domenica 16 giugno 2013

vittime e carnefici

 P.S. questo post l'ho cominciato a scrivere ieri sera, sabato. oggi era la seconda giornata, della festa del bambino, e da leggere mi sono portata 'ragione e sentimento'. 

ieri sono andata al supermercato a comprare un regalo perché ago aveva un compleanno. io volevo prendere un libro, poi abbiamo preso una spada da samurai che spara acqua. io ho comprato per il papà il libro 'come smettere di fare la vittima e non diventare carnefice'.
era ovvio che era una specie di 'a che gioco giochiamo' de noantri, comunque magari qualche spunto interessante lo dà. poi, come al solito, i libri che gli regalo li leggo sempre io.
 e questo, per me, comincia male. non so quanti libri abbia scritto, sto giulio cesare, ma finora non gli era mai venuto in mente di parlare della sua poetica. ecco, con la mia solita fortuna, lo fa proprio in questo libro qua.
come ho già detto altrove (qui), a me dà fastidio che uno scrittore parli della sua poetica. del come scrive, di cosa vuole metterci dentro ai suoi libri. cioè, che dica quali sono le sue intenzioni. intanto perché l'intenzione, quasi sempre, è superiore al risultato, e poi sentirla dire rende il risultato artificioso, e, quindi, per me, sgradevole. perché l'artificio è finto, è superfluo. e a me, la letteratura, mi pare che funzioni solo se è necessaria. per lo scrittore, prima di tutto. 
mio marito, ieri sera quando gli ho parlato di sto libro, mi ha detto che io leggo troppa letteratura, e che sì la letteratura è realtà, ma LA realtà non è LA letteratura.
in realtà, io leggo pochissimo. non che sia un merito, non lo è affatto. non è che leggere non mi piaccia, è che quando comincio un libro, devo andare fino in fondo. quando sono andata per la prima volta a casa del professore, per esempio, seicento chilometri con la mia A112, ho trovato tra i suoi libri il coraggio del pettirosso, di maurizio maggiani, e non ho fatto altro che leggere quel libro lì, finché non l'ho finito, che se qualcuno non l'ha letto, lo legga, per piacere, perché è un libro bellissimo. non capisco come fa uno che fa il professore di italiano e che aveva letto questo libro meraviglioso prima di me e anzi è quello che mi ha permesso di leggerlo dica che io leggo troppa letteratura. mah.
comunque, io, come ho già detto, credo che la scrittura sia un modo di capire il mondo, quello che mi succede, credo che abbia moltissimo a che fare con la realtà, anzi, non lo credo, ne sono assolutamente sicura.
e  mi fa un certo piacere scoprire che quello che ho scritto in uno dei miei primi post, quando ancora manco sapevo che esistesse, paolo nori, tanto per citarlo anche oggi, paolo nori ci pensa anche lui, che la scrittura è un modo per pensare, e lo fa per esempio qua, citando a sua volta luigi malerba:
Luigi Malerba, quando gli han chiesto perché scriveva, ha risposto «Per capire quello che penso», che è una bellissima risposta però non è il mio caso, io scrivo per disperazione e di solito non capisco niente, e se, per caso, qualche volta, mi sembra di capire qualcosa, sono cose che non si possono dire.

