sabato 18 settembre 2021

Ciao, papi


 
era un pezzo, che ci pensavo.
ogni volta che lo incrociavo per strada, con la sua spider, pensavo: magari è l'ultima volta che lo vedo. ogni volta che andavo a casa dei miei, che ci incontravamo, cercavo di salutarlo sempre con un bacio, un abbraccio.
lo dicevo a mio figlio: approfitta, delle ripetizioni del nonno, vai dal nonno, che mica c'è per sempre eh. tanti tuoi compagni non ce l'hanno, questa fortuna qua.
perché mio padre, quando spiegava, sembrava che avesse una lavagna scritta davanti agli occhi. aveva le cose così chiare, in testa, una cosa che io gli invidio tantissimo. gli invidiavo, anzi.
la matematica, la fisica, la chimica. i verbi irregolari greci che io non riuscivo a mettermi in testa, e lui invece li ricordava benissimo dopo vent'anni.
mio padre aveva questo, che lo rendeva unico e speciale: sapeva il valore delle cose. quelle che importano davvero.
che spesso sono quelle ritenute inutili.
la foto di mia madre che teneva nel portafoglio. la panna montata. i papillon che si faceva fare da mia nonna. i quadri e le sculture dei suoi amici artisti, come franco meneguzzo e lorenzo lovo. il suo selmer tenore.
mio padre mi ha insegnato che il doppio di zero è sempre zero.
che il padreterno ci vuole bene.
che i soldi si trovano sempre, in qualche modo. sono altre le cose di cui preoccuparsi.
che le amicizie vanno coltivate.
che chi vuole vada, chi non vuole telefoni.
mio padre amava la montagna. le sfide. le feste.
faceva discorsi memorabili.
mio padre mi risolveva i problemi.

ciao, papi. non lo so come farò, adesso.
ma sono sicura che, in qualche modo, tu ci sarai sempre, come ci sei sempre stato.


 

giovedì 12 agosto 2021

memento mori

 

stasera sono uscita tardi a portare fuori la plastica. in piazza non c'era più nessuno, la pizzeria era chiusa. c'era però un leggero vento tiepido, ho chiuso gli occhi, ho aperto le braccia al vento, e sono stata lì un po' a pensare a quanto meravigliosa sia, la vita, e di quanto fossi grata di poter essere lì, per qualche secondo, da sola, a godere di questa cosa meravigliosa, solo io, tutti dentro le loro case, magari col loro condizionatore, e quel vento era tutto per me.
domenica a messa il prete ha posto una domanda da lui definita provocatoria: ma chi è oggigiorno che pensa alla vita eterna, alla mattina si alza e pensa alla vita eterna???
e io ho guardato di sbieco i miei figli, e ho intravisto un piccolo mezzo sorriso che forse vedevo solo io, e ho sentito che rispondevano, nella loro testa, al prete: mia madre ha una notifica, alle 8 ogni mattina, una nota di keep che dice 'ricordati che devi morire'.
sì perché io me lo sono segnata, che devo morire.
e l'altra mattina, stavo nel lettino del pronto soccorso, ormai era sicuro che qualcosa di sballato, il mio cuore, ce l'aveva (era l'infarto, ma ancora non lo sapevo per certo), ero lì dalle undici della notte prima, elicotteri che vanno e vengono, voci concitate, telefonate, parenti, barelle, le infermiere/oss che si mettono sul lettino per 5 minuti di settimana enigmistica, la normale routine di un pronto soccorso di un grande ospedale,  immagino, io stavo lì per vedere come andava, un prelievo ogni 3 ore, dormire e continuare a svegliarsi per gli aghi o un nuovo prelievo, o il tampone, o l'ecocardio alle 6 di mattina, era l'alba, insomma ero in uno stato abbastanza confusionale, i muri del ps sono giallini, i corridoi azzurri, quelle luci che vedi nei film sopra la faccia quando portano uno in barella sono proprio così, accecanti, e quella notifica, alle 8, non avevo idea che fossero le otto, non c'erano finestre, comunque sembra strano ma a me quella notifica mi ha confortato, sapere che, anche oggi, anche l'altra mattina, sì, devo ricordarmi che devo morire, ma non sono morta neanche oggi,  perché mi sento bene e sono in un pronto soccorso, e l'elettrocardiogramma è a posto, io sono a posto, ho sonno, gli aghi nei polsi non mi fanno dormire, ma va bene, magari potevo morire, sempre meglio ricordarselo.
le cose hanno tutta un'altra prospettiva, se ti ricordi che devi morire, e sai che ancora non sei morta.



