martedì 25 febbraio 2014

passioni


una mia amica mi parla della sua passione per i cavalli. uno non  capisce, mi dice. che lei, per il cavallo, ha rinunciato a tantissime cose. che a stare lì, a pulire il cavallo, ecco, l'ambiente no, non le piace, ma i cavalli, hai presente la libertà? mi dice. una cosa che la gente, la gente non capisce.
io sì, che lo capisco.
io, cantare, cantare mi è sempre piaciuto. mia madre mi dice che volevo andare allo zecchino d'oro. a me sembra impossibile,  non me lo ricordo proprio, comunque non se ne parlava neanche.
è che l'opera, l'opera lirica mi sembrava una cosa assurda.
quando finalmente hanno messo un corso di canto, alla scuola di musica, ho pregato mia madre di iscrivermi, ma avevo già più di vent'anni, purché non fosse l'opera lirica. la mia maestra, devo dire, mi ha fatto studiare anche gershwin. comunque, in quel periodo lì, sta cosa mi è scoppiata dentro. era il periodo in cui, guarda caso, il corriere della sera pubblicava l'opera in 24 cd di maria callas.
ho provato l'ammissione al conservatorio, non mi hanno presa.
l'anno dopo, che ormai stavo al limite di età, ho provato in tre conservatori, anche se non si potrebbe. non mi ha voluta nessuno.
poi ho trovato un'altra maestra, e al saggio di natale della scuola, c'era uno che era anche andato alla corrida, un tenorino, che mi fa: ma tu, ti credi tanto meglio di noi? io gli ho risposto no, che non lo so come gli fosse venuta questa idea, che sinceramente non ce l'avevo, soprattutto perché non li avevo ancora sentiti, gli altri, che se li sentivi parlare, marianna, erano tutti bravissimi, io mi sentivo una merda, poi ho capito perché me l'aveva chiesto, perché lui invece a me mi aveva sentita, lo stronzo. che poi, una volta che abbiamo cantato l'elisir d'amore al suo paese, e facevamo il duetto, mi teneva il fianco, e mi fa: quando ti stringo, chiudi, e io ho chiuso, ma lui no, per tenere l'acuto più lungo. poveraccio.
poi dopo albano mi ha portato da una maestra del suo paese, che ospitava in casa sua il maestro gajoni, un maestro alla toscanini, che quando mi ha sentito, mi fa: ma lei, ha la fede? io gli ho risposto sì, e lui mi ha detto: guardi che il padreterno, quel giorno, non le chiederà se ha fatto bene la maestra. le chiederà conto della voce che le ha dato.
poi, il maestro fece un ictus, ma quando andavo a lezione, si commuoveva, a sentirmi cantare, e gridava: questa qui la mandiamo alla scala!
ma mi sono sposata, e ho dovuto lasciare anche questo, se non fosse che mi capita, per alunna, la figlia di un'insegnante di canto al conservatorio, le ho chiesto se mi sentiva, mi ha sentito, mi ha detto che ho un timbro bellissimo, tebaldiano, anche meglio.
mi preparavo all'esame di terzo anno, che ancora si poteva fare, ma è arrivato ago, poi bruno, poi antonio... e sono tornata su mentre la mia maestra di un tempo si è trasferita a napoli.
qualche messa di matrimonio, sempre meno. e il canto nel mio coro.
è che ho il reflusso, ho fatto perfino la cura che non volevo fare, e mi manca il fiato, che non è, come mi ha detto mio fratello, che non uso il diaframma, è che ho una palla in gola, come se avessi sempre il magone. non riesco più a cantare, non mi viene neanche il fiato a parlare, figuriamoci a cantare.
a scuola, faccio fatica con le canzoncine, io che tutti stavano muti a sentire, e si guardavano come dire: ma che è, sta roba? quando cantavo.
sento che è finita, che non servono a niente, le diecimila ore del dominio talento, quando il fisico ti abbandona.
cantare era la mia passione. figurati se non capisco.


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