'è un partito, ho pensato che io, quando sento che uno si chiama democratico, mi pare che voglia dire che gli altri non lo sono, democratici, e mi dà fastidio, come quello che aveva fatto il partito degli onesti e poi a momenti lo mettevano in galera anche lui, e forse anche la mia alunna, ho pensato, che siccome evidentemente, se a 7 anni si chiede cosa sia sta roba (perché io, certe volte, guardo il telegiornale con mio nonno, mi fa) sta un pezzo avanti agli altri, magari pare strana anche a lei, sta roba qua.
avrei voluto dirle, perché vedi, c'è della gente che pensa che sono loro i veri democratici, e si danno quel nome lì, democratici, perché pensano che sia una bella cosa, e non pensano agli altri, che magari sono democratici anche loro, ma non di quel partito lì, è un po' come la società civile, che quella incivile, mettiamo anche che esista, ma non è che a uno gli piace che gli dici che è incivile solo perché magari non firma le cose o non va a fare le manifestazioni, almeno prima c'era la democrazia cristiana, che uno dice: ci sono i democratici che sono cristiani, e quelli no, e questo è senz'altro vero, e nessuno ha da ridire.
ma democratici e basta, non so, mi viene sempre anche a me, di fare quella faccia lì che aveva la mia alunna, in effetti.
ma non gliel'ho mica dette, ste robe qua.

venerdì 21 febbraio 2014

ognuno riconosce i suoi - sistema linfatico 7


stamattina, a scuola, i bambini stavano giocando al memory che ho preparato per loro sui vestiti.
durante la seconda partita, che ormai hanno capito tutti come si fa, mi sono messa a leggere una cosa che ha pubblicato paolo nori, che lo so che non lo devo fare, non tanto per il fatto che sto lavorando, che comunque c'e un sacco di gente che mentre lavora si manda i video scemi su what's app, che poi non è che una cosa se la fanno tutti allora vuol dire che si può fare, che io, a questa roba qua, non ci ho mai voluto credere, comunque, il fatto per cui non lo devo fare è che certe volte, in mezzo a quello che scrive nori, ci sono delle cose che mi fanno venire da piangere, e non si può mica, a scuola, in classe, poi, mettersi a piangere davanti al computer, i bambini si impressionano, pensano che ti è morto qualcuno, per fortuna erano tutti impegnati nel gioco, è commovente vedere come si impegnano,  intanto a me mi è venuto proprio un tremito alle labbra, alla faccia, che non ho neanche potuto finire di leggere il post, ho chiuso il mac, ho guardato fuori dalla finestra, si vedono le montagne bianche, non pensare a niente, per un attimo, solo l'azzurro del cielo e il bianco della neve, respirare.
adesso ho finito di leggere il post e sono tornata sui versi, e mi è venuto ancora, il tremito, solo un po' più breve, più leggero
Quando stanno morendo, i cavalli respirano,
Quando stanno morendo, le erbe si seccano,
Quando stanno morendo, i soli si bruciano,
Quando stanno morendo, gli uomini cantano delle canzoni
che è una poesia di Chlebnikov.
 che, poi, sono sicura che li avevo già letti, questi versi, sono sicurissima che li aveva già pubblicati, ma così, tutta questa morte, tutta questa vita che non vuole morire, che persiste, nella morte che non è ancora o è appena, non so, mi si riempie tutto di lacrime.

