venerdì 31 agosto 2012

one morning caress

stamattina ho trovato su facebook il messaggio di una persona a cui voglio molto bene, con cui mi dedicava questa canzone.
la attacco qui, come quel mazzetto di talismani senza alcun valore oggettivo che mi portavo legati al collo quando avevo vent'anni.


When you think you've tried every road
Every avenue
Take one more look
At what you found old
And in it you'll find something new

Depeche Mode, One caress


martedì 28 agosto 2012

lo scaffale della mamma snaturata 5 - piccoli (grandi) uomini

 A JEAN-LUC GODARD

...
Amante di gesti e delle dichiarazioni spettacolari, altezzoso e perentorio, (...) stai sempre sul tuo piedistallo, indifferente agli altri, incapace di dedicare qualche ora disinteressata per aiutare qualcuno. Tra il tuo interesse per le masse e il tuo narcisismo non c'è posto per niente e per nessuno. (...) 
 Hai bisogno di recitare una parte, e che sia una parte prestigiosa; ho sempre avuto l'impressione che i veri militanti siano come le donne di servizio, lavoro ingrato, quotidiano, necessario.
Tu sei come Ursula Andress, un'apparizione di quattro minuti, il tempo di far scatenare i flash, due o tre frasi a sorpresa e via, di ritorno a un comodo mistero.
Dalla parte opposta rispetto a te ci sono i piccoli uomini, da Bazin a Edmond Maire, e poi Sartre, Buñuel, Queneau, Mendes France, Rohmer, audiberti, che chiedono notizie degli altri, li aiutano a riempire il modulo della previdenza sociale, rispondono alle lettere, hanno in comune una cosa: si dimenticano facilmente di se stessi e si interessano di più di quel che fanno che di quel che sono o di quel che sembrano. 
(...)
françois


" Se io avessi, come te, mancato alle promesse della mia ordinazione, avrei preferito che fosse per l'amore di una donna, piuttosto che per ciò che tu chiami la tua evoluzione intellettuale" (Il diario di un curato di campagna



Francois Truffaut, Autoritratto. Lettere 1945-1984, p. 210


lunedì 27 agosto 2012

puzza di letteratura

per me gli odori sono importanti più delle parole.
o dei rumori.
non si parla mai dell'inquinamento olfattivo, e invece io ogni volta che vado in un posto dove c'è puzza, e ce ne sono tantissimi purtroppo in italia, la prima cosa che penso è 'poveracci' (quell che ci vivono dentro). che dopo un po' non la senti più, ma non è che per quello non c'è più la puzza.
adesso, ripensandoci, tutti quei posti che paolo nori dice che lì c'è tanta letteratura, che ho capito che non vuol dire dei pezzi di libri ti tolstoj o di chiunque altro, che lui dice che sono questi:
a me sembra che la letteratura, più che nei centri congressi, sia più facile trovarla nella spazzatura, nei cassonetti, negli ospedali, sui filobus, nelle sale d’attesa degli ambulatori veterinari, nei bagni dei cinema, nei sottopassaggi abbandonati, sotto i cavalcavia, nei prati dopo che hanno smontato i tendoni dei circhi, nelle tabaccherie, nelle collezioni di francobolli, negli espositori delle cartoline, nei pavimenti dei bar quando sono cosparsi di segatura e in tanti altri posti ancora, ma è finito lo spazio di questo articolo.
sono tutti posti che, dalla puzza, io penserei solo a come andarmene prima possibile.
ah, ho pensato, per fortuna che era finito l'articolo sennò sai quanti altri posti puzzolenti che metteva, perché a parte forse le tabaccherie, e gli espositori che non sono dei luoghi, ce ne fosse uno che non puzza.
io ce ne avrei messo degli altri, tipo i campi di montagna, le osterie di paese, le sale d'attesa degli aeroporti, la cucina di mia nonna, la spiaggia quando non c'è più nessuno e le  banchine dei treni, che però lì la puzza c'è.


