sabato 13 settembre 2014

una parentesi

ieri incontro di aggiornamento sull'ennesimo acronimo della scuola italiana, i BES, ovvero gli alunni con bisogni educativi speciali, che sarebbero poi tutti, secondo me, invece sono quelli che non hanno una certificazione legge 104, sulla disabilità, né legge 70, ovvero i DSA (disturbi specifici dell'apprendimento, che sarebbero  dislessici, disgrafici, dis-qualcosa), che io già quando comincio a sentire ste sigle mi viene l'orticaria, comunque in pratica sarebbero persone che hanno vari casini non certificati perché il disagio è transitorio, o comunque modificabile, per esempio alunni stranieri che non conoscono la lingua, alunni che hanno avuto un lutto famigliare, alunni in situazione socio-economica svantaggiata...
la dottoressa la fa un po' troppo facile, a mio parere.
intanto, siccome lei è dello sportello autismo, ci parla dell'autismo. il che, con rispetto parlando, mi fa anche piacere parlare dell'autismo, soprattutto quello ad alto funzionamento, ça va sans dir, ma gli autistici secondo me non sono BES, visto che sono certificati (orrendo modo usato a scuola per identificare gli alunni che hanno una certificazione per la loro dis-qualcosa).
la dottoressa a un certo punto ci dice che bisogna usare il cooperative learning, che bisogna mettere quello bravo insieme a quello debole, che lei non l'ha detto, ma è la famosa legge veneta: 'on alto e on basso i fa on gualivo', e io ho detto alla mia collega: ecco, la solita storia, e quelli che hanno l'alto potenziale, non hanno diritto anche loro, non hanno anche loro  dei BES, non hanno diritto a trovar qualcuno con cui confrontarsi, invece che doversi sempre abbassare, e la mia collega mi fa: ne hai sofferto anche tu di questa cosa, a scuola, vero? e io le ho detto di istinto sì, eh, l'avevo capito, mi fa, e io in realtà volevo dirle sì, grazie che mi hai capita, perché non è che a me scocciasse, cioè, mi scocciava, che alle medie avevo una classe che una volta l'avrebbero detta differenziale, e mi mettevano sempre in banco coi peggiori, ma è che mi sentivo sola, mi sentivo diversa, io adoravo andare a scuola, ma non stare lì, in quella classe, in quella scuola lì no, non mi piaceva, mi scocciava che io fossi considerata per quello che sapevo fare, cioè, voglio dire, ero usata, soprattutto la mia professoressa di italiano, le stava sulle balle che io fossi brava, mi metteva in banco con una che mi menava, mi rompeva le penne, oltre ad avere dei problemi di ritardo, poi mi ha messo con uno che era stato bocciato, poi con quella che è diventata la mia amica morena, che anche lei, poveraccia, faceva fatica, ma almeno mi faceva ridere. poi è diventata ragioniera.
sì, in effetti ne ho sofferto, pensandoci, ma più che altro del fatto che anche quello che faceva le sfide con me, che era lui che voleva farle, sai a me che me ne fregava, anche quello prendeva sempre distinto, non ce la faceva quasi mai a prendere ottimo come me, non avevo nessuno meglio di me, e comunque dicevo, più che altro la cosa brutta è che non c'era nessuno a cui imparare interessasse come interessava a me. ecco, questo sì, è stato brutto. che io me lo ricordo che l'ho anche scritto in un tema, che io, a pensarci, non lo sapevo che lavoro avrei fatto da grande, perché io di lavoro avrei voluto studiare tutta la vita.
a quella di italiano le avevo anche scritto che secondo me l'unica soluzione per la guerra fredda era che uno decidesse di disarmarsi per primo, il disarmo unilaterale, l'hanno chiamato dopo, e lei mi ha guardato con un sorriso di compatimento, e deve avermi anche scritto che era un'utopia.




non so

ci provo, ci devo provare, ma non so se ci riesco ancora, a scrivere un post.
perché quest'anno il professore deve lavorare a borgo valsugana, e resta là dal lunedì al sabato, abbiamo trovato un monolocale, una stanza piena di finestre e luce e silenzio, un posto dove vorrei stare io, e io invece devo stare qui, a sbattermi dalla mattina alla sera, e lunedì comincia la scuola, e io sono già stanca. e sei invidiosa, mi ha detto oggi, certo, gli ho detto, che sono invidiosa, vorrei vedere.