giovedì 20 febbraio 2014

un libro, una mamma e steve jobs

sto facendo il corso di approfondimento previsto dopo la settimana sull'iperdotazione di abano.
oggi sono arrivata un po' prima e mi sono messa a leggere il libro  di edgar morin, la testa ben fatta, un libro che non so perché non l'ho letto prima, che poi è uno di quelli che hanno tante citazioni, e poi è scritto in modo semplice e intenso, proprio come piace a me.
beh, insomma, sono lì col libro a cinque centimetri dal naso, perché ho sempre letto senza occhiali, ma adesso mi tocca proprio, toglierli, perché non ci vedo più bene, e la signora che passa con le firme mi chiede: cosa stai leggendo? io le ho risposto, eh, leggo un libro che dovrebbero leggere tutti, e le faccio vedere la copertina, e lei mi fa: bello?
al che io sono rimasta senza parole, ho bofonchiato qualcosa del tipo: è un concentrato di idee molto interessanti, e basta, che poi questa signora è una mamma di un bambino iperdotato che ad abano ci ha anche portato la sua testimonianza, era molto commossa e anche noi che ascoltavamo, ma ha detto una cosa che mi ha fatto stare male, e cioè che quando ha letto la biografia di steve jobs e ha trovato che per lui, per steve jobs, il momento più brutto della sua vita è stato quando ha scoperto di essere più intelligente di suo padre, e lei aspetta con terrore, con sofferenza, quel momento in cui suo figlio si accorgerà che è più intelligente di lei, e studia tantissimo ma vede già che non ce la fa, e io avrei voluto dirle che questa storia era molto triste, ma per steve jobs, poveraccio, se il confronto con suo padre era tutto sull'intelligenza, ma dove li metti i sentimenti, dove metti il tuo impegno, quello che stai facendo, che hai fatto, per volergli bene, per capirlo, per aiutarlo a sviluppare il suo talento, ma che razza di persona è, ma sai quanti ce ne sono, che capiscono di essere più intelligenti dei loro genitori, ma non puoi competere con tuo figlio su questo!
io se avessi un figlio molto intelligente, che forse ce l'ho anche, ma quello che vorrei capisse sopra ogni cosa, anche se non è tanto intelligente, vorrei che lo capisse, che la gente non si può misurare per quello che sa, per quanto è intelligente, per quanto soldi ha, la gente non si può misurare, un tot al chilo, manco chili di intelligenza.

martedì 18 febbraio 2014

famiglia?

al nuovo  programma di marrazzo, razza umana, ha detto che stasera parlavano di famiglia, e ha sparato un servizio sul fatto che in cina ci sono ancora le concubine, che pare che il 60 per cento dei cinesi hanno la concubina, e chi sono queste concubine, e il club delle mogli tradite.
adesso invece c'è un servizio sugli adolescenti di vari paesi e sul controllo dei genitori grazie alle nuove tecnologie.
famiglia, sì, come no.

leggere

il figlio di una mia amica, seconda media, ha preso una nota sul registro perché, ha scritto il prof 'durante la spiegazione leggeva un romanzo'.
io, ho detto alla mia amica, se mio figlio venisse a casa con una nota perché leggeva un romanzo, sarei la donna più felice del mondo.
anche se fossi il prof, veramente.
io, al liceo, noi tutti, i miei compagni e io, avevamo tutti un libro sotto il banco. monica che leggeva sgorlon. io, dostoevskij, hemingway. elena, aveva quei libri verdi dei nobel, è lei che mi ha prestato il primo libro di pearls buck. anna, virginia woolf.
li avevamo in casa, li prendevamo in biblioteca, ce li passavamo.
adesso... non so.

lunedì 17 febbraio 2014

mediocracy

stamattina di sfuggita ho sentito questa parola alla radio, è stato come una folgorazione, ho pensato, parafrasando la canzone dei beatles che ho insegnato ai miei alunni per san valentino, all you need is love, 'there's nothing you can think that isn't thought', stava in un articolo di stella, che a sua volta citava tale antonio merlo.
antonio merlo è un economista dell'università di pennsylvania, ma il conio della parola non è suo. pare infatti, da quello che lui stesso scrive in un lavoro del 2007 scritto con andrea mattozzi, dal titolo omonimo mediocracy, che se ne parli già dal 1975. in nota a pag. 1 del suddetto abstract, infatti, si legge:
According to th Webster's Third New International Dictionary of the English language, mediocracy is defined as: 'rule by the mediocre'. For a discussione on the origin of the term and its relevance for politics see, e.g., Tribe (1975).