poesie sui muri

paolo nori ha scritto che  a lui non gli piacerebbe andare dal gommista e trovare scritto sul muro una frase di un romanzo, per esempio lui cita l’inizio di Anna Karenina  «Tutte le famiglie felici sono simili fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo».
perchè, dice nori, 'Secondo me, non che abbia niente contro i gommisti, ci mancherebbe, i gommisti mi sono simpatici, per non parlare dei supermercati, però, quello che volevo dire, che Tolstoj, secondo me non sarebbe molto contento, che, da un gommista, ci scrivessero l’inizio di Anna Karenina, non è il suo posto, i gommisti, sui muri, ci metton delle altre cose, i gommisti'. (il post è questo qui)
io, se andassi dal gommista e invece dei soliti poster con le tettone senza peli nè mutande vedessi scritto sul muro quella frase lì, soprattutto da quando anch'io faccio parte di quella categoria delle famiglie tutte diverse, che non lo so se è proprio vera, però in effetti ti dà da pensare, ecco, se la trovassi penserei: cacchio, però, sto gommista, e mi starebbe subito molto, ma molto simpatico, e ci potrei anche parlare, magari, invece di dovermi girare dall'altra parte e sperare che faccia prima possibile. anzi, prima penserei che forse il gommista è una donna, penserei. poi che è simpatico e tutto il resto. allora gli ho scritto una mail per dirglielo, a paolo nori, e gli ho scritto anche non sei d'accordo neanche tu, perché una volta hai detto 'Perché a me sembra che la letteratura, più che nei centri congressi, sia più facile trovarla nella spazzatura, nei cassonetti, negli ospedali, sui filobus, nelle sale d’attesa degli ambulatori veterinari, nei bagni dei cinema, nei sottopassaggi abbandonati, sotto i cavalcavia, nei prati dopo che hanno smontato i tendoni dei circhi, nelle tabaccherie, nelle collezioni di francobolli, negli espositori delle cartoline, nei pavimenti dei bar quando sono cosparsi di segatura e in tanti altri posti ancora, ma è finito lo spazio di questo articolo'.(il post è questo qui)
e io credo di aver capito, e anche di essere abbastanza d'accordo, a parte i cassonetti, che puzzano, e la poesia non può fare schifo,  i bagni dei cinema e i prati dopo dei circhi, che resta solo il l'erba secca con tutta la puzza del circo ma senza il circo, solo che io quando sto all'auchan come l'altro giorno e hanno messo Sì, viaggiare di lucio battisti, mi è venuto in mente che è da un pezzo che non la sentivo, da quando avevo il mangiacassette nell'A112che funzionava (il mangiacassette, la macchina va ancora) e avevo tutte le cassette di lucio e avevo la storia con l'uomo che volevo sposare e invece si è sposato con un'altra, e mettevo la musica a tutto volume con quel ritmo fluente di vita nel cuore, a me non me ne frega niente che sto al supermercato, e anche se spingo il carrello, quello non vuol dire niente, non importa niente dove sei, se mettessero su maria callas al supermarket io sarei felicissima, perché se una cosa è bella, se è meravigliosa, come maria callas che canta casta diva, ti entra dentro e un po' ti cambia, almeno ti cambia quel momento lì, che non è più solo fare la spesa e spingere il carrello.
 quello che fa schifo non sono le canzoni belle usate di sottofondo al supermercato, o le poesie o le frasi scritte sui muri,  magari fosse pieno come ho scoperto che è a leiden, in olanda, che su tutti i muri delle case ci sono delle poesie, c'è anche montale 
quello che fa schifo è come ho visto stasera in una pubblicità di non so cosa alla tivù che ci hanno messo il dies irae di mozart sotto. 
e lui mi ha risposto Quando facevo l'elenco dei posti dove si trova la letteratura, non intendevo delle frasi di Tolstoj. Le frasi dei romanzi, secondo me, sui muri, non ci stanno mica bene. 
io l'avevo capito, che quando diceva la letteratura si trova più ecc. ecc. intendeva dire che sono luoghi più letterari, che sono più carichi di significati poetici di altri, tipo, che ne so, i centri congressi (il che, sinceramente, con tutto il rispetto e l'ammirazione che ho e mi pare che l'abbiano capito tutti che ce l'ho, mi pare dicevo un po' -un po'- banale). ecco, io l'avevo capito, però se uno dice così, poi non può dire che gli piace di più vedere sui muri dei gommisti le solite cose che si trovano dai gommisti, e le frasi dei romanzi stanno bene nei libri, e poi fare un blog dove appendi le frasi dei romanzi come fosse la tua vetrina, come dire: ecco, il mio quadretto sì che è un bel posto, il gommista no.
che poi dal gommista ci vanno tutti, molti di più di quelli che leggono i blog, anzi mi sa che comincio a scrivere le poesie sui muri della scuola. beh, attacco un cartellone, non si può scrivere sui muri, a scuola.

