è da un po' che sto cercando di scrivere questo post. e non ci riesco.
forse proprio perchè io una stanza tutta per me non ce l'ho. non ce l'ho più, anzi.
e Dio sa quanto la desidero, quanto ne avrei bisogno.
ho trovato un giornale di un mese fa in cui si parla del caso della studentessa inglese Gail Trimble che ha riempito le prime pagine dei giornali per il fatto che si è dimostrata di gran lunga la migliore in un gioco a quiz per studenti universitari che appassiona gli inglesi. naturalmente il caso è dovuto al fatto che era una donna.
se insegnassi al liceo, obbligherei tutte le mie allieve a leggere questo libro.
ma probabilmente non servirebbe a nulla.
mi sento fuori posto a voler fare l'intellettuale. già a dirlo, ti senti una snob di merda.
mi sento parte di un meccanismo perverso che induce le donne a credere che la loro realizzazione personale non sia possibile al di fuori della famiglia e del lavoro. Non so se riesco a spiegarmi: un'occupazione puramente intellettuale, lo studio per lo studio, quello che avevo in mente di fare da piccola quando dicevo che io avrei voluto continuare a studiare per tutta la vita. senza trovare nessuno che mi spiegasse che questo lavoro esiste, che c'è tanta gente che lo fa, soprattutto uomini, ma anche qualche donna...
le donne sono più diligenti degli uomini. a scuola sono più brave. ma quasi sempre si fermano lì, e finito il dovere, chiudono l'armadio.
torna di nuovo silvio ceccato, l'ingegnere della felicità: l'ideale sarebbe fare del proprio hobby il proprio lavoro. come virginia woolf. che al liceo mi pareva un essere lunare. te credo, leggevo solo hemingway e dostoevskji...
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