la cosa originale di merlo-mattozzi è che hanno elaborato un modello matematico per spiegare come mai in molti paesi, e in particolare in italia, al governo ci sia la gente che c'è, che io, chiamarla la casta, non so, mi pare troppo ecco.
nell'abstract i due dichiarano: 
'Abbiamo dimostrato che un partito politico può deliberatamente decidere di assumere 
solo mediocri politici, nonostante il fatto che poteva permettersi di reclutare le persone migliori che volessero diventare politici', nella convinzione che questo loro lavoro contribuisca a 'spiegare l'osservazione che in molti paesi la classe politica è per lo più composta da persone mediocri'.

beh, io non ci capisco niente di tutte quelle variabili, ma quello che mi è parso di capire è che i partiti puntano sui mediocri intenzionalmente, metodicamente anzi, e lo fanno perché questo garantisce loro la miglior sopravvivenza possibile.
in un articolo del 2011 ho trovato un grafico che indica come nella prima legislatura della cosiddetta seconda repubblica  i laureati fossero il 90 % dei parlamentari, nella XV meno del 70. questo oltretutto mentre la media nazionale è cresciuta notevolmente.
la mediocracy è un sistema dei migliori: si autoalimenta.
in un'intervista molto meno tecnica, merlo spiega che l'unica speranza sarebbe
“che la attuale classe dirigente facesse un passo indietro o i cittadini elettori uno in avanti. Una strada potrebbe essere quella di una costituente che richiami intorno a un tavolo le forze politiche, i giuristi, gli economisti insomma il meglio del Paese per coglierne i segnali e ridisegnare le strutture della democrazia a partire dai meccanismi di selezione della classe politica. Un sistema proporzionale uninominale toglierebbe ai partiti la certezza di governare e rischiando di perdere anche per un solo voto si troverebbero incentivati a candidare le personalità migliori e non degli yesman” (intervista al Fatto quotidiano, sempre del 2011).
eh sì, come no.

























































venerdì 14 febbraio 2014

fatti e opinioni

ho scritto una mail ad antonio socci per via di un suo post sulle dimissioni del papa, che chi fosse interessato può leggere sul suo blog, che a me sta storia delle dimissioni del papa mi interessa tantissimo, ma mi pare che a parte me, il mio andrea e i miei genitori, non interessi a nessuno, quindi non sto qua a entrare nei dettagli, comunque io ho detto a socci che nell'ultima parte del suo post faceva un'ipotesi generosa, ma non convincente, per me, e lui mi ha risposto molto piccato, secondo me, che io stavo dibattendo da sola, perché lui ha scritto dei fatti, e sui fatti non ha senso essere o meno d'accordo, sono fatti, mica opinioni, e che la mia considerazione comunque era superficiale.
io,  a parte che non dibattevo, ma ci sono rimasta anche male, perché non pensavo che si incazzasse, e poi ti scrivo due righe, ma certo che sono superficiale, però almeno io non penso che quello che dico io sia la verità, che i fatti sono fatti, per carità, ma i fatti, ognuno li interpreta poi a modo suo, la storia non sono i fatti, la storia è l'interpretazione dei fatti, e non voglio dire che va bene tutto, che hanno ragione tutti, voglio dire che i fatti, in sé, non so, per esempio un fatto è che ad auschwitz c'era un bordello, e priebke ha detto che lui ha visto che ad auschwitz c'era un bordello, e quindi gli ebrei potevano pure trovare sollazzo, di che si lamentavano? ecco, un fatto, in sé può anche dire il contrario.
tu, nella scelta dei fatti, già lì la dai l'opinione.
l'altra sera, a casa di alexandra, lei mi ha detto che sono un opinion leader, una roba così, e io ridendo ho detto: ma no! non è vero! e lei mi fa: ma sì, tu hai sempre un'opinione su tutto!
ma tutti ce l'hanno, un'opinione, ho risposto.
io, sto discorso di contrapporre fatti a opinioni, sinceramente, non so, non mi pare una cosa molto onesta, ecco, mi parrebbe meglio dire: io, su questi fatti qua, la penso così.
vedete un po' voi.