sabato 7 agosto 2021

ognuno riconosce i suoi 42 - sii dolce con me

 lunedì 2 agosto stavo tornando da trento col professore, abbiamo fatto la  valsugana, il brenta era pieno d'acqua, e così il cielo.
alla radio c'era la breve rubrica religiosa 'ascolta, si fa sera', dura 3 minuti. c'era un francescano, non mi ricordo di che ordine, e mi aspettavo due parole sul perdono di assisi, l'indulgenza plenaria che è possibile lucrare il 2 di agosto.
invece il frate legge l'inizio di questa meravigliosa poesia di mariangela gualtieri

 



Sii dolce con me. Sii gentile.
E’ breve il tempo che resta. Poi
saremo scie luminosissime.
E quanta nostalgia avremo
dell’umano. Come ora ne
abbiamo dell’infinità.
Ma non avremo le mani. Non potremo
fare carezze con le mani.
E nemmeno guance da sfiorare
leggere.

Una nostalgia d’imperfetto
ci gonfierà i fotoni lucenti.
Sii dolce con me.
Maneggiami con cura.
Abbi la cautela dei cristalli
con me e anche con te.
Quello che siamo
è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei
e affettivo e fragile. La vita ha bisogno
di un corpo per essere e tu sii dolce
con ogni corpo. Tocca leggermente
leggermente poggia il tuo piede
e abbi cura
di ogni meccanismo di volo
di ogni guizzo e volteggio
e maturazione e radice
e scorrere d’acqua e scatto
e becchettio e schiudersi o
svanire di foglie
fino al fenomeno
della fioritura,
fino al pezzo di carne sulla tavola
che è corpo mangiabile
per il mio ardore d’essere qui.
Ringraziamo. Ogni tanto.
Sia placido questo nostro esserci –
questo essere corpi scelti
per l’incastro dei compagni
d’amore. nei libri.

da tempo sostengo che mariangela gualtieri sia il più grande poeta italiano vivente, anche se non ha molto senso fare queste graduatorie. resta comunque che è una voce potente, molto.
io ce l'ho con quei preti che dicono che bisogna essere felici, che dio ci vuole felici. ma come fate, vorrei dirgli, a essere felici, voi, preti, ma non lo vedete il male, la sofferenza, ma non li vedete quei cristi in croce. gesù non ci ha detto siate felici, ha detto beati quelli che piangono, che soffrono, che lottano per la giustizia... bisogna essere buoni, bisogna.
io continuo a dirlo, ai miei figli, che bisogna essere buoni.
per cui grazie, voce di uomo di dio alla radio. non lo so se riuscirai a fondare il partito della gentilezza, come hai detto, ma sarebbe davvero una rivoluzione. non so se tu lo farai, io comunque ci provo, e spero che saremo almeno in due.

ognuno riconosce i suoi 41 - ognuno


 

 agli amici

(...)
Dico per voi, compagni d’un cammino
folto, non privo di fatica,
 e per voi pure, che avete perduto
l’anima, l’animo, la voglia di vita:
o nessuno, o qualcuno, o forse un solo, o tu
che mi leggi, ricorda il tempo
prima che si indurisse la cera,
quando ognuno era come un sigillo.
di noi ciascuno reca l'impronta
dell'amico, incontrato per via:
in ognuno la traccia di ognuno.
Per il bene e per il male,
in saggezza o in follia,
ognuno stampato da ognuno.


Agli amici è una lirica del 1985 inclusa nella raccolta Ad ora incerta di Primo Levi. Il testo è ora raccolto nel secondo volume delle Opere, Romanzi e poesie, pubblicate da Einaudi, Torino, 1988.

sabato 17 luglio 2021

ma l'america che cos'è



ma l'america, che cos'è? gli stati uniti, intendo.
l'america è quel posto dove la gente scrive dei racconti, delle poesie, perfino, le manda alle riviste e gli arriva a casa un assegno.
e c'è gente, mica uno eh, mica solo nell'ottocento, c'è gente che vive con sti assegni qua.

venerdì 16 luglio 2021

OGNUNO RICONOSCE I SUOI 40 - L'uomo che amava i libri

 



«Un tempo…» Montag esita, poi riprende: «Un tempo devi averli amati molto, i libri».