sabato 25 agosto 2012

a casa da sola

sono a casa da sola da martedì. mauro ha portato i bambini a ostia, tornano lunedì.
io passo le giornate cercando di sopravvivere al caldo e facendo cose tipo questa:


geografia 1 - via san mafia

oggi quando sono uscita dalla biblioteca ho trovato una disperata che cercava una via, e mi chiede se so dov'è. via san mafia. come scusa? le faccio. via san mafia. no, guarda, via san mafia proprio... 
no, una cosa che le assomiglia, aspetta (e controlla sul cellulare)... ah no, via dalmazia.

norite acuta (post n. 100)

ho deciso che per guarire dalla norite acuta che mi ha assalito devo provare il rimedio estremo: l'overdose. così sono andata nella biblioteca più vicina e mi sono portata via tutto quello che avevano di paolo nori. la bibliotecaria, quando le ho dato il foglietto perché due libri non stavano a scaffale, mi fa: che strano, uno di questi due libri l'ho messo in magazzino proprio l'altro giorno perché erano cinque anni che non lo prendeva nessuno, anzi: non l'ha mai preso nessuno, vorrei fare uno scaffale con dei libri che non ha mai letto nessuno e scriverci sopra un cartello: ma mi merito proprio che non mi abbia ancora letto nessuno?, una cosa così. io ero tutta contenta che almeno facevo una cosa buona, che tiravo via da quello scaffale di sfigati paolo nori. però ero ancora molto triste, e depressa, perché prima ero stata nella stanza della narrativa, e anche lì al bancone del prestito, dove guardo sempre il carrello dei libri restituiti perché certe volte ci trovo delle cose proprio interessanti che non ci avrei mai pensato se non le avesse lette qualcuno, c'erano tantissimi libri che io non li avevo neanche mai sentiti nominare, e invece erano tutti consumati, anche libri grossissimi, anche tantissimi libri dello stesso autore, che per risparmiare posto li mettono tutti dentro a delle scatole col nome dell'autore davanti,  e io non li avevo mai neanche sentiti nominare, e invece tantissima gente li legge, pure.

venerdì 24 agosto 2012

ragazzo negro




quando avevo dodici tredici anni avevo due manie: i negri e gli ebrei.
in quarta elementare ci arrivò una maestra che io le farei un monumento, si chiama gabriella cabianca ed è una delle più brave maestre che conosco. molto ma molto egoisticamente, spero che non vada in pensione così farà la prima ad antonio. vabbè, comunque ci arriva questa maestra qua che ci legge sempre un pezzo di libro al giorno. io i libri che mi ricordo di più tra quelli che ci ha letto sono la capanna dello zio tom e il diario di anna franck.
questo libro qui sopra me lo sono comprata quando andavo alle medie. sapevo tutto di martin luther king. in tv davano il mitico sceneggiato Radici, e io poi ho letto anche il libro. poi ho cominciato a leggermi tutto quello che trovavo sugli ebrei.
kunta kinte, il protagonista di Radici
questo per dire che lo so che la parola 'negro' non si deve usare.
che poi: gli stessi afroamericani usavano la parola 'negro' (proprio questa, non la n-word, la parola impronunciabile, che io la pronuncio ed è nigger). sempre finché facevo le medie, nel miserabile mobiletto che costituiva la nostra biblioteca di classe ho trovato un fascicolo di negro spirituals che mi sono entrati nella carne e non ne sono usciti più, primo fra tutti Were you there when they crucified my lord. si chiamano ancora così, negro spirituals, come il romanzo sopradetto si chiama ragazzo negro, anche se mi pareva di aver letto che ne avevano fatto una versione 'ripulita'.
per non essere razzista, nel mio post avrei dovuto dire: dei tizi, degli stronzi, magari. ecco. perché io, che amo il piccolo chimico, quando uno dei miei alunni mi dice che non si dice negro, si dice di colore, io gli chiedo sempre: quale colore? e se mi dice che si dice africano, gli dico che anche il marocco è in africa, e non mi pare che il suo compagno di classe marocchino (oh, pare che bisogna stare attenti anche a usare sta parola qua) sia nero. potevo dire ghanesi, perché erano ghanesi, ma anche quello è razzista, in fondo.
la tragedia è che i miei alunni, tutti, sanno benissimo che non si deve dire negro, ma quando gli chiedo chi è martin luther king non sanno manco di chi parlo, e se gli chiedo come mai secondo loro negli stati uniti d'america ci sono tanti neri, che si devono chiamare afroamericani (e no di colore, che quello ce lo abbiamo tutti), mi rispondono: perché in america si stava meglio. 
allora gli racconto la storia di rosa parker, gli dico che è morta l'altr'anno, mica nell'ottocento. e faccio partire in the name of love, che a loro rimbambiti di coldplay gli pare chissà che. che lo è, poi.