ecco. mi è venuta in mente sta roba qua, mentre leggevo la nota per il lettore. questo dopo che ho pensato che sto libro, di letteratura, non ha proprio niente.
poi un'altra cosa che ho pensato è che la scrittura non c'entra praticamente niente col parlare, per esempio. una volta, dopo che avevo letto già quasi tutto, di calvino, ho letto un'intervista sua in cui diceva più o meno che, per lui, parlare era sempre stato un problema. gli dava fastidio, 'questa roba che esce dalla bocca, informe, molle molle...', e io, quando l'ho letta, mi sono sentita come quando uno mi ha detto che mi aveva capita, ed era vero. 
lo dico perché il signor professor giulio cesare ficca le virgole in ogni dove. anche tra soggetto e predicato. anche se quelle ebeti di maestre continuano a dire che non si fa. a parte che non ci sono più, le maestre che dicono ste robe qua. perché non ci sono quasi più, le maestre che sanno le regole della punteggiatura. che poi questa non è, come ho già scritto qualche tempo fa su fb, una convenzione, è una regola che ha a che fare con la logica. nota bene, il professor giacobbe è stato professore di logica per vent'anni. e lui, proprio lui ha inventato, udite udite, la virgola enfatica.
anch'io, come il signor giulio cesare, penso di essere abbastanza brava a usare la punteggiatura, ma non è che mi metto a dire che sono uno dei pochi scrittori contemporanei a saperla veramente usare, o che quando scrivo uso il volgare, scritto così, in corsivo, per dire la lingua parlata, che poi lui dice il linguaggio parlato, io direi la lingua, ma insomma non è che vado a dire ste menate qua all'inizio di un libro, a parte il fatto che io i libri non li scrivo proprio.
inoltre, cosa per me veramente fastidiosa, il signor professor giulio cesare va a capo ad ogni punto fermo. perché, dice lui, bisogna fare una pausa tutte le volte che si fa nel linguaggio parlato (ecco la famosa virgola enfatica). sempre ribadendo che io userei lingua, non linguaggio, io non sono tanto d'accordo.
perché vabbè che vuoi enfatizzare, ma insomma andare a capo ogni volta, più che enfatizzare, finisce per affaticare. innervosire.
a me, almeno,  dà fastidio. soprattutto se metti un punto ogni due parole.
insomma, giacobbe (sì, perchè questo si chiama giulio cesare di nome, giacobbe di cognome ): fly down, un po', va'. per cominciare. parliamo del resto, poi.
il libro l'ho iniziato e finito oggi pomeriggio, mentre stavo dietro, si fa per dire, ai bambini che ho portato al parco per la festa del bambino. la pro loco, una volta l'anno, affitta un bel po' di gonfiabili e li mette al parco gratis per tutti i bambini. una cosa fantastica, direi. dopo mezz'ora, antonio si annoiava. così ha detto. io non avevo alcuna intenzione di spingerlo sull'altalena, anche perché una volta che ci sono i gonfiabili gratis, senza fila, tutti in un colpo, ma vacci, no?
insomma se n'è andato a casa con mauro, e io sono rimasta lì con bruno. e ho finito il libro, beh, saltando qualcosa, perché, per esempio, non mi ci vogliono dieci pagine di esempi per capire chi sia 'Lamentoso', o 'crocerossina', o 'atlante'.
la teoria di giacobbe è molto semplice, oltre che, come dice il retro di copertina del libro, 'rivoluzionaria'.
ci sono i bambini, 'le uniche vere vittime', e poi gli adulti con nevrosi infantile (praticamente tutti, a parte quelli che hanno letto i libri di giacobbe e/o seguito il suo traning, scaricabile dal suo sito al direi modico, rispetto alle tariffe correnti degli psicoterapeuti, prezzo di poco più di 200 euri) che devono diventare adulti e, infine, genitori. nel senso figurato, ovviamente.
ci sono dei cortocircuiti logici, che notoriamente mi infastidiscono oltremodo, di cui vorrei parlare col prof giacobbe, ma siccome mi pare di aver capito che, come del resto la maggior parte dei maschi, non ha un'alta considerazione dell'altro sesso, evito di perdere e di fargli perdere del tempo prezioso.
la cosa più problematica di sti libri, per me, è che a. hanno una soluzione a tutto. b., io ho l'ossessione del bene e del male, categorie, queste, che vengono accuratamente evitate dai compilatori di queste categorie di manuali.
cercando in rete delle notizie sul libro, ho trovato un blog che già dal titolo mi è piaciuto, si chiama 'giramenti', in cui c'è una recensione che dice molte cose che avrei voluto dire io, ma forse meglio, quindi metto il link, e sono a posto. il succo del discorso è che, se vuoi smettere di fare la vittima e non diventare carnefice, essere femmine non aiuta, tanto


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