lunedì 30 marzo 2015

io - 2

non ti sopporta più nessuno, ormai.
mi ha detto così, ieri sera. un paio di giorni fa gliel'avevo detto io stessa, piena di sconforto, e lui mi ha detto ma io ti voglio bene, non capisci che vorrei solo stare tranquillo con te, ma ti voglio bene non basta, ho risposto io, e avrei anche voluto dire che tranquillo, con me, ma come ti viene in mente.
e infatti.

giovedì 26 marzo 2015

tagliare

ci sono delle volte, nella vita, che vorrei essere capace di tagliare con tutto, che io invece le porte alle spalle non sono mai riuscita a chiuderle, e fare quello che mi pare e basta, non ci sono mai riuscita, quasi mai, a fare quello che mi va davvero di fare, prima pensavo quando sarò grande, adesso quando sarò vecchia, macchè, mi ha detto don mario, quando sarai vecchia ti porteranno i nipotini e tu brontolando te li terrai tutti intorno, vedrai

participi

la signora boldrini vorrebbe essere chiamata presidentA. ora, io sono assolutamente d'accordo che ci sia un problema di genere nel linguaggio, e che le parole, come dice moretti, sono importanti.
ma pure la grammatica, è importante. la grammatica, anzi, è fondamentale. ora, se non sai la differenza tra un nome e un participio, beh, faresti meglio a leggerti qualche libro, prima di andare a fare la presidente della camera.
perché seguendo la nostra presidente, che io sono d'accordissimo di articolare al femminile, LA presidente, come la preside è LA dirigente, e come tale io la appello quando scrivo una lettera, e sono pure d'accordo di chiamare la mia amica avvocata, e la dottoressa dottoressa, ma io la concorrenta, la rappresentanta, la giudicanta, no guarda, boldrini, lascia perdere, va'.

affari tuoi

trovo incredibilmente significativo che la trasmissione serale tra le più viste, quella familiarmente nota come 'quella dei pacchi', si chiami affari tuoi.
la gente si fa gli affari suoi. si fanno gli affari tuoi solo se gliene viene qualcosa. fosse anche un po' di immedesimazione.
oggi pomeriggio sono andata con mia madre a prendere i bambini al volley (sono ancora in malattia, quindi di solito ci va lei). torna alla macchina, dove li aspettavo, dicendo che c'è una bambina che piange perché suo padre si è dimenticato di andarla a prendere, lei non sapeva il suo nomero, solo quello della madre che però stava al lavoro e quindi aveva il cell spento (mia madre l'ha chiamata tre volte). torniamo dentro. ci sono due madri sedute sull'asse di equilibrio in palestra, che sì, l'hanno vista, sta bambina, ma... ma cosa ma, cazzo, non sei capace di chiedergli come mai sta piangendo? erano le sei  meno venti, era uscita alle cinque. ma se fosse tua figlia, ma non ci pensi? la bambina stava fuori, all'ingresso della palestra, quelle l'hanno vista che piangeva, si sono mosse un minimo solo quando io sono entrata chiedendo se la conoscevano e cosa si poteva fare. l'allenatore appena gliel'abbiamo detto è andato a prenderla tranquillizzandola. ma ci voleva tanto???
mia madre a scuola dei bambini si è trovata in mezzo al cancelletto della scuola a incrociare due maestre. le ha salutate, ovviamente, e quelle l'hanno guardata come dire: chi ti conosce. non dico salutare per primi. ma rispondere al saluto, ma quanta gente anche alla scuola materna, gente che vedevo ogni santa mattina, non mi salutavano mai, poveracci, poveracce.

riordino 2


adesso ho aperto il blog di paolo nori e c'era questa foto qua, che in effetti è la quinta edizione, è abbastanza normale, che lo stia leggendo anche lui, è una cosa virale, le chiamano così, le cose che si diffondono improvvisamente e capillarmente senza che si capisca bene come mai, beh, comunque mi ha fatto uno strano effetto, io l'ho finito di leggere e so che non ce la farò mai, la soluzione è che bisogna buttare tutto, praticamente, e io il problema è che io non ci riesco, a buttare le cose, non ce la faccio, no ce la farò mai, anche se sento, ma lo sentivo anche prima di leggere il libro, sento che starei benissimo, se buttassi tutto, ma non ce la faccio, per esempio i libri che sono tra le cose da cui cominciare, che vorrei avere una casa grande solo per tenere i libri, che se sei legato al passato non riesci a vivere il presente, dice così, quella è da quando aveva cinque anni che pensa a mettere a posto, ma io, non lo so perché, ma non ce la faccio, ecco. mia sorella l'ha preso in mano e ha letto qualche pagina e mi ha detto che lo devo leggere, ma l'ho già letto, le ho detto, e allora leggilo un'altra volta, mi ha detto.

