giovedì 17 ottobre 2013

16 ottobre 1943

16 ottobre 1943
l’altro giorno, quando si è posto il problema del funerale negato a priebke, io, da cristiana ingenua, pensavo fosse perché, in genere, i nazisti non erano cattolici.
così ho fatto una ricerca su internet, e ho trovato che, infatti, Priebke è stato battezzato nel ’48 da tale alois pompanin, per farlo espatriare sotto falso nome in argentina, lungo quella che viene chiamata la ‘ratline’, la via di fuga di molti gerarchi nazisti verso paesi del sudamerica o la spagna.
che poi, la morte di priebke, col circo del suo funerale e della bara che sta ancora girando per l’italia, e il suo testamento definito ‘choc’ dai giornali, testamento video in cui, lo ricordo per chi non avesse letto i virgolettati sui giornali,  il centenario, che se non gli veniva un infarto andava ancora a farsi la spesa da solo, e a messa, dicono, il centenario diceva che lui c’era andato, ad auschwitz, e ha visto solo delle grandi cucine e pure un bordello, in cui gli ebrei potevano sfogarsi a loro piacimento, ecco, questa storia qua avviene a poche ore dalla commemorazione del cinquantesimo della deportazione degli ebrei romani ad auschwitz.
ieri alla radio hanno fatto una serie di trasmissioni su quella tristissima giornata,  in cui i tedeschi sono andati casa per casa a prendere gli ebrei, avevano delle liste, che o le avevano prese in prefettura, perché dalle leggi razziali del ’38 avevano fatto tutto un censimento degli ebrei italiani, oppure, cosa per cui propenderei, dalle liste che avevano rubato qualche giorno prima dalla sinagoga o dal centro e ebraico, non mi ricordo.
molti ebrei si salvarono perché nascosti da romani loro concittadini, che fecero molto per aiutarli.
giorni prima i tedeschi, bastardi, si erano fatti dare cinquanta chili d’oro con la minaccia di prendere 200 uomini validi in ostaggio. l'oro fu faticosamente trovato, e alla raccolta contribuirono molti non ebrei, che diedero quello che avevano, facendo apporre nella lista dei donatori la sigla n.n.
al momento della retata, i tedeschi consegnavano un foglietto in cui c’era l’elenco di cosa portare, tempo 20 minuti: tessere annonarie, soldi, gioielli, cibo per almeno 8 giorni, vestiti, coperte.
si diceva anche che i malati, ancorché gravissimi, non potevano essere assolutamente lasciati e che l’infermeria era al campo.  e di chiudere  a chiave la porta.
prima li portarono in un collegio militare coi camion, poi da diligenti tedeschi fecero un puntuale controllo e rilasciarono i coniugi di matrimoni misti e i figli di matrimoni misti. nacque anche un bambino. rimase nel gruppo una donna cattolica che si dichiarò ebrea per non abbandonare un piccolo orfano affidato alle sue cure.
poi li portarono tutti  mille e passa alla stazione tiburtina e li spedirono direttamente ad auschwitz con 18 carri bestiame, il 18 ottobre. ad essi si era aggiunta spontaneamente una donna, costanza calò, sfuggita alla retata, ma che non volle abbandonare il marito e i cinque figli. arrivarono il 22 sera, ma li tennero nei carri fino al mattino dopo.
ne sono tornati 16.

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