giovedì 31 ottobre 2013

crepes

l'altro giorno ho dovuto stare a casa dei miei perché c'era mio nipote e loro dovevano uscire. arriva l'ora della merenda e non c'era niente di niente da mangiare.
ho pensato che forse le uova c'erano, ci sono sempre, e c'erano, volevo fare le crepes ma tutte le ricette che ho trovato richiedevano almeno mezz'ora di riposo, e io non ce l'avevo, poi ho trovato questa ricetta nel blog I menù di benedetta, che si definisce blog non ufficiale di ricette scritte di benedetta parodi viste in tv. da cui mi pare chiaro che non è benedetta in persona, a curare il blog, ma dai commenti pare che io sia l'unica ad averlo capito, il che mi fa venire qualche dubbio. più di uno. mah.
comunque, come ho scritto nel commento, a me benedetta parodi non è che mi piaccia tanto. non mi piace neanche antonellina, anzi non mi piace è un eufemismo, ma la prova del cuoco ha spesso cuochi veramente bravi, e almeno fino a qualche anno fa, quando lo guardavo, la clerici aveva la decenza di ammettere di essere assolutamente negata per la cucina, cosa peraltro chiarissima a chiunque guardasse la trasmissione.
però questa ricetta l'ho provata: veloce e veramente buona, forse un po' dolce, ma ai bambini è piaciuta un sacco, quindi, che dire? grazie, benedetta e grazie a chi cura sto blog, chiunque esso sia.
la ricetta è questa:

Ingredienti Crepes Dolci alla Marmellata per 4 persone:
  • 2 uova
  • 2 cucchiai di zucchero
  • 2 cucchiai di olio di semi
  • 1 bustina di vanillina
  • sale
  • 300 ml di latte
  • 180 gr di farina
  • marmellata qb
  • zucchero a velo
  • olio di semi qb per la cottura

mercoledì 30 ottobre 2013

contro il computer 1

è cominciato tutto con un articolo su avvenire, che ho anche fotocopiato e attaccato alla macchinetta del caffè, a scuola, un'intevista a giovanni reale sul fatto che la rivoluzione tecnologica sarebbe paragonabile all'invenzione della stampa, cosa che reale nega decisamente, per una serie di motivi. l'articolo riassumeva il libro pamphlet di reale, che ho subito ordinato su amazon. ma avevo finito i soldi nella carta. dopo un po', comunque, l'ho comprato. le tesi di reale sono esposte in modo poco articolato, più come assiomi, e io avevo bisogno di altro. la bibliografia però mi è stata molto utile. ho deciso di cominciare da quello che mi ispirava di più: il libro di uno dei fondatori della rete che si definisce uno scettico, clifford stoll (finora non avevo mai saputo che faccia avesse, comunque è simpatico, dai)
High Tech Heretic: Why Computers Don't Belong in the Classroom and Other Reflections by a Computer Contrarian (1999).
sicuramente, ne sa dei computer più di reale, con rispetto parlando. se anche lui ce l'ha coi computer, a scuola soprattutto, avrà le sue buone ragioni.
il libro l'ho preso in biblioteca proprio dopo aver visto, in uno dei soliti documentari che mandano su rai tre all'una di notte su un liceo in danimarca in cui non esistono libri, aule, lezioni frontali. dappertutto ci sono spazi aperti dove i gruppi di lavoro degli alunni si aggregano secondo i loro interessi, gli insegnanti girano col tablet affiancandosi come facilitatori, se vogliono possono stare a scuola quanto vogliono, e molti ci stanno fino a sera, ci sono anche comode poltrone a sacco, posti nuovi e accattivanti, insomma, un bel vedere, un bello stare.