giovedì 19 marzo 2015

atti di fede

in una scuola di bologna un gruppo di insegnanti e genitori ha fatto ricorso al tribunale amministrativo regionale, meglio noto come TAR, contro la benedizione pasquale del parroco, peraltro in orario extrascolastico.
ho sentito una dei prof spiegare in tv che il motivo di fondo del ricorso è che 'a scuola non si devono fare atti di fede di nessun tipo'.
ora, a me la prima cosa che mi è venuta in mente, sono state due, in realtà, che a me, sta gente che continua a ridere degli atti di fede, non so, mi sembrano tutti come minimo dei superficiali, e mi fanno soprattutto pena, devo dire, ma anche un po' rabbia, mi fanno, perché in genere sono persone che, come tutti, fanno atti di fede in continuazione, solo che li fanno per la scienza, per la laicità, per la persona, per i diritti, cose che per loro sono sacre, e non vanno contestate in nessun modo, ovviamente, comunque, dicevo, mi sono venute in mente prima simone weil, la sua professione di fede, con cui sceglie di cominciare il suo ultimo testo, scritto in inghilterra, dove si era recata per partecipare alla resistenza antinazista di France Combattante, e dove invece morì, a soli trentaquattro anni, il 24 agosto 1943:
 «Io credo in Dio, nella Trinità, nell’Incarnazione, nella Redenzione, nell’Eucarestia, negli insegnamenti dell’Evangelo»
e poi mi sono venuti in mente i postulati e gli assiomi e il fatto che la matematica, che direi che siamo tutti d'accordo a dire che è una cosa razionale, parte dal dire: è così invece che cosà, altrimenti casca il palco, e nessuno ci trova niente di strano, a dire: ah, ok, va bene, nessun problema. per un punto passa una sola retta, tre punti individuano un piano, due rette parallele non si incontrano. ok, nessun problema.
invece se a me mi fa ridere, quando dicono che dalla broda primordiale, dai e dai, è venuta fuori l'ameba, e dai e dai, il verme, e il coccodrillo, e il mammuth e la scimmia e dai e dai leonardo da vinci, allora sono una povera scema.

mercoledì 18 marzo 2015

utopia



il 17 marzo 1891, nel golfo di gibilterra, è naufragato  per un errore del comandante il bastimento utopia, di proprietà di due fratelli scozzesi, che portava 3 passeggeri di prima classe e circa novecento emigranti, per la gran parte meridionali, verso le americhe. i numeri dei morti non sono precisi, ma siamo intorno ai 600. morirono anche, nell'eroico tentativo di soccorrere i naufraghi, due marinai inglesi, ai quali il governo italiano si premurò di far avere un congruo indennizzo.
gli armatori della nave invece, i fratelli henderson, nel processo furono difesi con successo da francesco crispi, non ancora primo ministro. l'utopia fu recuperata e già dopo qualche mese riprese i suoi viaggi transatlantici.

martedì 17 marzo 2015

stop the robots



stop the robots è un piccolo movimento nato in texas che vuole arginare l'invasione dell'intelligenza artificiale. fa sorridere, ma una società  di Hong Kong  ha ammesso nel suo consiglio d'amministrazione, insieme ai vari soci, manager eccetera un algoritmo.

