domenica 25 dicembre 2011

esemplari di una specie in via d'estinzione 1- Vittorio

è sempre più difficile trovare qualcuno che sappia fare bene il suo lavoro. penso sia perchè ormai lo scopo di un lavoro è fare soldi. e basta.
purtroppo la gente cerca la propria realizzazione DAL lavoro, non NEL lavoro in sé. una volta forse era diverso. uno cercava di fare bene il suo lavoro qualunque fosse. era un dovere, non si discuteva. era un dovere fare bene il proprio lavoro. mio nonno augusto era rimasto orfano per l'esplosione di una bomba che aveva ucciso i suoi e reso sordo-muta sua sorella. in collegio aveva imparato l'unica cosa che gli insegnavano: macchinista. così a sedici anni per sfuggire quella triste sorte si imbarcò volontario in marina, solo che lo misero in sala macchine, il posto più schifoso. era un grande tornitore, davvero bravo. ma avrebbe potuto fare bene molte altre cose, se solo ne avese avuto la possibilità.
una volta ho sentito un'intervista sul lavoro a silvio ceccato, che non capiva la gente che lavora per pagarsi le vacanze. saranno vent'anni. mi colpì moltissimo quando disse che bisognerebbe cercare di fare del proprio passatempo preferito il proprio lavoro. e in fondo sono ancora convinta che abbia ragione.
quelli che ci riescono, sono gli artisti. che non sono quelli che si occupano di arte. quando trovo una persona così provo una sensazione indescrivibile, una ammirazione sconfinata, una gratitudine che non so purtroppo dire.
vittorio è un barbiere. un acconciatore, dice lui.
mi taglia i capelli da più di trent'anni.
l'altra sera ero disperata. sindrome premestruale, no doubt. sono passata davanti alla sua bottega sperando che fosse aperto (da quando si è operato al braccio, lavora mezza giornata, se gli va). aperto. entro sperando che non ci sia tanto da aspettare. nessuno. gli dico 'Vittorio, devi fare un miracolo'. e lui lo fa.
con naturalezza, con poche battute, qualche affettuoso insulto, le forbici silenziose e sicure, la musica giusta di sottofondo. quando ho rimesso gli occhiali, avrei voluto baciarlo. invece gli ho dato i suoi 25 euro,mentre abbassava le luci per chiudere bottega,pensando che dovevo assolutamente scrivere questo post.
grazie, vittorio.

martedì 20 dicembre 2011

regali

ho una lista di regali da fargli che posso arrivare tranquillamente alla pensione. Lui neanche a Natale. ormai lo imploro di non farmi regali. è insopportabile. i giorni precedenti al mio compleanno e a Natale sono rovinati dall'ansia, sua, per i regali che io non avrò. non vedo l'ora che passi. e ogni volta spero che non succederà, che non mi dirà: e io che regalo ti faccio, e quando ci andavo, non ho il tempo, tu non mi suggerisci niente, e ansia, angoscia che sale, ma perchè non passa, ma perchè non è già domani...

fallimenti

portare antonio urlante e moccioloso a casa di mia madre invece che a scuola, in pigiama perchè non sono riuscita neanche a mettergli la giacca, e lasciarlo lì per andare di corsa a portare agostino e arrivare comunque tardi a scuola, il mio alunno che proclama ad alta voce la sua letterina a babbo natale "ti prego fa che la maestra di inglese cambi scuola altrimenti ti spezzo le gambe",i l natale che arriva e lui che come al solito non sa cosa regalarmi, la nuova arrivata in classe che si mette le mani alle orecchie quando urlo, l'ostentata indifferenza dei miei figli davanti alle nostre quotidiane discussioni, le scatole e i sacchi che ci stanno sommergendo senza che riesca a farci niente... e tutte le cose che volevo e non sono riuscita a fare, e il muschio nel sacchetto raccolto coi bambini un mese fa...

lunedì 12 dicembre 2011

Un Natale di tanto tempo fa

c'è una storia che racconto poche volte. perchè ogni volta mi viene da piangere, anche se è una vecchia storia, e non si piange volentieri con chi non conosci bene. era il 24 dicembre del '44. Novellara, provincia di Reggio Emilia. Qualcuno, sedicente partigiano, prende mio zio Arnaldo, 16 anni, per prendere mio nonno, Basilio. Mia madre, la quinta figlia, faceva 7 mesi quel giorno. Li hanno torturati a morte, e li avrebbero lasciati morire così se non fosse stato per la paura dei tedeschi che arrivavano.
mia nonna Clementina ha preso su la bicicletta ed è andata al comando tedesco a implorare che non ci fosse la rappresaglia. due bastavano.
questa è la storia della mia famiglia. non erano partigiani. erano vicini di casa, era il triangolo rosso, era la guerra civile.
quest'anno, il primo novembre in cimitero, guardavo la tomba su cui ci sono le foto dello zio e del nonno che non ho mai conosciuto e mi sono accorta che il suo compleanno era il 25 dicembre. mia nonna aveva sicuramente preparato i cappelletti, e ila gallina ripiena e la salsina per il lesso, e l'umido, e i tortellini dolci e la sua torta millefrutti, come ha continuato a fare per una vita, e mi è venuto ancora da piangere, come ora.
ho letto su facebook che un amico vorrebbe stanare i baby pensionati e portarli sulla strada per insegnargli i fatti della vita. mi dispiace, alessandro, ma i fatti della vita a mia madre, che comunque ha cominciato a lavorare a 14 anni, glieli ha già insegnati qualcun altro.