«Touché!» risponde il capo dei pompieri. «Sotto la cintura. Al mento. Dentro il cuore. Da strappare le budella. Oh guardami, Montag. L’uomo che amava i libri, no, il ragazzo che era innamorato perso di loro, folle di loro, che per loro si arrampicava sugli scaffali come uno scimpanzé impazzito.
Li ho mangiati come un’insalata, i libri erano il mio sandwich per pranzo, il mio pasto leggero, la mia cena e il mio spuntino di mezzanotte. Ho strappato le pagine, le ho mangiate col sale, affogate nella salsa, rosicchiato le rilegature, ho sfogliato i capitoli con la lingua! Libri a dozzine, a ventine, a milioni! Ne ho portati a casa così tanti che sono stato gobbo per anni. Filosofia, storia dell’arte, politica, scienze sociali, poesia, saggi, la grande commedia: scegline uno, io li ho mangiati tutti. E poi… e poi…»
La voce del capo dei pompieri si affievolisce.

Montag lo incalza: «E poi?». «Beh, e poi arriva la vita.»
 
Il capo dei pompieri chiude gli occhi e ricorda. «La vita. La solita vita, l’amore che non scalda davvero, il sogno che si guasta, il sesso che va a pezzi, la morte che raggiunge troppo presto gli amici che non la meritano, l’omicidio di questo o quell’altro, la follia di una persona cara, la lenta morte di una madre, l’improvviso suicidio di un padre – un precipitoso caricare di elefanti, un assalto di malattie.
E da nessuna parte – da nessuna parte – il libro giusto per il momento giusto, qualcosa da infilare nel muro fatiscente della diga che sta per crollare, per trattenere il diluvio, per offrire o cogliere una metafora, perdere o trovare una similitudine. E al confine estremo dei trenta, all’orlo dei trentuno, mi sono raccolto, tutte le ossa rotte, ogni centimetro della mia carne abrasa, ammaccata, sfregiata. Mi sono guardato allo specchio e ho visto un vecchio perso dietro la faccia spaventata di un giovane, ho visto odio per tutto e per tutti – scegli tu – e ho aperto le pagine dei libri della mia bella biblioteca e cos’ho trovato? Cosa? Che cosa!?»
Montag prova a supporre: «Le pagine erano vuote?». «Esatto! Vuote! Oh, c’erano le parole, certo, ma mi scorrevano sugli occhi come olio bollente – non significavano nulla. Non erano d’aiuto, di nessun conforto, nessuna pace, nessun rifugio, nessun vero amore, nessun letto, nessuna luce.»

 

Fahrenheit 451, citato da dallo stesso Bradbury in
Bradbury, Ray. Lo Zen nell'arte di scrivere

 



giovedì 15 luglio 2021

OGNUNO RICONOSCE I SUOI 39 - Scrivere per bambini

 

Isaac Bashevis Singer, premio Nobel 1978

 

Signore e signori: ci sono cinquecento ragioni per cui ho iniziato a scrivere per bambini, ma per risparmiare tempo ne cito solo dieci.

1. I bambini leggono libri e non recensioni. Non gliene frega niente delle critiche.

2. I bambini non leggono per cercare la loro identità.

3. Non leggono per sbarazzarsi della colpa, per placare la loro sete di ribellione o per sbarazzarsi dell'alienazione.

4. Non vedono alcuna utilità in psicologia.

5. Odiano la sociologia.

6. Non cercano di capire Kafka o Finnegans Wake.

7. Credono ancora in Dio, famiglia, angeli, demoni, streghe, gnomi, logica, chiarezza, punteggiatura e altre cose obsolete.

8. Amano le storie interessanti, non i commenti, le guide o le note a piè di pagina.

9. Quando un libro è noioso, sbadigliano senza vergogna, senza alcuna vergogna o paura dell'autorità.

10. Non si aspettano che il loro amato scrittore riscatti l'umanità. Giovani come sono, sanno che questo non è sotto il suo potere. Solo gli adulti hanno tali delusioni infantili.