giovedì 12 marzo 2015

un lavoro come un altro

beh, non come un altro. un lavoro. un lavoro normale.
insegnare è un lavoro, un lavoro normale. mi ha detto così, durante il pranzo, al convegno sull'iperdotazione di padova, il professor vianello.
e io che invece penso assolutamente che no, sono stata zitta, perché io, quando una persona che stimo dice una cosa su cui la penso al contrario, in genere sto zitta, che ho visto che è la cosa che mi viene meglio. che quando provo a dire qualcosa, è tutto ingarbugliato nella mia testa, e vengono fuori solo stupidaggini, o cose che sembra che non c'entrino niente, perché io, come mi dice sempre il professore, io la dialettica non so cosa sia, non so parlare, io. come se non lo sapessi da sola, che mi vedo sempre davanti una di quelle mappe che vanno tanto di moda adesso, ci sono centomila apps per fare ste mappe concettuali che io me le vedo davanti ogni momento, sulla lavagna della mente, ma cosa vuoi che sia fare la mappa, è il percorso al contrario, che a me non mi viene, quando devo parlare, e sembro una deficiente. allora, dicevo, se posso, sto zitta.
alla settimana di formazione di abano, il professor vianello, che di lavoro insegna psicologia dello sviluppo, che si studia sui manuali che ha scritto lui, ho visto proprio ieri che mio fratello, che si era iscritto a psicologia, ne ha un paio nella sua libreria, beh, insomma, il professore ha iniziato il suo intervento raccontando una storia.
se vuoi che la gente ti ascolti devi raccontare una storia, avevo una compagna di corso bravissima, è stata una cosa singolare, ci eravamo conosciute a scienze forestali, me la sono ritrovata a lettere anche lei, solo che lei era una veramente brava, un tipo strano, silvia, si chiamava, coi capelli rossi, gli occhiali tondi che a me mi sembrava un po' un uccello, aveva un disturbo dell'alimentazione, beh, insomma, poi l'ho ritrovata anche a un concorso per assistente bibliotecario, spero proprio che l'abbia passato perché doveva fare la direttrice, altro che assistente, e mentre aspettavamo l'esame mi ha raccontato che dopo la laurea insegnava in un professionale, l'unica cosa che riusciva a fare in classe era leggere delle storie, era l'unico modo per farli stare buoni, beh, insomma, dicevo, devi raccontare delle storie e, possibilmente, ancora meglio se sono storie tue, che riguardano te.
e il professor vianello ci ha raccontato la sua, di storia, che lui nasce insegnante, ancora prima di finire gli studi, faceva il doposcuola in un'isoletta di venezia. e ci ha detto molte cose interessanti, apparentemente semplici, come il fatto che noi, con le classi che abbiamo, è come se lavorassimo su una pluriclasse, e per lavorare in una pluriclasse, se non vuoi schiattare, non puoi fare argomenti diversi per ogni livello, devi affrontare lo stesso argomento a livelli diversi, e qua vorrei tanto chiedere al funzionario del ministero, quello che è venuto l'ultimo giorno, cosa vuol dire che veniamo da vent'anni di disastro di cognitivismo, perché se il cognitivismo fa tanto schifo, vorrei sapere cosa va bene adesso, perché a me mi sembra, invece, che la base del pensiero che c'era alla base dei programmi dell'85 non c'è più, sono rimasti solo dei contenuti, delle procedure da applicare senza sapere perché, perché sono vent'anni che ogni ministro che va lì deve dire la sua, che sostanzialmente è quello che si ricorda lui della scuola che ha fatto lui o lei, e invece la teoria del cognitivista bruner, dell'apprendimento a spirale, che lui diceva che si può insegnare tutto a tutti, non ci sono cose che i bambini non capiscono, basta affrontarle al loro livello, e poi si approfondiscono crescendo, come una spirale i cui cerchi si allargano sempre più, e a me, quest'idea qua continua a convincermi, invece al dottor ciambrone, evidentemente no, ma allora bisognerebbe che ce lo dicessero, perché non li convince più, e magari, direi, convincerci con qualcos'altro, invece di dire che fa schifo, e basta.
comunque, la pluriclasse è una grande idea, dal mio punto di vista didattico. ma a me, quello che mi è piaciuto di più di quello che ci ha insegnato vianello, e lo cito sempre, gliel'ho detto, a pranzo, è che per i bambini intelligenti ci vogliono gli insegnanti intelligenti. eh, mi ha detto, è un po' vero, ma non me la son sentita, di dirlo, perché c'era troppa gente, oggi.
poi mi ha detto quella cosa dell'insegnare che è un lavoro normale, e io, che quest'estate mi sono letta i libri di lodolo d'oria sul burn out degli insegnanti, subito ho cominciato a riempirmi la testa di quelle cose lì, e avrei voluto dirgli ma allora, tutto questo,  non significa niente? e poi i genitori, le loro pretese, e i dirigenti, che guai a andare a rompergli le balle con fandonie tipo l'iperdotazione, e quella del provveditorato che mi viene a dire che se i bambini le prendono dal loro compagno col disturbo oppositivo provocatorio bisogna capirlo, è il suo disturbo, e la mia collega con gli attacchi di panico, e tutte le altre che prendono psicofarmaci di ogni genere, non lo so, volevo dirgli al professor vianello, ma già il fatto che siamo tutte donne, e vecchie, oltretutto, ma come fai a dire che è un lavoro normale, a me non mi pare proprio, tanto normale, non so, però non sono riuscita a dirgli niente, anzi, gli ho detto pure un mezzo sì.

