venerdì 21 agosto 2020

ognuno riconosce i suoi 35 - la cosa migliore



Lotti contro la tua superficialità, la tua faciloneria, per cercare di accostarti alla gente senza aspettative illusorie, senza un carico eccessivo di pregiudizi, di speranze o di arroganza, nel modo meno simile a quello di un carro armato, senza cannoni, mitragliatrici e corazze d'acciaio spesse quindici centimetri; offri alla gente il tuo volto più bonario, camminando in punta di piedi invece di sconvolgere il terreno con i cingoli, e l'affronti con larghezza di vedute, da pari a pari, da uomo a uomo, come si diceva una volta, e tuttavia non manchi mai di capirla male.

Tanto varrebbe avere il cervello di un carro armato. La capisci male prima d'incontrarla, mentre pregusti il momento in cui l'incontrerai; la capisci male mentre sei con lei; e poi vai a casa, parli con qualcun altro dell'incontro, e scopri ancora una volta di aver travisato. Poiché la stessa cosa capita, in genere, anche ai tuoi interlocutori, tutta la faccenda è, veramente, una colossale illusione priva di fondamento, una sbalorditiva commedia degli equivoci. Eppure, come dobbiamo regolarci con questa storia, questa storia così importante, la storia degli altri, che si rivela priva del significato che secondo noi dovrebbe avere e che assume invece un significato grottesco, tanto siamo male attrezzati per discernere l'intimo lavorio e gli scopi invisibili degli altri?

Devono, tutti, andarsene e chiudere la porta e vivere isolati come fanno gli scrittori solitari, in una cella insonorizzata, creando i loro personaggi con le parole e poi suggerendo che questi personaggi di parole siano più vicini alla realtà delle persone vere che ogni giorno noi mutiliamo con la nostra ignoranza? Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di aver ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite… Beh, siete fortunati.

PHILIPH ROTH, Pastorale americana (Torino, Einaudi1997)



N.B. ho trovato questa cosa sul sito libri antichi online. GRAZIE!!!


INFINITO PRESENTE 1 - Avere ragione

ragióne 

Vocabolario on line - Enciclopedia Treccani

ragióne s. f. [lat. ratio -onis (der. di ratus, part. pass. di reri «fissare, stabilire»), col sign. originario di «conto, conteggio»]