 

Discorso per il Premio Nobel, 10 dicembre 1978

domenica 25 aprile 2021

ognuno riconosce i suoi 38 - vittorie

 


Io, insomma, come milioni e milioni di personaggi come me migliori di me e peggiori di me, mi trovai invischiato in questa guerra in qualità di italiano alleato dei tedeschi, all'inizio, e in qualità di italiano prigioniero dei tedeschi alla fine. Gli anglo-americani nel 1943 mi bombardarono la casa, e nel 1945 mi vennero a liberare dalla prigionia e mi regalarono del latte condensato e della minestra in scatola. Per quello che mi riguarda, la storia è tutta qui. Una banalissima storia nella quale io ho avuto il peso di un guscio di nocciola nell'oceano in tempesta, e dalla quale io esco senza nastrini e senza medaglie, ma vittorioso perché, nonostante tutto e tutti, io sono riuscito a passare attraverso questo cataclisma senza odiare nessuno. Anzi,sono riuscito a ritrovare un prezioso amico: me stesso...


Giovannino Guareschi, Diario clandestino, istruzioni per l'uso

 



italiacano 21 - Abilismo

 


ieri ho scoperto una parola nuova: abilismo.
pare, dal giretto veloce che ho fatto in rete, che sono tra i pochi a non averla mai sentita.
ma da dove salta fuori sta parola inusitata, mi chiedo?
in pratica, è una parola formata come 'razzismo', solo che sulla parola 'abile'. sarebbe l'atteggiamento di chi discrimina le persone sulla base delle loro abilità. chi discrimina i disabili. certo, dopo che hai capito cosa significa, non ci vuole mica tanto a capire da dove l'hanno tirata fuori.
ma a me, non so perché, non mi piace, non mi sembra idonea. perché?
mi vengono in mente tante parole simili, come salutista, come illusionista, genetista, autista, parole che non hanno niente di negativo...
certo, c'è razzista, ma in razzista, è il concetto di 'razza' ad essere di per sé negativo. idem con 'negazionista'. 'abile', invece, non ha niente di negativo. ieri avevo provato a discuterne con professore, senza riuscirci. siccome la treccani riporta la parola, il problema non esiste. come se mettere in discussione una parola significasse mettere in discussione il concetto stesso di discriminazione che vuole nominare.
in realtà, ho letto proprio sulla treccani, perché il motore di ricerca ce l'ho anch'io, uguale a quello del prof, che questa parola l'ha riportata per la prima volta il corriere della sera un paio di anni fa.
ma che parola è? e che bisogno c'era di una nuova etichetta incomprensibile? e la discriminazione ponderale (sei discriminato a causa del tuo peso), a me tanto cara, ormai l'unica che non abbia lo stigma sociale, rientra nell'abilismo?
e dare del deficiente, cretino, idiota a chi, secondo te, non usa nel modo corretto il cervello, cosa che, sui social, fanno un po' tutti, in genere con persone che la pensano in modo diverso da te, non rientra nell'abilismo????
ma possibile che, come sempre, sono l'unica che si fa ste domande?
mah!




lunedì 15 marzo 2021

 

 

ieri su fb c'era un post sulle audiocassette, che ho pensato: ecco, il solito post nostalgico sulle cassette. che ogni tanto, su fb, salta fuori la foto della bic o della matita e della cassetta, che solo hai una certa età sai cosa c'entrano l'una con l'altra, perché il nastro magnetico delle audio cassette spesso rimaneva incastrato nel registratore, e peri riavvolgerlo dovevi incastrare la punta di una penna bic o una matita nella rotella dentata della cassetta e giravi la penna finché il rotolino del nastro era a posto. Se ti andava bene e il nastro non si era rotto.
Invece il post c'era perché è morto l'inventore delle cassette, lou ottens. che cosa incredibile. una cosa che i miei figli manco sanno cosa sia, e quello che l'ha inventata era ancora vivo. aveva 94 anni. una decina d'anni più di mio padre. la sua invenzione non gli è sopravvissuta. è un po' come quando ti muore un figlio. non è naturale.
per me, che mi ritengo, e in realtà lo sono, una donna dell'altro secolo, anzi dell'altro millennio, è una cosa difficile da concepire. questo tempo che va così veloce che vorrei non esserci.
la velocità brucia tutto, la velocità è superficialità, e poi io odio che le cose finiscano.
sul web ho letto anche che le cassette sono tornate, ma non credo durerà tanto.
comunque.
io le cassette le adoravo.
la cassetta era democratica. il vinile costava. la cassetta era l'alternativa povera, e poi vuoi mettere la durata? cassette, ce n'erano perfino da 120 (minuti). ma non solo: nessuno poteva registrarsi un vinile. la cassetta, invece, la potevi REGISTRARE. che cosa incredibile. tutti i mangiacassette, tanti almeno, potevano registrare. e non solo dalla radio, o da un'altra cassetta, se avevi il doppio nastro (e io ce l'avevo).
e poi: ti potevi registrare anche tu. questa era una figata. quante cassette che ho fatto per il mio moroso quando era militare. i regali di natale alle mie amiche coi dischi di parenti e amici che non avrei mai potuto comprare, con le copertine fatte a mano e le liste dei brani che non mi venivano mai bene perché ho sempre scritto troppo grande. le compilation da gita, da ascoltare col walkman. e poi le cassette che mandavo al mio amico paolo quando stava a betlemme. in mezzo ci mettevo le canzoni che registravo dalla radio, lo facevamo in tanti, con la complicità dei dj delle radio private, tu facevi una richiesta aggiungendo: per favore, non parlarci sopra, che devo registrare. oppure accendevi un altro registratore, o il giradischi. chissefrega della qualità, la qualità stava a zero, il contenuto era tutto.
quindi... ciao, lou, e grazie