martedì 29 ottobre 2013

lo sport più bello del mondo


oggi al giornale radio hanno raccontato che, in agosto, dei genitori hanno pestato a sangue un bambino di dieci anni, compagno di squadra del loro figlio, reo di non avergli passato la palla e quindi di aver pregiudicato irrimediabilmente l'esito della partita.
io amo il calcio. che adesso non va neanche più di moda. se mai lo è stato. adesso va tanto il rugby. che mi piace tanto anche quello, solo che non sono ancora riuscita a capire le regole.
il calcio che amo io è quello che non c'è più, quello di quegli omini smilzi che zigzagavano tra la difesa -il dribbling- e miracolosamente piazzavano la palla proprio in quell'angolino là, dove nessun essere umano avrebbe mai potuto arrivare. che magia. il calcio giocato in strada, nelle piazze dei nostri paesi, nei campi di fango del brasile, tra la polvere delle favelas di tutto il mondo.
perché non serve niente, per giocare a calcio: qualcosa da calciare, due pali o anche meno a fare da porta. regole semplici, obiettivo ancora più semplice: fare goal.
ma non ci riesco più, a guardarlo, non riesco più a guardare quei bambini di cinque anni con i parastinchi e le magliette che gli arrivano alle ginocchia, e la borsa più grande di loro.
ieri una madre raccontava che a suo figlio, anni 6, per la modica cifra di 80 euro hanno dato: un bellissimo giubbotto di buona qualità, una tuta, una divisa in acetato di quelle qui sopra che gli arrivano alle ginocchia, le scarpe, le calze, il cappello, il KW, il borsone e non so che altro.
non sopporto più i genitori, che se non arrivano a menare i compagni di squadra, cercano comunque soddisfazioni e vittorie personali sulla pelle dei loro figli. ma perché non si fanno una squadra di calcetto, e non ci vanno loro, a farsi rompere le gambe sul campo???

venerdì 25 ottobre 2013

egli

ho fatto il verbo essere in inglese nelle classi terze.
bambini di otto anni.
per chiarire l'argomento, ho preferito prima dirlo in italiano.
allora bambini, io...SONO!
bene, tu...SEI!
ok, egli...
sgomento e silenzio.
la parola 'egli' non è contemplata nel vocabolario di un bambino italiofono di otto anni.
neanche 'essi', veramente.
ho dovuto tradurre con 'lui' e 'loro'.
a fatica, comunque.
e mi è venuto in mente che in seconda o terza elementare, dovendo scrivere dei pensierini, ho litigato con mia madre perché volevo scrivere 'stamane' invece di 'stamattina', che l'aveva detto quello del telegiornale.

sabato 19 ottobre 2013

masterpiece 2

ecco, adesso lo so: hanno detto ora che quelli che hanno mandato il manoscritto (qualcuno l'ha scritto in due settimane, dopo aver sentito che c'era il talent, immagino) a masterpiece sono stati 5000.


giovedì 17 ottobre 2013

16 ottobre 1943

16 ottobre 1943
l’altro giorno, quando si è posto il problema del funerale negato a priebke, io, da cristiana ingenua, pensavo fosse perché, in genere, i nazisti non erano cattolici.
così ho fatto una ricerca su internet, e ho trovato che, infatti, Priebke è stato battezzato nel ’48 da tale alois pompanin, per farlo espatriare sotto falso nome in argentina, lungo quella che viene chiamata la ‘ratline’, la via di fuga di molti gerarchi nazisti verso paesi del sudamerica o la spagna.
che poi, la morte di priebke, col circo del suo funerale e della bara che sta ancora girando per l’italia, e il suo testamento definito ‘choc’ dai giornali, testamento video in cui, lo ricordo per chi non avesse letto i virgolettati sui giornali,  il centenario, che se non gli veniva un infarto andava ancora a farsi la spesa da solo, e a messa, dicono, il centenario diceva che lui c’era andato, ad auschwitz, e ha visto solo delle grandi cucine e pure un bordello, in cui gli ebrei potevano sfogarsi a loro piacimento, ecco, questa storia qua avviene a poche ore dalla commemorazione del cinquantesimo della deportazione degli ebrei romani ad auschwitz.
ieri alla radio hanno fatto una serie di trasmissioni su quella tristissima giornata,  in cui i tedeschi sono andati casa per casa a prendere gli ebrei, avevano delle liste, che o le avevano prese in prefettura, perché dalle leggi razziali del ’38 avevano fatto tutto un censimento degli ebrei italiani, oppure, cosa per cui propenderei, dalle liste che avevano rubato qualche giorno prima dalla sinagoga o dal centro e ebraico, non mi ricordo.
molti ebrei si salvarono perché nascosti da romani loro concittadini, che fecero molto per aiutarli.
giorni prima i tedeschi, bastardi, si erano fatti dare cinquanta chili d’oro con la minaccia di prendere 200 uomini validi in ostaggio. l'oro fu faticosamente trovato, e alla raccolta contribuirono molti non ebrei, che diedero quello che avevano, facendo apporre nella lista dei donatori la sigla n.n.
al momento della retata, i tedeschi consegnavano un foglietto in cui c’era l’elenco di cosa portare, tempo 20 minuti: tessere annonarie, soldi, gioielli, cibo per almeno 8 giorni, vestiti, coperte.
si diceva anche che i malati, ancorché gravissimi, non potevano essere assolutamente lasciati e che l’infermeria era al campo.  e di chiudere  a chiave la porta.
prima li portarono in un collegio militare coi camion, poi da diligenti tedeschi fecero un puntuale controllo e rilasciarono i coniugi di matrimoni misti e i figli di matrimoni misti. nacque anche un bambino. rimase nel gruppo una donna cattolica che si dichiarò ebrea per non abbandonare un piccolo orfano affidato alle sue cure.
poi li portarono tutti  mille e passa alla stazione tiburtina e li spedirono direttamente ad auschwitz con 18 carri bestiame, il 18 ottobre. ad essi si era aggiunta spontaneamente una donna, costanza calò, sfuggita alla retata, ma che non volle abbandonare il marito e i cinque figli. arrivarono il 22 sera, ma li tennero nei carri fino al mattino dopo.
ne sono tornati 16.

