oggi al giornale radio hanno raccontato che, in agosto, dei genitori hanno pestato a sangue un bambino di dieci anni, compagno di squadra del loro figlio, reo di non avergli passato la palla e quindi di aver pregiudicato irrimediabilmente l'esito della partita.
io amo il calcio. che adesso non va neanche più di moda. se mai lo è stato. adesso va tanto il rugby. che mi piace tanto anche quello, solo che non sono ancora riuscita a capire le regole.
il calcio che amo io è quello che non c'è più, quello di quegli omini smilzi che zigzagavano tra la difesa -il dribbling- e miracolosamente piazzavano la palla proprio in quell'angolino là, dove nessun essere umano avrebbe mai potuto arrivare. che magia. il calcio giocato in strada, nelle piazze dei nostri paesi, nei campi di fango del brasile, tra la polvere delle favelas di tutto il mondo.
perché non serve niente, per giocare a calcio: qualcosa da calciare, due pali o anche meno a fare da porta. regole semplici, obiettivo ancora più semplice: fare goal.
ma non ci riesco più, a guardarlo, non riesco più a guardare quei bambini di cinque anni con i parastinchi e le magliette che gli arrivano alle ginocchia, e la borsa più grande di loro.
ieri una madre raccontava che a suo figlio, anni 6, per la modica cifra di 80 euro hanno dato: un bellissimo giubbotto di buona qualità, una tuta, una divisa in acetato di quelle qui sopra che gli arrivano alle ginocchia, le scarpe, le calze, il cappello, il KW, il borsone e non so che altro.
non sopporto più i genitori, che se non arrivano a menare i compagni di squadra, cercano comunque soddisfazioni e vittorie personali sulla pelle dei loro figli. ma perché non si fanno una squadra di calcetto, e non ci vanno loro, a farsi rompere le gambe sul campo???
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