Lou Ottens




sabato 16 gennaio 2021

think pink 16 - una ragazza

oggi sono andata a prendere il giornale. mentre uscivo, è entrata una coppia padre-figlia, la giornalaia aveva già il giornale in mano, un cliente fisso.
la ragazzina aveva in mano un libro, e continuava a leggere mentre il padre prendeva il giornale. ha continuato a leggere mentre uscivano, e camminava leggendo. il padre le ha messo la mano sulla spalla, e se ne sono andati a piedi.
ho pensato che finché c'è una bambina che legge camminando, beh, c'è ancora speranza.
leggeva stephen king, un volume di una serie per ragazzi. ma non si può avere tutto, del resto.



domenica 10 gennaio 2021

ma l'amore che cos'è 11 - un abisso

 

Al telefono, quando non c'erano i cellulari.

Lui: C'è un abisso tra di noi.

Lei: Lo so.

parlavamo del più e del meno, di niente, in realtà. stavamo insieme da... boh, una settimana che per me era una vita. forse è in quel momento che ho capito che lo amavo. per lui era una delle tante frasi ad effetto. non si è neanche accorto quanto fosse vera. ma l'aveva detta. senza capire, aveva capito. c'era un abisso tra di noi. un abisso di cultura, status sociale, sensibilità, esperienze di vita, interessi. 

Lei: dobbiamo stare attenti a non caderci dentro.

dopo una settimana, poco più, lui si è stufato. mi ha detto così.
ma io avevo quell'abisso incollato addosso.

Per la Befana mi sono regalata Tutte le poesia di Wisława Szymborska.
tra parentesi, è ovvio il motivo per cui i polacchi sanno tante lingue: dopo che hai imparato questa, il resto è una passeggiata.
e aprendolo a caso, come mi piace fare coi libri di poesia, ho trovato questi versi:

...

Già, anche noi sappiamo dividerci in due.
Ma solo in corpo e sussurro interrotto.
In corpo e poesia.

Da un lato la gola, il riso dall'altro,
un riso leggero, di già soffocato.

Qui il cuore pesante, là non omnis moriar,
tre piccole parole, soltanto, tre piume d'un volo.

L'abisso non ci divide.
L'abisso circonda.

 

Wisława Szymborska, La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009), Adelphi 2009, p. 319

 

 



mercoledì 6 gennaio 2021

ognuno riconosce i suoi 37 - le quattro del mattino

Sono le 4 del mattino - Bigodino

LE QUATTRO DEL MATTINO

Ora dalla notte al giorno.
Ora da un fianco all'altro.
Ora per i trentenni.

Ora rassettata per il canto dei galli.
Ora in cui la terra ci rinnega.
Ora in cui il vento soffia dalle stelle spente.
Ora del chissà-se-resterà-qualcosa-di-noi.

Ora vuota.
Sorda, vana.
Fondo di ogni altra ora.

Nessuno sta bene alle quattro del mattino.
Se le formiche stanno bene alle quattro del mattino
- le nostre congratulazioni. E che arrivino le cinque,
se dobbiamo vivere ancora.