mercoledì 16 ottobre 2013

cadute

 a mia mamma capitava, a volte, di cadere.
ha inziato così la sua orazione funebre, oggi, la sandra.
l'ho saputo stamattina, durante la ricreazione, poi ho fatto due ore di scuola in trance, aprite il libro, correggiamo i compiti, il verbo essere, i pronomi personali, e continuavo a pensare alla sandra, a tua madre che di colpo non c'è più, spiaccicata sul marciapiede, tua madre che fa la psicanalista e vive da sempre col figlio con problemi psichici, forse è diventata psicanalista per quello, era una bravissima psicanalista, ha detto la sandra, era bellissima, mia mamma, ha detto, di una bellezza emozionante, così ha detto, era come l'apparizione di un cerbiatto tra la nebbia di un bosco. sto ancora piangendo, mi è venuta la sinusite. casa nostra è ancora dissemniata dei regali che faceva a mio fratello, il suo moroso. era nella sua vita precedente. mi ha detto così quando l'ho abbracciata, oggi, mi ha detto grazie di essere venuta a trovarmi dalla mia vita precedente, grazie, grazie, e io non riuscivo a smettere di piangere, e salutami tanto la tua mamma, mi ha detto.
è che ci sono persone che arriva un giorno che non ce la fanno più.
a portare il dolore degli altri. il proprio, quello sì, ce la fanno. una vita, magari. ma tutto il resto, il resto è troppo.
io credo che la mamma della sandra non ce l'abbia fatta più.
ieri uscendo da scuola c'era un gruppetto che parlava, le bidelle e gli operai del comune, e sento l'operaio che fa, tronfio: mi, la man sul fogo no ghe la meto par nisùn! e la bidella, di rimando: nisùn, ah, gnanca mi!
e io ho pensato che il mondo si divide in due, quelli che la mano ce la mettono, sul fuoco, e tutti gli altri. quelli che si chiudono a chiave, la sera, e dormono i loro sonni tranquilli, magari col sonnifero, se la tv non basta più, e quelli che non riescono a prendere sonno, che sentono un peso sul cuore,  anche se non sanno cosa dire, cosa fare.
e poi sono passata dai miei, e lì a parlare del funerale negato a priebke, e della storia delle fosse ardeatine, che bastava che uno dicesse che era stato lui, dice mia madre, e non li ammazzavano, ma no, gli hanno dato la medaglia d'oro, invece, e che priebke ha fatto il suo dovere, ha continuato mia madre,  io non ho mai preteso giustizia per mio padre (di questa storia ho parlato qui), non ho mai chiesto che fossero processati e condannati, e hai fatto male, le ho detto io, bisogna chiederla, la giustizia, e comunque non si può pretendere che tutti siano eroi, ha ripreso mia madre, quello che non ha applicato la rappresaglia per mio papà lo sapeva che sarebbe stato passato per le armi, che disobbediva a un ordine militare... eh sì, la pensi anche tu come bertold brecht, cara mamma, lo sapessi, cambieresti subito idea eh?, beata quella nazione che non ha bisogno di eroi, ha detto brecht, e invece no, non è così, abbiamo bisogno di eroi, di santi, li chiamo io, perché anche quelli che cercano di fare del loro meglio, purtroppo, a volte arriva un giorno che non ce la fanno più.