mercoledì 11 marzo 2015

mah

oggi è successa una cosa stranissima, che il mio blog ha avuto un picco di visualizzazioni, tipo 85, che di solito sono 20 quando sono tante, anche perché quelle poche persone che ricevono i post nella casella di posta non vengono contate, ammesso che ce ne siano altre, oltre quelle due o tre amiche a cui ho fatto l'iscrizione io stessa. mah.

lunedì 9 marzo 2015

DIRITTI



Immaginiamo che il diavolo stia comprando l'anima di uno sventurato e che qualcuno, impietosito nei riguardi dello sventurato, intervenga nel contradditorio e dica al diavolo: « è vergognoso da parte sua offrire questo prezzo; l'oggetto vale almeno il doppio ».
...
Un tale spirito di mercanteggiamento era già implicito nella nozione di diritto che gli uomini del 1789 ebbero l'imprudenza di mettere al centro dell'appello che vollero gridare in faccia al mondo. Col risultato di distruggerne in anticipo la virtù.

La nozione di diritto è legata a quella di spartizione, di scambio, di quantità. Ha qualcosa di commerciale. Di per sé evoca il processo, l'arringa. Il diritto si regge soltanto su un tono di rivendicazione: una volta adottato questo tono, non lontana, dietro di lui, c'è la forza per sostenerlo, altrimenti cade nel ridicolo.
Vi sono numerose nozioni, tutte situate nella medesima categoria, che sono di per sé totalmente estranee al soprannaturale, e nondimeno sono un poco al di sopra della forza bruta. Tutte sono relative ai costumi della bestia collettiva - per usare le parole di Platone -, quando questa conserva qualche traccia di un addestramento imposto dall'operazione soprannaturale della grazia. Quando esse non ottengono continuamente una rinascita al rinnovarsi di questa operazione, quando non sono altro che sopravvivenze, si trovano di necessità soggette ai capricci della bestia.
Le nozioni di diritto, di persona, di democrazia appartengono a questa categoria.
...
La persona è per natura sottomessa alla collettività. il diritto è per natura dipendente dalla forza. Le menzogne e gli errori che velano queste verità sono oltremodo pericolosi, giacché impediscono di far ricorso alla sola cosa che si trova sottratta alla forza e che da questa preserva: vale a dire una forza altra, che è l'irradiazione dello spirito.
Fra queste menzogne si annovera quella del diritto naturale, lanciata  dal XVIII secolo materialista. (...)
La nozione del diritto ci viene da Roma. Avendo capito, al pari di Hitler, che la forza ha piena efficacia solo se ammantata di qualche idea, i Romani adoperavano la nozione di diritto appunto a questo scopo. (...)
Lodare l'antica Roma per averci trasmesso la nozione di diritto è decisamente scandaloso. Se vogliamo infatti esaminare la natura di questa nozione alle sue origini, in modo da individuarne la specie, si constata che la proprietà era definita dal diritto d'uso e di abuso. E di fatto la maggior parte delle cose su cui ogni proprietario poteva esercitare il diritto d'uso e di abuso erano esseri umani.
I Greci non possedevano la nozione di diritto. Non avevano vocaboli per esprimerla. Si accontentavano del nome della giustizia.
la persona e il sacro, pp. 27-30



sabato 7 marzo 2015

storie

'perchè era buono, e la bontà forse è il segreto del genio.'
(francois truffaut, peccato che non mi ricordo di chi parlasse)

sono anni che mi chiedo se il mio amato truffaut avesse ragione, e sono abbastanza sicura che sì, aveva ragione.