 

Wisława Szymborska, La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009), Adelphi 2009, p. 91

Wisława Szymborska./ Página web de la autora.


sta poesia, che ho trovato aprendo a caso il libro che mi ha portato la befana, che poi sarei sempre io, ho scoperto che è citata sul web una miriade di volte. come del resto le quattro di mattina.
Pare che le quattro di mattina siano un'ora molto gettonata, per svegliarsi. e non solo. per finire cose importanti come il discorso alla nazione, per ammazzarsi, e molti altri eventi.
comunque io mi sveglio un sacco di volte alle quattro.
ho letto da qualche parte che, per la medicina cinese, a seconda dell'ora in cui ti svegli si capisce che disturbo hai. quattro del mattino, il problema sono i polmoni. emotivamente, i polmoni sono. collegati a tristezza, depressione, preoccupazioni.
evidentemente, siamo in tanti che hanno pensieri e ci svegliamo alle 4 di mattina.


sabato 2 gennaio 2021

ognuno riconosce i suoi 36 - vivere

 



Vivere è stare svegli
e concedersi agli altri,
dare di sé sempre il meglio,
e non essere scaltri.
Vivere è amare la vita
con i suoi funerali e i suoi balli,
trovare favole e miti
nelle vicende più squallide.
Vivere è attendere il sole
nei giorni di nera tempesta,
schivare le gonfie parole,
vestite con frange di festa.
Vivere è scegliere le umili
melodie senza strepiti e spari,
scendere verso l'autunno
e non stancarsi d'amare.

[Angelo Maria Ripellino, Poesie. 1952-1978, Torino, Einaudi 1990, p. 21]


Infinito presente 4 - uccidere

In questi giorni di vacanza ho visto parecchi film, la maggior parte dei quali fanno parte della categoria: filmetti romantici di Natale, aborrita da mio marito e dai miei figli. Io invece adoro queste storielle scontate piene di neve, orrendi maglioni con le renne, festoni, biscotti allo zenzero, borse stracolme di regali, babbi natale, elfi e aiutanti vari, la ricerca del perfetto albero di Natale da trascinare a casa, i party aziendali, l'ennesima versione di have yourself a merry little christmas, le cioccolate con i marshmellows che si sciolgono dentro, tutte storie di amori contrastati che inevitabilmente finiscono come tutti sappiamo e vogliamo, con attori e attrici mediamente belli e famosi, più o meno sempre gli stessi, fotografia e battute impeccabili, lo standard dei film americani che rende le serie tv italiane, ma non solo, dei prodotti di serie C.
ma, come ho detto, agli uomini di famiglia questi film non piacciono, per cui tocca alternarli a cose tipo fast and furious, mission impossible, terminator, joker, batman e supereroi vari.
l'altra sera cercando qualcosa che potesse andare bene un po' a tutti abbiamo guardato un film italiano, la ragazza della nebbia, scritto e diretto da Donato Carrisi.
Non sto qua a scrivere la trama, e non spoilero niente, ma questo film (e penso pure il libro da cui e tratto, dello stesso Carrisi) è quello che io chiamo un film disonesto.
troppe cose non risolte, troppe forzature. se mi vuoi angosciare, lo devi fare senza questi trucchetti del mestiere, oltretutto usati pure male. così è troppo comodo.
perché qui si tratta di ammazzare qualcuno per soldi.
e mentre nei filmetti onesti che guardo io, lo sterotipo è la regola, qua si vorrebbe fare della psicologia a buon mercato. non solo lanciare un j'accuse al furore mediatico che assoggetta anche le forze dell'ordine, ma indagare anche le motivazioni del male, scandagliare l'orrore, fare un giro all'inferno e tornare.
se vuoi farlo, devi essere un po' più bravo di così, caro carrisi.
perché come ho letto stamattina nel libro che sto leggendo, Cervello senza limiti, che si occupa di sostanze nootrope, ovvero che agiscono sul sistema nervoso migliorando le capacità cognitive, come concentrazione e memoria,
«L’antropologia dimostra che non siamo naturalmente propensi alla guerra», (...) «È molto difficile superare il confine e uccidere un altro essere umano. Il punto è trasformare una persona civile in un assassino senza riportare un impatto psicologico troppo forte.»
Rossi Mason, Johann. Cervello senza limiti (Italian Edition) (p.51). Codice Edizioni. 

uccidere un altro essere umano è molto difficile. soprattutto, come un po' per tutte le cose, la prima volta.
e puoi pianificare come vuoi, ma non sarai più lo stesso.
e non sto neanche a perdere tempo sull'assurdità di un serial killer che smette di colpo di ammazzare e cambia vita, perché questo è davvero troppo. se non sapevi come risolvere la storia, lasciala aperta.
a me non piace, ma almeno non ti rendi ridicolo.
visto che sono in argomento, anche l'ultimo film di checco zalone è disonesto.
ma non vale neanche la pena di parlarne. chissà perché è così difficile far ridere.