campeggio 3 - autostop

 qualche anno fa c'era parecchia gente che faceva l'autostop. io in genere mi fermavo. l'autostop l'ho fatto una volta che dei negri mi avevano bloccato la macchina con la loro. non c'è stato verso che mi aprissero la porta per spostarla. erano svegli, ma non mi hanno mica aperto. era tardi, e dovevo riportare un paio di ragazzi a casa. non mi ricordo chi ci ha preso su, ma è stato dopo un sacco di tempo.
da sola non l'avevo mai fatto, ma la borsa della spesa era davvero troppo pesante. 
il frigo del camper non funzionava. al market super (si chiama così, giuro) del camping la frutta e la verdura aveva dei prezzi assurdi, il minimarket del paese peggio.così ho deciso  di andare al lidl che sta tre o quattro chilometri più su. ho aspettato la corriera per una buona mezz'ora prima di accorgermi della striscetta blu su quell'orario incomprensibile: dal 6 al 18 agosto vale, dove c'è, l'orario festivo. e basta.
insomma, è arrivato dopo un'ora e mezza.  quando ho chiesto all'autista se dovevo scendere lì, una da dietro fa: sei giovane, ti fai una bella camminata che ti fa bene! forse voleva dire: grassa.
io volevo dirle che ci sono quaranta gradi, ho la pressione bassa e sono appunto grassa, per cui faccio ancora più fatica. ma sono scesa e me la sono fatta, la bella camminata. quando sono uscita con la mia borsa piena di uva e pomodori, e pesche e bretzel, ho capito che non ce l'avrei mai fatta. pensavo alla leonessa che procaccia il cibo per i suoi piccoli. ma faceva tanto caldo, avevo una borsa sola e tutto il peso lì.
così ho messo fuori il dito sulla statale del lago, verso l'una del pomeriggio. nessuno. non si fermava nessuno. voglio dire, sono una donna di quarant'anni accaldata e sovrappeso, con un'enorme borsa della spesa strabordante di basilico e biscotti. forse pensavano tutti che fossi pazza, visto che nell'aspettare cantavo il mio repertorio migliore. sottovoce, però. facevo dieci metri e mi fermavo. finalmente uno si ferma. una polo. è marocchino, mi dice. divorziato. mi racconta che anche lui, quando non aveva ancora la macchina, faceva l'autostop e non si fermava nessuno.
grazie, fratello.

mercoledì 22 agosto 2012

campeggio 2 - ferragosto

a roma si augurano tutti buon ferragosto. a me suona strano. comunque, è la festa dell'assunzione di maria, e io vado a messa. a pacengo fanno una messa alle otto di mattina. ci vado che ancora tutti dormono.
a me piace cantare, e mi viene pure bene. a volte c'è qualcuno che si gira a guardare perché forse gli sembra impossibile che qualcuno canti in chiesa. a me mi si stringe il cuore, ad andare a messa che non canta neanche il prete. questo di pacengo invece per fortuna canta.
dice: facciamo il canto 284, mi pare. comunque io il libretto non ce l'ho. ma la so, questa. la so. mi si è anche rotta la voce dalla commozione e mi è venuta la pelle d'oca che se c'era bruno mario gliela facevo vedere, cos'è la pelle d'oca che me lo chiede sempre. sono passati vent'anni da quando l'ho imparata, sulla collina di Jasna Gora. era l'agosto del '91, giornata mondiale della gioventù, in una polonia che era ancora un altro mondo.

