giovedì 12 marzo 2015

un lavoro come un altro

beh, non come un altro. un lavoro. un lavoro normale.
insegnare è un lavoro, un lavoro normale. mi ha detto così, durante il pranzo, al convegno sull'iperdotazione di padova, il professor vianello.
e io che invece penso assolutamente che no, sono stata zitta, perché io, quando una persona che stimo dice una cosa su cui la penso al contrario, in genere sto zitta, che ho visto che è la cosa che mi viene meglio. che quando provo a dire qualcosa, è tutto ingarbugliato nella mia testa, e vengono fuori solo stupidaggini, o cose che sembra che non c'entrino niente, perché io, come mi dice sempre il professore, io la dialettica non so cosa sia, non so parlare, io. come se non lo sapessi da sola, che mi vedo sempre davanti una di quelle mappe che vanno tanto di moda adesso, ci sono centomila apps per fare ste mappe concettuali che io me le vedo davanti ogni momento, sulla lavagna della mente, ma cosa vuoi che sia fare la mappa, è il percorso al contrario, che a me non mi viene, quando devo parlare, e sembro una deficiente. allora, dicevo, se posso, sto zitta.
alla settimana di formazione di abano, il professor vianello, che di lavoro insegna psicologia dello sviluppo, che si studia sui manuali che ha scritto lui, ho visto proprio ieri che mio fratello, che si era iscritto a psicologia, ne ha un paio nella sua libreria, beh, insomma, il professore ha iniziato il suo intervento raccontando una storia.
se vuoi che la gente ti ascolti devi raccontare una storia, avevo una compagna di corso bravissima, è stata una cosa singolare, ci eravamo conosciute a scienze forestali, me la sono ritrovata a lettere anche lei, solo che lei era una veramente brava, un tipo strano, silvia, si chiamava, coi capelli rossi, gli occhiali tondi che a me mi sembrava un po' un uccello, aveva un disturbo dell'alimentazione, beh, insomma, poi l'ho ritrovata anche a un concorso per assistente bibliotecario, spero proprio che l'abbia passato perché doveva fare la direttrice, altro che assistente, e mentre aspettavamo l'esame mi ha raccontato che dopo la laurea insegnava in un professionale, l'unica cosa che riusciva a fare in classe era leggere delle storie, era l'unico modo per farli stare buoni, beh, insomma, dicevo, devi raccontare delle storie e, possibilmente, ancora meglio se sono storie tue, che riguardano te.
e il professor vianello ci ha raccontato la sua, di storia, che lui nasce insegnante, ancora prima di finire gli studi, faceva il doposcuola in un'isoletta di venezia. e ci ha detto molte cose interessanti, apparentemente semplici, come il fatto che noi, con le classi che abbiamo, è come se lavorassimo su una pluriclasse, e per lavorare in una pluriclasse, se non vuoi schiattare, non puoi fare argomenti diversi per ogni livello, devi affrontare lo stesso argomento a livelli diversi, e qua vorrei tanto chiedere al funzionario del ministero, quello che è venuto l'ultimo giorno, cosa vuol dire che veniamo da vent'anni di disastro di cognitivismo, perché se il cognitivismo fa tanto schifo, vorrei sapere cosa va bene adesso, perché a me mi sembra, invece, che la base del pensiero che c'era alla base dei programmi dell'85 non c'è più, sono rimasti solo dei contenuti, delle procedure da applicare senza sapere perché, perché sono vent'anni che ogni ministro che va lì deve dire la sua, che sostanzialmente è quello che si ricorda lui della scuola che ha fatto lui o lei, e invece la teoria del cognitivista bruner, dell'apprendimento a spirale, che lui diceva che si può insegnare tutto a tutti, non ci sono cose che i bambini non capiscono, basta affrontarle al loro livello, e poi si approfondiscono crescendo, come una spirale i cui cerchi si allargano sempre più, e a me, quest'idea qua continua a convincermi, invece al dottor ciambrone, evidentemente no, ma allora bisognerebbe che ce lo dicessero, perché non li convince più, e magari, direi, convincerci con qualcos'altro, invece di dire che fa schifo, e basta.
comunque, la pluriclasse è una grande idea, dal mio punto di vista didattico. ma a me, quello che mi è piaciuto di più di quello che ci ha insegnato vianello, e lo cito sempre, gliel'ho detto, a pranzo, è che per i bambini intelligenti ci vogliono gli insegnanti intelligenti. eh, mi ha detto, è un po' vero, ma non me la son sentita, di dirlo, perché c'era troppa gente, oggi.
poi mi ha detto quella cosa dell'insegnare che è un lavoro normale, e io, che quest'estate mi sono letta i libri di lodolo d'oria sul burn out degli insegnanti, subito ho cominciato a riempirmi la testa di quelle cose lì, e avrei voluto dirgli ma allora, tutto questo,  non significa niente? e poi i genitori, le loro pretese, e i dirigenti, che guai a andare a rompergli le balle con fandonie tipo l'iperdotazione, e quella del provveditorato che mi viene a dire che se i bambini le prendono dal loro compagno col disturbo oppositivo provocatorio bisogna capirlo, è il suo disturbo, e la mia collega con gli attacchi di panico, e tutte le altre che prendono psicofarmaci di ogni genere, non lo so, volevo dirgli al professor vianello, ma già il fatto che siamo tutte donne, e vecchie, oltretutto, ma come fai a dire che è un lavoro normale, a me non mi pare proprio, tanto normale, non so, però non sono riuscita a dirgli niente, anzi, gli ho detto pure un mezzo sì.

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