lunedì 20 ottobre 2014

italia mia, benché il parlar sia indarno 4 - politiche famigliari

 la prima volta che andai in francia, avevo un'amica con nonna a parigi, ci sono stata tre settimane di un luglio molto caldo, ricordo, ho visto praticamente tutto il vedibile, di parigi, conoscevo la metro a memoria, e dopo qualche mese ci sono anche tornata in gita con la scuola, beh, insomma, quella volta, la prima cosa che ho visto e che mi è rimasta impressa è che dappertutto, per le strade, c'erano dei manifesti enormi che facevano la pubblicità ai bambini. sì, quelle cose che vengono fuori dalle pance delle donne, per il momento almeno, dopo quasi dieci mesi. praticamente ste pubblicità erano perché le donne francesi facessero più bambini. la francia ha sempre avuto, con ogni colore politico, una grande attenzione alle politiche famigliari. in termini di agevolazioni fiscali, aiuti diretti e indiretti, politiche scolastiche eccetera. una scuola di musica, in francia, costa 50 euro all'anno. a scuola ti danno tutto, anche penne e quaderni. se hai tre figli, le agevolazioni sono tali che è più conveniente, per la madre, stare a casa invece che andare a lavorare. ci sono agevolazioni per asili e baby sitter anche se la madre non lavora.
oggi sento al tg3 che la francia investe il 4% del Pil per la famiglia. Il regno unito, che ha attualmente una percentuale di quasi due figli per coppia, più alta della media europea, che si attesta sull'1,6 figli per donna, spende il 4,2% del Pil.
L'italia, che ha la media figli per donna più bassa del mondo, investe l' 1,58% del Pil.
l'intervistato, un ricercatore demografo della fondazione agnelli, ha detto che queste politiche funzionano se vengono percepite come stabili nel tempo. Ma dai, sai che non l'avrei mai detto, che in italia credono tutti che basti sganciare un centone così, una tantum, per il corredino, che ci fai la spesa una settimana, o il buono pannolini, che il latte te lo danno a gratis, o la borsa di studio a turno, se hai l'ISEE da fame, che se l'anno dopo tua madre trova un lavoro in regola, tu devi stare a casa, dall'università, perché sfori.
che il professore, l'altra sera, mi fa: io mica lo so come facciamo, a mantenerne tre all'università. ah, gli ho detto, semplice, come vuoi che facciamo, ci separiamo.

giovedì 16 ottobre 2014

è che quando gli ho scritto che l'abbiamo avuto già tutti e due, il nostro amore a metà, volevo dirgli che sarebbe ora che ci dessimo da fare per averne uno intero, e invece mi sono venute altre cose, e così stiamo ancora lì a pensare a come poteva essere, e intanto la nostra possibilità di essere felici, l'unica, si rinsecchisce come il basilico sul mio davanzale, che basterebbe così poco, a volte, basterebbe smetterla.

giovedì 9 ottobre 2014

norite cronica - un fiammifero


oggi a fahrenheit, la trasmissione di radiotre che parla di libri, il libro del giorno è siamo buoni se siamo buoni di paolo nori. se vuoi vincere il libro del giorno devi telefonare e dire la parola che manca di una frase tratta dal libro.
io odio telefonare a gente che non conosco. io odio in generale parlare con gente che non conosco, ma il telefono è peggio, perché non posso neanche stare zitta.
così mi metto ad ascoltare la radio mentre aspetto i bambini che stanno al minivolley, e sento la frase: sono entrato in tabaccheria e ho chiesto un ........., ma il tabaccaio mi ha detto che li aveva finiti tutti.
un fiammifero. voleva un fiammifero. cose che non le vendono più. a me è successo, che sono entrata in tabaccheria perché volevo dei fiammiferi, quelle cartine di cartone piegato a metà coi fiammiferi tutti attaccati,due file, perché dentro al cartoncino c'è un piccolo soffietto, ma chi l'avrà pensata una genialata del genere, che ne staccavi uno e ne stringevi la testa tra le due metà della cartina dove c'era la carta vetrata, lo tiravi in fuori e si accendeva. non le fanno più, mi ha detto, solo i fiammiferi da cucina, solo quelli aveva.
fiammifero, devo telefonare e dire fiammifero. almeno devo provare, so quello che devo dire, nome, paese, fiammifero. ma il numero di fahrenheit, quello di telefono fisso non c'è da nessuna parte. il cellulare per i messaggi, ne mando almeno uno al giorno, tra le varie trasmissioni.
ma il fisso... quando lo trovo, che è un numero verde che tanto adesso non so cosa farmene perché figurati se vado a telefonare un'altra volta, e poi solo stavolta ero sicura che fosse la parola giusta, e solo stavolta mi interessava avere il libro del mese, beh, mi interessava anche quello di ieri che era di doninelli, ma ormai anche ieri è passato. 
fiammifero. continuo a telefonare e per fortuna è sempre occupato. perché io odio telefonare a chi non conosco, mi si seccano le fauci, non so cosa dire, figuriamoci poi se mi fanno parlare in radio, però stavolta, il fiammifero, e poi dire cosa, mi verrebbe sicuramente fuori una schifezza, tipo sì, sono una fan di paolo nori, no, fan non lo posso dire, non sono mai stata fan di nessuno neanche quando avevo 15 anni, mai capito quelle che si tenevano i poster in camera, le figurine nel diario coi cuoricini intorno, no, un ammiratrice, che cazzo di parola: ammiratrice, va bene per de carlo, una lettrice, potevo dire, magari dicevo che sono innamorata di paolo nori, ma che cazzata, insomma il telefono a un certo punto è libero, è libero, ma non risponde nessuno, è libero perché hanno già indovinato, e almeno ditelo, lascia perdere, abbiamo già fatto, grazie, invece continua a suonare, io lì terrorizzata che spero che non risponda nessuno, e non risponde nessuno, comunque poi si sentono gli ascoltatori che dicono cose che non c'entrano niente tipo il sigaro, lo svuotapipe, e una fa: francobollo, e io ho pensato: ovvio laura, era il francobollo, scema, e infatti era il francobollo.
ho scoperto che si chiamano 'minerva'