campeggio 1 - il partito dei poveri

era tanto che non facevo una vacanza in campeggio. siamo stati col camper dei miei sul lago di garda. 
avevo anche scritto un paio di post, ma non c'era il wifi gratuito, non ho potuto pubblicarli e adesso mi sembrano insulsi. comunque, il primo giorno, alla vana ricerca di un supermercato nel borgo di pacengo, ho visto su un cancello questo volantino:

 


la mamma snaturata e il cinema 4 - Zelig

tanti dei miei alunni guardano zelig. li fa ridere. a me no.
zelig si chiama così perché si rifà all'omonimo locale milanese di cabaret, che a sua volta prende il nome dal titolo del film di woody allen. il protagonista, zelig/woody, è affetto da una stranissima malattia: a seconda del contesto in cui si trova, si trasforma, anche fisicamente, anzi, si CONforma, si adatta per uniformarsi.
la sindrome di zelig, io ce l’ho nella scrittura. quando trovo uno che mi piace, mi viene da scrivere come lui (o lei). adesso per esempio dovrei smetterla di leggere il blog di paolo nori.
che siccome l’ho sentito alla radio, quando lo leggo sento il suo accento, che mi viene facile da sentire nella testa perché la mia nonna che viveva con me era di reggio emilia, e l’accento emiliano ce l’ho già dentro da quando sono nata, anche se sono veneta e montanara, e quindi quando poi mi metto a scrivere qualcosa, lo dico nella mia testa con quell’accento lì, e in quel modo lì, non è che dico che scrivo come paolo nori, perché non sono mica capace e poi non è che mi piaccia proprio tanto come scrive, ma mi viene lo stesso, per esempio io in genere non ripeto mai tutta una frase, e invece mi viene da ripeterla. però non so come fare, perché ormai quando prendo in mano il computer la prima cosa è andare a vedere se c'è un nuovo post nel suo blog, e per fortuna c’è sempre anche perché paolo nori sta tenendo un diario, che tra poco finisce, e a me, come jean pierre leaud in effetto notte, non piacciono le cose che finiscono.

giovedì 9 agosto 2012

compleanno


"Dio ha detto agli uomini di fare una cosa: di amarsi l’un l’altro. Questa cosa bisogna imparare a farla.
E per imparare questa cosa, bisogna: primo, non permettersi di pensare male di nessuno, chiunque sia; secondo, non dire male di nessuno; e terzo, non fare a un altro quel che non vuoi che lui faccia a te.
Chi imparerà tutto questo amerà tutti gli uomini, chiunque essi siano, e conoscerà la più grande gioia che c’è al mondo: la gioia dell’amore.
E io imparerò tutto questo, con tutte le mie forze"

Lev Tolstòj, Preghiera per la nipotina Sònička (scritta nel 1909, Tolstoj aveva 81 anni), in Perché la gente si droga? e altri saggi su società, politica, religione, a cura di Igor Sibaldi, Milano, Mondadori 2008, p. 490

citato da paolo nori in continuazione, per esempio qui

lunedì 6 agosto 2012

no dai, non può essere vero...

io sono una grafomane di necessità. come ho già detto qui, la scrittura è stata da sempre la mia uscita di sicurezza. il mio salvagente.
io con un foglio davanti sto tranquilla. al liceo, il lunedì avevamo il tema. una pacchia, la domenica libera.
io non so parlare, non sono capace, mi sento male. chiunque mi conosca un minimo lo sa.
non puoi accusarmi di questo, sarebbe come accusarmi di essere bionda o miope.
e non puoi dirmi che ti fa schifo scrivere lettere.
no, questo no, non può essere vero. mi si è accartocciato tutto addosso, come uno stupido castello di carte vecchie.
chi non scrive lettere ti porta in giro in moto. a cena fuori. ti regala l'anello di brillanti.
non puoi dirmi questo, adesso. questo no.