ci sono andata, poi, al convegno.
due giorni pieni di storie e di persone incredibili.
io ci sono andata soprattutto per due persone: joseph renzulli, università del connecticut, è pieno di neve, in connecticut, adesso, e lui ha 78 anni, ha avuto qualche problema con l'aereo per via del meteo, se lo vedi sembra che abbia addosso uno di quei travestimenti occhiali-naso grosso-baffi, con dei capelli giallo-grigi, ha passato la vita a lavorare sui gifted, una vera autorità. ha elaborato un programma fantastico che permette di inserire gli interessi di uno studente e ottenere una scheda personalizzata di attività per l'arricchimento, con un data-base di 50mila proposte. peccato che quando ho provato a creare un account come insegnante, mi hanno chiesto il mio numero. che naturalmente non ho. allora ho provato come genitore, e mi hanno chiesto il numero dei miei figli (ask the teachers, c'era scritto). la mattina dopo ho chiesto al prof come fare, e lui mi ha detto che quella cosa fantastica, che porta il suo nome perché l'ha fatta lui, è stata venduta dalla sua università e lui non ne sa più niente, però lui ha una password, me l'ha detta, mi ha fatto pure lo spelling e mi ha spiegato il perché gliel'avevano data. peccato che non sappia lo username, però devo dire che è davvero un mito. voglio dire, non mi ha mai vista.
mentre pensavo a questo ho ritrovato federica mormando, che non so come è convinta che io sia una scrittrice nata, e devo dire che, comunque, è davvero bello sentirselo dire.
dice che ho il dono della caricatura buona, che non so se si capisce, io l'ho capito benissimo, e anche questo, devo dire, fa bene, provare a pensare che magari è vero.

venerdì 6 marzo 2015

il lavoro più bello del mondo



dopo l'incidente ci siamo trasferiti, io e i bambini, a casa dei miei.
l'altro giorno suona il telefono. era R., un'amica di famiglia che non vedo da almeno vent'anni. cercava me.
aveva saputo della mia disavventura dalla signora che va a farle le pulizie, che è la madre di un mio alunno. ma chi, il genio? le chiedo. sì, lui. va bene in tutto, anche nel calcio.
la madre è moldava. voleva mandarmi dei fiori, mi hadetto R.
quando ho telefonato per ringraziare, mi ha detto che erano venuti anche all'ospedale, ma non c'ero più.





mercoledì 4 marzo 2015

riordino 1


ieri sono andata in biblioteca a prendere l'ultimo libro delle quattro stagioni del commissario ricciardi, era più di un mese che l'avevo prenotato, e poi facendo un giro ho avuto la visione di questo libro, che avevo già addocchiato su amazon e volevo quasi comprare.
ora lo sto leggendo, e ho paura.

un attimo



la mia frattura di Galeazzi
è stato un attimo. pensare, mentre guardavo la foto sorridente di quella donna sull'epigrafe: cavoli, lo conosco, il figlio, è più giovane di me, sentire il clacson della mia macchina, girarmi, vedere che si stava allontanando lentamente senza di me, senza nessuno, sopra, l'avevo lasciata in folle per leggere l'epigrafe, vedere che non era la mia macchina, a suonare, guarda tu, ho pensato, adesso le macchine suonano quando vanno senza nessuno sopra, invece era uno con una panda che suonava per avvisarmi, correre dietro alla macchina, cadere, riprendere gli occhiali che non si erano rotti, che fortuna, rialzarmi e capire disperata che non l'avrei mai presa, e sentire male al braccio, un male terribile.
per fortuna che arrivava una mia amica, che ha chiamato mia madre, che mi ha portato all'ospedale, anche se prima voleva tornare a casa a cambiarsi le scarpe, io le ho detto che io dovevo andare all'ospedale, poi andasse a cambiarsi tutte le scarpe che voleva, mi tenevo il braccio con l'altra mano, e avevo un po' di sangue dal naso.
quando al pronto soccorso mi hanno tolto la giacca una ha detto: serve un palmare, e l'altra ha detto:eh sì, altro che, guarda da un'altra parte, mi ha detto mentre mi fasciava, mi hanno dato un codice giallo, poi ho dovuto raccontare la storia che faceva ridere anche se avevo tanto male, le dita erano informicolate, per fortuna che mi hanno fatto una puntura, quelli dei raggi volevano che girassi il braccio, ma io non lo potevo girare, mi domando come fanno a fare i raggi a uno politraumatizzato, bisogna salire su quel letto d'acciaio, alto, io per fortuna sono salita con le mie gambe, poi mi hanno operata, il dottore mi ha detto che mi doveva operare per forza, frattura di galeazzi, si chiama, mi ha detto, il radio si era spezzato e si era tirato dietro l'ulna, e che in un'alta percentuale di pazienti c'è una lesione del nervo, e io pensavo che magari non potevo più scrivere bene, e che per venerdì avevo preso il permesso per andare al convegno sui gifted, era un mese che lo aspettavo, era una boccata d'ossigeno di cui avevo un bisogno disperato, è stato un attimo, un attimo e la vita cambia direzione, chissà se posso andarci, venerdì, pensavo, è lunedì, in fondo, se mio padre mi porta, se la mia amica mi ospita, se non mi fa così male.