stamattina di sfuggita ho sentito questa parola alla radio, è stato come una folgorazione, ho pensato, parafrasando la canzone dei beatles che ho insegnato ai miei alunni per san valentino, all you need is love, 'there's nothing you can think that isn't thought', stava in un articolo di stella, che a sua volta citava tale antonio merlo.
antonio merlo è un economista dell'università di pennsylvania, ma il conio della parola non è suo. pare infatti, da quello che lui stesso scrive in un lavoro del 2007 scritto con andrea mattozzi, dal titolo omonimo mediocracy, che se ne parli già dal 1975. in nota a pag. 1 del suddetto abstract, infatti, si legge:
la cosa originale di merlo-mattozzi è che hanno elaborato un modello matematico per spiegare come mai in molti paesi, e in particolare in italia, al governo ci sia la gente che c'è, che io, chiamarla la casta, non so, mi pare troppo ecco.
nell'abstract i due dichiarano:
'Abbiamo dimostrato che un partito politico può deliberatamente decidere di assumere
solo mediocri politici, nonostante il fatto che poteva permettersi di reclutare le persone migliori che volessero diventare politici', nella convinzione che questo loro lavoro contribuisca a 'spiegare l'osservazione che in molti paesi la classe politica è per lo più composta da persone mediocri'.
beh, io non ci capisco niente di tutte quelle variabili, ma quello che mi è parso di capire è che i partiti puntano sui mediocri intenzionalmente, metodicamente anzi, e lo fanno perché questo garantisce loro la miglior sopravvivenza possibile.
in un articolo del 2011 ho trovato un grafico che indica come nella prima legislatura della cosiddetta seconda repubblica i laureati fossero il 90 % dei parlamentari, nella XV meno del 70. questo oltretutto mentre la media nazionale è cresciuta notevolmente.
la mediocracy è un sistema dei migliori: si autoalimenta.
in un'intervista molto meno tecnica, merlo spiega che l'unica speranza sarebbe
“che la attuale classe dirigente facesse un passo indietro o i cittadini elettori uno in avanti. Una strada potrebbe essere quella di una costituente che richiami intorno a un tavolo le forze politiche, i giuristi, gli economisti insomma il meglio del Paese per coglierne i segnali e ridisegnare le strutture della democrazia a partire dai meccanismi di selezione della classe politica. Un sistema proporzionale uninominale toglierebbe ai partiti la certezza di governare e rischiando di perdere anche per un solo voto si troverebbero incentivati a candidare le personalità migliori e non degli yesman” (intervista al Fatto quotidiano, sempre del 2011).
eh sì, come no.
antonio merlo è un economista dell'università di pennsylvania, ma il conio della parola non è suo. pare infatti, da quello che lui stesso scrive in un lavoro del 2007 scritto con andrea mattozzi, dal titolo omonimo mediocracy, che se ne parli già dal 1975. in nota a pag. 1 del suddetto abstract, infatti, si legge:
According to th Webster's Third New International Dictionary of the English language, mediocracy is defined as: 'rule by the mediocre'. For a discussione on the origin of the term and its relevance for politics see, e.g., Tribe (1975).
la cosa originale di merlo-mattozzi è che hanno elaborato un modello matematico per spiegare come mai in molti paesi, e in particolare in italia, al governo ci sia la gente che c'è, che io, chiamarla la casta, non so, mi pare troppo ecco.
in un articolo del 2011 ho trovato un grafico che indica come nella prima legislatura della cosiddetta seconda repubblica i laureati fossero il 90 % dei parlamentari, nella XV meno del 70. questo oltretutto mentre la media nazionale è cresciuta notevolmente.
la mediocracy è un sistema dei migliori: si autoalimenta.
in un'intervista molto meno tecnica, merlo spiega che l'unica speranza sarebbe
“che la attuale classe dirigente facesse un passo indietro o i cittadini elettori uno in avanti. Una strada potrebbe essere quella di una costituente che richiami intorno a un tavolo le forze politiche, i giuristi, gli economisti insomma il meglio del Paese per coglierne i segnali e ridisegnare le strutture della democrazia a partire dai meccanismi di selezione della classe politica. Un sistema proporzionale uninominale toglierebbe ai partiti la certezza di governare e rischiando di perdere anche per un solo voto si troverebbero incentivati a candidare le personalità migliori e non degli yesman” (intervista al Fatto quotidiano, sempre del 2011).
eh sì, come no.
Nessun commento:
Posta un commento