giovedì 13 febbraio 2014

ieri

ieri era una giornata fantastica.
mi sono svegliata con la radiosveglia che suonava il mio pezzo preferito, il terzo movimento della terza sinfonia di brahms, ma quando ho cominciato a connettere ho detto, in dialetto: sto qua, poveraccio, non ha capito proprio niente, di johannes.
ci vuole più largo, ho pensato, più respiro, più anima. c'era una lievità, un tirar via, un sorvolare le note dall'alto, senza toccarle. superficiale.
era toscanini.
eppure, io johannes mi sento che l'ho capito.
mah.
ho alzato la tapparella, il cielo era ancora del mio colore preferito, quell'indaco intenso che si vede solo prima dell'alba e dopo il tramonto, con lucifero che aspettava il sole, neanche una nuvola. da quant'è, che non c'è un cielo così, ho pensato.
poi, quando sono andata a scuola, fuori, brillava tutto. l'asfalto, l'erba, i vetri delle case.
il grigio e la pioggia sembravano cose mai esistite, lontane come le favole dei libri.
oggi, giovedì, oggi che ho la classe problematica, oggi che dovevo finire le schede perché stasera c'era la consegna alle famiglie, oggi che ho sette ore di scuola, oggi sono uscita alle sette, e pioveva.





domenica 9 febbraio 2014

poeti

una mia amica mi scrive: ma bandini? che lei l'ha conosciuto, fernando bandini, il poeta di vicenza, l'accademico olimpico, e, mi ha scritto, 'ebbi l'immediata sensazione di trovarmi di fronte ad una persona di...spessore a dispetto del fatto che non fosse affatto un colosso. Cosa vidi? In quello sguardo e in quella fulminea stretta di mano ( tanto breve è una stretta di mano anche se prolungata) respirai malinconia, riservatezza, molta ironia, compostezza, arguzia, enigma. Pensai che mi sarebbe piaciuto creare un profumo con tutti questi ingredienti e inebriarmene ad ogni istante'.
sì, pensavo anch'io che fosse così.
lo vedevo alla stazione con la sua giacca di tweed, il cappello alla hellery queen, che aspettava il treno per tornare a vicenza, assomigliava, in meglio, e in piccolo, a walter mathau, è stato il mio professore di stilistica e metrica.
mi piacevano, le sue lezioni, era un corso sui canti di leopardi, c'era la storia del falso d'autore, il passero solitario, era venuta una, in collegio, a prepararsi con me all'esame, non aveva capito niente di sta storia del 'falso d'autore', per cui leopardi, quando ha pubblicato i Canti, ha messo il passero solitario tra i piccoli idilli, come se l'avesse scritto a recanati (quindi tra il '18 e il '20), quando invece, a parte flora e corti (maria, quella della merini), sono tutti concordi a dire che l'ha scritto molto tempo dopo, nel periodo napoletano, cioè nella piena maturità, coevo, per capirsi, alla ginestra... un falso, dunque, nel senso che la collocazione del passero solitario non rispetta la successione cronologica di composizione scelta nella pubblicazione dei Canti, ma d'autore, perché non fu dell'editore, ma del leopardi stesso.
ecco, all'esame, a questa, cose le chiede bandini? questa roba qua, e ha preso trenta. e io, la scema, a me mi ha chiesto 'a se stesso', che non ne aveva neanche parlato, a lezione, poco, la mia solita sfiga, io come al solito mi sono sentita morire, ho cominciato a bofonchiare qualcosa, e lui mi ha detto: ho capito tutto, di lei, signorina, e io ho pensato ma cosa hai capito, saprai tanto di leopardi ma di me guarda ti assicuro non sai proprio niente, e forse non sei neanche così intelligente come mi pareva, e ho pensato tante altre cose, tipo ecco che mi manda via anche questo, che l'altro giorno ho fatto un elenchetto di tutti gli esami che ho dovuto fare due volte, e sono almeno sei, cioè un terzo del totale, beh insomma, devo aver fatto una faccia, non so, lo penso adesso, perché lui subito si è come un po' corretto, dicendo che beh, aveva capito tutto di me per quello che riguardava l'esame, che poi non era vero neanche quello, comunque, ho preso il mio solito ventotto, e, con bandini, ho chiuso.

