ieri in aula insegnanti, due colleghe delle medie stavano scrivendo un avviso per una mostra, in cui dovevano dire alle famiglie che gli alunni dovevano arrivare autonomamente a vicenza, così da evitare i costi del pullman, e hanno convenuto di scrivere che
gli alunni dovranno essere AUTOMUNITI.
dopodiché, arrivati a vicenza, gli alunni saranno ACCOLTI dalle insegnanti davanti a palazzo capitanato.
e mi sono venuti in mente dei post di paolo nori, ogni tanto ne scrive uno, che parlano della lingua che si insegna a scuola, che è una lingua che non esiste e non parla nessuno, che poi io non è che sono tanto d'accordo, però a sentire ste robe, magari a uno gli vien da pensare che è vero. un pezzetto per esempio è questo, che parla del centro loris malauguzzi, dove c'è un archivio dei lavori dei bambini delle scuole dell'infanzia di reggio emilia:
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gli alunni dovranno essere AUTOMUNITI.
dopodiché, arrivati a vicenza, gli alunni saranno ACCOLTI dalle insegnanti davanti a palazzo capitanato.
e mi sono venuti in mente dei post di paolo nori, ogni tanto ne scrive uno, che parlano della lingua che si insegna a scuola, che è una lingua che non esiste e non parla nessuno, che poi io non è che sono tanto d'accordo, però a sentire ste robe, magari a uno gli vien da pensare che è vero. un pezzetto per esempio è questo, che parla del centro loris malauguzzi, dove c'è un archivio dei lavori dei bambini delle scuole dell'infanzia di reggio emilia:
ho letto che quello scrittore lì, che si chiama Lorenzo Silva, e è nato a Madrid nel 1966, «è autore di numerosi libri», e ho pensato che nelle quarte di copertina i libri son sempre numerosi, non sono mai tanti; e che la scuola il mestiere che fa, forse, è un po’ quello lì, di dare un tono alle nostre scritture, di insegnarci a scrivere in una lingua che non è esattamente la nostra lingua madre, una lingua dove non si arriva ma si giunge, dove non ci sono mamme ma madri, e non ci sono babbi ma padri, e non ci sono vecchi ma anziani, e non ci sono macchine ma autovetture, e non si dice «Che ti venga un canchero» ma «Vai al diavolo», e mi è venuto in mente lo scrittore e matematico russo Aleksandr Zinov’ev che nel libro Cime abissali si chiede come mai, in Unione sovietica, l’università riusciva a produrre, dalle decine di migliaia di studenti dotati che tutti gli anni si iscrivevano, quel centinaio di burocrati che ogni anno si laureavano con il massimo dei voti, e mi è venuto da pensare che un lavoro come quello che fa il centro internazionale Loris Malaguzzi, di conservare quelle scritture così belle, così poetiche e così strampalate, è un lavoro che meno male che c’è qualcuno che lo fa.
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