1. a. La facoltà di pensare, mettendo in rapporto i concetti e le loro enunciazioni, e insieme la facoltà che guida a ben giudicare, a discernere cioè il vero e il falso, il giusto e l’ingiusto, il bene e il male, alla quale si attribuisce il governo o il controllo dell’istinto, delle passioni, degli impulsi, ecc.; può equivalere a giudiziodiscernimentologica, ma ha sign. più ampio e generico e intonazione più familiareil possesso della rdistingue l’uomo dagli animali, o, semplicem., la r.; essere nell’età della r., avere superato l’infanzia (anche ironicam., a chi dimostra di farne poco uso). In contrapposizioni: la fede arriva dove non può arrivare la r.; làsciati guidare dalla re non dall’istintoi peccator carnaliChe la ragion sommettono al talento (Dante); Cauta in me parla la ragionma il coreRicco di vizj e di virtùdelira (Foscolo). 
b. Nel linguaggio filosofico, il termine, provenendo dal lat. ratio come traduzione (Cicerone, Lucrezio) del greco lògos (v.), ne mantiene il duplice significato di ragione e discorso, determinandosi in vario modo come la facoltà di conoscere attraverso la parola e il discorso piuttosto che mediante l’intuizione;
2. a. ant. Discorso condotto secondo ragione; ragionamento, esposizione ragionata
b. Argomentazione o dimostrazione, prova o argomento, di cui ci si vale in un ragionamento per persuadere, difendersi o difendere, confutarelascia che dica le mie re ti persuaderaiprima di decideredevi ascoltare le sue r.; le rche porta non sono convincentiprima con vere rdifender la fama mia e poi con fatti (Boccaccio); 
3. a. Il fondamento oggettivo e intelligibile di qualche cosa, ciò per cui una cosa è o per cui una cosa si fa; e quindi causa, motivo legittimo, che spiega o giustifica un fatto; più esplicitamente, le rultime delle cose, le cause prime, i principî originarî; ultima r. (cfr. lat. ultima ratio), anche nel senso di ultima soluzione, estrema risorsa
b. In alcune locuz. significa, più particolarm., giusto motivo, giusta causa
4. a. Diritto (soggettivo), in senso generico e non tecnicofar valere le proprie r., obbligare altri a riconoscere i nostri diritti, con la persuasione, con la forza, o ricorrendo alla giustizia: farò valere le mie rin tribunale. In alcuni casi, ha sign. più vicino a esigenza
b. In contrapp. a torto, il buon diritto, cioè il giusto nell’agire, il vero o il giusto nel pensare, nell’affermare, nel discutere, nel giudicarela re il torto non si possono dividere con un taglio nettoessere dalla parte della r., o, più com., aver r. (contrapposti a essere dalla parte del tortoaver torto), essere nel proprio buon diritto, o, secondo i casi, dire il vero o il giusto, agire giustamente, comportarsi secondo le regole, ecc.
c. Nel linguaggio giur. ant., diritto, nel senso oggettivo di complesso di norme giuridiche5. ant. Calcolo, conto. 
6. a. In matematica, il termine è usato soprattutto nelle espressioni rdi una progressione aritmetica e rdi una progressione geometrica, numero esprimente la differenza e, rispettivamente, il rapporto costante tra ciascun termine e il precedente. 
7. ant. a. Specie, qualità: Quivi vivande è di molte ragioni (Pulci).  
8. Rsociale (dal fr. raison sociale), il nome commerciale sotto il quale agisce una società in accomandita semplice o in nome collettivo
ho copiato la definizione di "ragione" dal dizionario Treccani, tagliando tutti gli esempi, che se uno vuole li può leggere QUI,  e, come si può vedere, non c'è una definizione di 'ragione' che si possa definire negativa.
eppure, cercando una foto a questo post, ho trovato solo cose della serie: è meglio avere pace che ragione, vuoi avere ragione o essere felice?, lascia chi vuole avere ragione nella sua ignoranza eccetera, messaggi in cui si assimila il voler avere ragione all'arroganza, alla mancanza di rispetto, all'ignoranza, e lo si contrappone, oltre che alla pace e alla felicità (ma se, mettiamo in una causa, hai ragione e ti danno torto, stai meglio o peggio? mah), alla liberalità, al lasciar perdere, all'essere tolleranti e anche, diciamolo: più intelligenti (il che, mi pare, ma forse come al solito pare solo a me, è una contraddizione in termini).
va molto di moda anche a questo proposito citare l'effetto Dunning-Kruger. questi due hanno fatto un esperimento, chiedendo a delle persone di auto-stimare il loro livello di competenze in grammatica, ironia e logica, e poi hanno fatto delle prove. quelli che avevano i risultati più bassi erano quelli che si erano dati i voti più alti. si chiama superiorità illusoria. 
io in ironia e soprattutto logica non lo so, ma in grammatica è difficile battermi. ho fatto anche l'esame all'università, e ho preso uno dei miei soliti 29. comunque.
il fatto è che ogni conversazione col professore che non riguardi cosa mangiamo oggi (argomento in testa alla top ten) o che tempo farà domani, ovvero che superi le tre battute, finisce inevitabilmente con lui che se ne va, accusandomi di voler avere sempre ragione.
perché, scusa, non ho capito: dovrei volere avere torto????
no, è che tu sei convinta che le tue idee siano giuste.
perché tu invece sei convinto che le tue idee siano sbagliate, immagino.
è che io non so argomentare, mi dice.
ah ecco. 

invece è che a me piace discutere, ma io non ce l'ho con le persone. non penso che uno sia stupido, non sia all'altezza. io ce l'ho con le idee. certo, magari mi trovo davanti una persona con limitate capacità di ragionamento, o per cui vincere la partita della discussione, in quel momento, è più importante magari anche della nostra amicizia, e magari decido di lasciar perdere.
ma io sono convinta che ognuno abbia le sue ragioni. la frase che cito continuamente, e che non ha ancora finito di stupirmi nella sua verità, di Jean Renoir, secondogenito del pittore August e grande regista,

Quel che è più terribile, su questa terra, è che tutti hanno le loro ragioni 


La Règle du jeu (La regola del gioco, 1939) 


questa frase, dicevo, è stato il leitmotiv della mia quarantena. e non solo. 
e a me interessa capirle, queste ragioni. non è compassione, è che proprio mi interessa.
davvero.
mi interessa capire perché. io me lo chiedo continuamente: perché?
ecco, io, quando discuto, cerco qualcuno che mi dia delle ragioni più forti delle mie.
tutto qua.