mercoledì 5 febbraio 2014

un ricordo poetico

una volta ho mandato a un concorso di poesia una delle poesie che avevo scritto, ne avevo parlato con la mia prof di italiano, si intitolava 'fine di un amore', mi hanno segnalato, e sono andata alla premiazione con mio padre, chissà che si credeva, poveraccio, la poesia era brevissima, quando è finita mi fa, più deluso che sorpreso: tutta qua?
eh, bisogna scrivere delle poesie lunghe, per i concorsi, me l'ha detto anche silvio ramat, il poeta, che a me come poeta mi piace anche, silvio, anche come professore, mi piaceva, una volta che sono andata al ricevimento mi ha raccontato che gli dovevano dare un premio e allora ha scritto una poesia per l'occasione, non pensavo neanche che esistessero ancora, le poesie d'occasione, e mi è venuta anche bella lunga, mi ha detto con soddisfazione.
tutti volevano laurearsi con lui, e allora dovevi prendere 30, e io avevo preso 28, e quando sono andata a chiedergli se mi potevo laureare con lui, non era tanto convinto, e poi io gli ho detto ok, e quando l'ho salutato ho detto 'va bene', e lui mi fa, col suo accento fiorentino: ecco brava, dica va bene, che se mi dice ok, non prenderà mai più di 28 ai miei esami, comunque bisognava fare la prova scritta, che non era come adesso che fanno le prove per vedere se sai l'italiano, l'ortografia, diciamo, era una prova di analisi del testo, c'era una ragazza, poveraccia, aveva già finito gli esami, era di pordenone, francesca, mi pare che si chiamasse, non era una mia amica, io ero amica della sua amica sonia, che quella sì che era una grande, beh, l'aveva fatta tre volte, sta prova, non gli andava mai bene, a silvio, io sono andata lì col mio ventotto in tasca che partivo perdente, mi capita una poesia che io, che avevo appena fatto l'esame di storia della letteratura moderna e contemporanea, non l'avevo neanche sentito nominare, agostino richelmy, si chiamava, ma era appena morto, la poesia si intitolava 'perché mi scerpi?' e il tema era classicità e modernità nella seguente poesia di agostino richelmy. io ho fatto il mio tema e poi sono andata là e lui mi ha detto che si era divertito alle mie osservazioni, e che andava bene, se avevo qualche idea per la tesi, e io gli ho detto di alda merini, e lui mi ha detto: beh, veda un po' quello che riesce a trovare.
e il resto l'ho già scritto.

