venerdì 30 marzo 2012

lo scaffale della mamma snaturata 3 -Un ponte sull'eternità

ho letto il gabbiano jonathan livingston aspettando l'aereo che mi avrebbe portato per la prima volta in inghilterra. avevo 12 anni, ero una cicciona timida e goffa che non piaceva a nessuno. ma quando mai sono piaciuta a qualcuno. io per prima, intendo. comunque non è che mi abbia detto tanto di nuovo, jonathan. e poi, da quello che mi ricordo, sono un sacco di foto.
certo l'ho avuta anch'io la mia fase di entusiasmo 'peace and love', new age e se vuoi puoi, tra i quattordici e i quindici anni. ma la vera fase di invasamento per richard bach l'ho avuta dopo i vent'anni, quando ho letto un ponte sull'eternità
quello che mi interessava, che mi appassionava, anzi, era l'idea di rapporto di coppia che lui descriveva. ricordo con una chiarezza direi fotografica, se si potesse dire di un libro, la parte in cui lui descrive loro due a letto ognuno con la sua pila di libri sul comodino, a leggere, insieme, cose che non avevano niente di comune... loro due chiusi nella roulotte nel deserto per un anno, lui che le regala una cosa mai vista, una specie di piccola televisione che quando la accendi ti sorride e ti dice 'hello!' ma era il mio mac classic! pensare ognuno dell'altro che 'stai facendo del tuo meglio'. il cracker di lui che scricchiola sotto il peso del formaggio che ci aveva messo sopra, la maschera della creatura pelosa del film che non sono mai riuscita a capire quale fosse, lei che gli spiega la musica di bach... 
era la foto del mio rapporto ideale. non ce l'ho più quel libro, è rimasto nella libreria dell'uomo che volevo sposare... una vita, anzi due, fa.
tutto questo mi è passato per la mente mentre tornavo alla macchina leggendo il risvolto di copertina del libretto che avevo preso in prestito in biblioteca: La scuola fa male, un libro che mi ha incuriosito subito perchè io sono una maestra per caso e l'antididattica è sempre stata un mio chiodo fisso. Non avevo assolutamente idea che l'autore fosse James Marcus Bach, figlio di Richard. e siccome da una frase in cui James parla di suo padre Richard mi è sembrato di capire che fosse morto, ho fatto una piccola ricerca (mi pareva strano, vuoi che non avessi letto da qualche parte che era morto il papà di Jonathan??) e ho scoperto che l'autore è figlio, con altri 5, della prima moglie di Richard, che lui ha abbandonato senza tanti scrupoli (notare che è stata lei che gli ha battuto a macchina Il Gabbiano Jonathan) e che richard  e leslie parrish, la sua anima gemella del Ponte sull'eternità,  hanno divorziato nel '99, visto che lui si è messo con una giovane fotomodella di cui purtroppo non sono riuscita a trovare neanche una foto... 
bah,  era meglio se era morto.

martedì 13 marzo 2012

emotivi anonimi

prima dell'incontro con i genitori di un bambino problematico esprimo alle colleghe la mia agitazione. 'Tu?' mi fa la collega di religione 'ma se sei la sicurezza in persona!'. La sicurezza in persona. non so se ridere o piangere. solo perchè sto dalla mia parte. io, coi miei mille dubbi, le mie mille insicurezze, gli scrupoli, le angosce.
quando ho sentito che hanno fatto sto film, 'emotivi anonimi', sui gruppi di autoaiuto per iperemotivi, nati sulla falsariga di quelli per alcolisti, ho pensato a quanta fatica, quanta sofferenza mi sarei potuta risparmiare, se ne avessi potuto frequentare uno. ne ho parlato anche con mauro. 'ma dai, questi sono casi patologici'. ma che ne sai tu? che ne sai???? che ne sai del sudore che ti cresce dentro come l'espresso nella moka, e puzza nonostante la doccia appena fatta e l'antiodorante e il profumo, del rossore che ti gonfia la faccia, e ti fa strizzare gli occhi, e gli occhi di tutti addosso.
certo, non sono mai svenuta, io, ma ogni volta che ad un esame dovevo rispondere all'appello era tale la tensione che poi avrei potuto andare a casa. e infatti, spesso ci tornavo, senza voto. gli esami orali per me erano tutti specchi su cui io non ero minimamente in grado di arrampicarmi. il vuoto mentale, la secchezza delle fauci, nella testa un unico pensiero: ma quand'è che finisce? sperare che finisse, che una volta tanto mi facessero una domanda di cui sapevo bene la risposta, e ce n'erano.
mi ha salvato, si fa per dire, la mia ironia, fin quando non si è calcificata in sarcasmo.

lunedì 12 marzo 2012

stasera siamo andati tutti al vernissage della mostra di mia cugina. 
poi avrei voluto andare al mc donald's coi bambini, giusto per non avere da spignattare o pulire una volta a casa. che idea assurda.
e mi sento piccola e vecchia, chiusa dentro a una piccola e vecchia storia, e sto zitta dentro mentre dico ai bambini di non scendere dal marciapiede. 
quando poi in macchina passiamo davanti a un mc donald's e lui mi chiede se voglio fermarmi, gli dico 'ma lascia perdere'. eccola, lei cade sempre in piedi, la stronza! gli dò la nausea, perfino.
finalmente arriviamo, una bella tazza di latte caldo per scaldarsi la pancia, come dice bruno, un panino con la nutella e via a nanna.
sono prostrata dall'immutabile, dall'ineluttabile cui mi sento condannata. 
accendo il computer, e la tv, e aspetto che mi piangano gli occhi dal sonno.

domenica 11 marzo 2012

lo scaffale della mamma snaturata 2. Una stanza tutta per sè, di Virginia Woolf

è da un po' che sto cercando di scrivere questo post. e non ci riesco.
forse proprio perchè io una stanza tutta per me non ce l'ho. non ce l'ho più, anzi.
e Dio sa quanto la desidero, quanto ne avrei bisogno.
ho trovato un giornale di un mese fa in cui si parla del caso della studentessa inglese Gail Trimble che ha riempito le prime pagine dei giornali per il fatto che si è dimostrata di gran lunga la migliore in un gioco a quiz per studenti universitari che appassiona gli inglesi. naturalmente il caso è dovuto al fatto che era una donna.
se insegnassi al liceo, obbligherei tutte le mie allieve a leggere questo libro.
ma probabilmente non servirebbe a nulla.
mi sento fuori posto a voler fare l'intellettuale. già a dirlo, ti senti una snob di merda.
mi sento parte di un meccanismo perverso che induce le donne a credere che la loro realizzazione personale non sia possibile al di fuori della famiglia e del lavoro. Non so se riesco a spiegarmi: un'occupazione puramente intellettuale, lo studio per lo studio, quello che avevo in mente di fare da piccola quando dicevo che io avrei voluto continuare a studiare per tutta la vita. senza trovare nessuno che mi spiegasse che questo lavoro esiste, che c'è tanta gente che lo fa, soprattutto uomini, ma anche qualche donna... 
le donne sono più diligenti degli uomini. a scuola sono più brave. ma quasi sempre si fermano lì, e finito il dovere, chiudono l'armadio.
 torna di nuovo silvio ceccato, l'ingegnere della felicità: l'ideale sarebbe fare del proprio hobby il proprio lavoro. come virginia woolf. che al liceo mi pareva un essere lunare. te credo, leggevo solo hemingway e dostoevskji...