lunedì 3 febbraio 2014

il peccato più grande

il peccato più grande, ha detto l'altro giorno il papa, è aver perso il senso del peccato.
che ogni tanto mi sembra di essere l'unica, a pensare certe cose.
come quando sono andata a quella riunione dove il prete diceva che dobbiamo essere felici adesso, che la vita eterna, se c'è poi, ci penseremo allora. che io non ho resistito a star zitta e gli ho detto che il male esiste, lo vediamo tutti i giorni, che satana esiste, e il silenzio si è fatto imbarazzato, e pesante, e gli ho detto anche che non me lo sono mica inventata io, ce l'ha detto gesù, che satana è il principe di questo mondo, mica solo quei fantomatici preti che secondo quel prete e tutti gli altri che c'erano alla riunione non fanno altro che terrorizzare la gente con lo spauracchio dell'inferno, che io sti preti non li ho mai incontrati, una volta ho trovato un frate, che era appena morto un ragazzo di meningite fulminante e aveva 16 anni e anch'io, e al sabato l'avevo visto a scuola e lunedì era morto, e io gli ho chiesto, al frate, ma perché dio fa questo, e lui mi ha detto che non era mica stato dio, era stata la malattia, il batterio, come se un batterio del cazzo fosse più potente di dio, ho pensato: ma che dio è, sto dio qua? che per un pezzo non ci credevo più, io, a questo dio del frate.
l'altro giorno parlavo con un'amica di vecchia data, e anche lei a farmi la predica che non bisogna parlare ai bambini di peccato, bisogna parlare di amore, di perdono, che sono d'accordissimo, ma se non gli spieghi cos'è il peccato, penso io, ma di che cosa parli? che gesù coi bambini ci parlava, ci giocava, che la catechesi bisogna farla agli adulti, mica ai bambini, e io ho subito ho pensato che ci dovevo pensare, che magari ha ragione lei, magari ha ragione sempre quel prete di cui sopra, che lui è per il battesimo agli adulti, che i bambini non capiscono niente, che non c'è mai un momento che uno sceglie proprio di essere cristiano, e invece uno deve scegliere...
e ci ho pensato, tanto, e mi è venuto in mente che siamo alla solita favola dei bambini buoni che diventano cattivi da grandi, che tutti vogliono cancellare il senso di colpa, io sono anche d'accordo, figuriamoci se non sono d'accordo, che non bisogna sottostare al senso di colpa, è una delle mie leggi fondamentali, ma non significa mica che la colpa non esiste, significa, per me, cercare di evitare di fare quello che non devi, che se no poi ti viene il senso di colpa, e allora ti comporti come non vorresti e non dovresti solo perché ti senti in colpa, mai agire sulla base del senso di colpa, ma la colpa esiste, eccome se esiste, e cancellare il senso di colpa pensando di cancellare la colpa stessa è demenziale. per me, almeno, anche se certe volte mi pare che sono io, demenziale.
per fortuna che c'è il papa, che a me non mi telefona di sicuro ma se mi telefonasse gli direi caro papa, perché non ti fai chiamare papa e basta, come il papà, che non si fa chiamare per nome, perché ce n'è uno solo, di papà, invece di francesco, che di francesco, con rispetto sempre parlando, ce n'è tanti, e soprattutto fino a qualche tempo fa ce n'era uno, che quando io sentivo dire 'francesco', pensavo subito al più piccolo, il più grande, al poverello d'assisi che non si era neanche voluto fare prete, per essere più povero, invece l'altro giorno in libreria ho visto che c'era una lettera che non so se fosse l'enciclica, che comunque è una lettera anche quella, che sotto c'era scritto 'francesco', e basta. comunque gli direi anche grazie, al papa, perché quella frase che ha detto, che il peccato più grande del nostro tempo è aver perso il senso del peccato, ha ragione, anche se direi che il peccato più grande è voler cancellare il senso del peccato, più che averlo perso, che di solito le cose si perdono per sbaglio, invece qua la gente, ma la gente cattolica, dico, non ne vuol proprio parlare, del peccato, e insistono su sta storia della paura, ma la paura mica è un vizio capitale, la paura, la paura è un sentimento primordiale di difesa, una volta avevo una supplenza che dovevo fare la maestra di sostegno a un bambino con un deficit gravissimo, aveva cinque anni e non aveva il senso del pericolo, e allora si buttava giù per le scale anche se non sapeva stare bene in piedi, e rischiava la pelle ogni volta. la paura, non sapeva manco cosa fosse, lui, la paura.
la paura, anche quella, ma perché cavolo vi fa così paura, la paura, invece devi capire cosa ti dice, la paura, devi guardarla in faccia e capire cosa ti dice, la paura.
che a me, quella storia della paura che è solo per le cose che non si conoscono, a me, quella storia lì, non mi ha mai convinto del tutto.