domenica 13 ottobre 2013

un giorno devi andare


gliel'ho detto, alla mia amica, quando ho visto il nome nei titoli di testa: se me lo dicevi, che c'era jasmine trinca, mica ci venivo. non te l'ho detto apposta, mi fa, e poi dai, mica è maya sansa. beh, se era maya sansa ti sparavo, son due anni che non vado al cinema, trovarmi quella bocca amara e la voce roca per un'ora e mezza, non so se te la perdonavo.
è che la trinca è una di quelle attrici italiane giovani che parlano, invece di recitare, leggono, meglio, e sullo schermo hanno quei silenzi che ti chiedi se dietro c'è qualcosa, e ti viene sempre da dire di no.
il film è un buon tentativo, ci sono dei momenti davvero emozionanti, poi a un certo punto lei legge un pezzo di attesa di dio di simone weil,
 ho avuto un tuffo al cuore quando ho visto la sua faccia in copertina, e come una folgorazione ho capito il titolo, perché il pezzo citato parla di dio che è come un mendicante, che torna tante volte, e poi magari un giorno non torna più, ma se gli apriamo, una volta, non può far altro che gettare un seme e attendere. l'attesa del titolo non è il nostro attendere dio, come ho sempre pensato, è l'attendere di dio, il suo attenderci.
per questo, nonostante sia molto d'accordo con questa recensione che ho trovato in rete, sono grata a questo film e alle mie amiche che mi hanno permesso di vederlo.

sabato 12 ottobre 2013

classe 1914

ecco, adesso non lo sento più, sulle mani, il puzzo del piscio di mia nonna.
mentre la cambiavamo, oggi, mi ha pisciato sulle mani, sono andata in bagno a lavarmi, poi prima di tornare a casa ci sono tornata, in bagno, e mi sembrava che l'avessi lavato via, ma subito dopo, in macchina, l'odore del sapone liquido era già sparito, e c'era solo il puzzo di piscio, dolce e acidulo, e poi ancora, e ho pensato che non mi sarebbe andato via più, invece poi ho pulito il culetto di bruno con le salviette umidificate, e da allora non lo sento più.
mia nonna è le tazze di caffellatte piene di zucchero in cui inzuppavo il pan biscotto da bambina, è il budino nero sanmartino che lei versava su un piatto fondo e ci mettevamo uno da una parte e uno dall'altra, col cucchiaio da minestra, e chi arrivava prima al mezzo ne mangiava di più, mia nonna mi ha coperto quando sono uscita per la prima volta col mio moroso, che i miei pensavano che fossi a una festa di carnevale, mia nonna è tutto quello che so di cucito, di ricamo, di maglia, mia nonna è quel vestitino da principessa per la mia barbie, miracolosamente uscito da un ritaglio di seta che stava con tantissimi pezzetti nei cassetti del laboratorio di mia nonna, il suo bagno, dove di fronte al cesso stava la sua singer a pedali, e quello che io consideravo un tesoro inestimabile, un mobile di cassetti pieno di stoffette che con cura ripiegava, erano avanzi di tovaglie, lenzuola, strisce di vestiti accorciati, maniche di camicie, ritagli di una gonna adattata mille volte, tele da ricamo ingialliti dal tempo, e sognavo da piccola che quella sarebbe stata la mia eredità, che a me non me ne fregava niente dell'anello, della collana, io volevo quella roba lì, che tanto non l'avrebbe voluta nessuno, pensavo, e ho continuato a volerla finché non hanno deciso di vendere la sua casa e bisognava svuotare quello che c'era, due mesi fa, e mia madre quando gliel'ho chiesto, mi ha detto che aveva buttato tutto, tutti quegli stracci, quelle 'strasse', ha detto con disprezzo, io l'ho odiata, e ho pianto, come sto facendo ancora adesso, ma almeno stamattina sono andata a trovarla, e ho potuto tenerle la mano, tutto il tempo, e darle da mangiare, e dirle che le voglio tanto bene, con mia cugina che vuole metterla al ricovero, e dice che sua mamma è troppo buona a volerla tenere a casa, ha il cuore tenero, e lo dice lì, come se mia nonna non esistesse, e va al centro missionario, lei, si crede tanto cristiana, e ho potuto anche cambiarla, mia nonna, e sentirmi quel puzzo sulle mani, che mi pareva di essere ancora lì, e adesso mi dispiace, che non le sento più.

lunedì 7 ottobre 2013

scelte

il mio amico andrea mi ha raccontato che una mistica aveva ricevuto e fatto avere a mussolini un messaggio da gesù (sì, lui in persona) in cui sostanzialmente gli diceva che sarebbe andato tutto alla grande, bastava non allearsi con hitler. eppure lui l'ha fatto. andrea mi ha anche detto che il beato schuster, allora cardinale di milano, aveva offerto a mussolini rifugio e mediazione, negli ultimi giorni, ma lui scelse altrimenti. scelte che sembrano incomprensibili, no? io invece le comprendo benissimo, ho detto ad andrea, è già come sempre tutto scritto, una volta a farfa c'era un prete giovane che durante la sua predica appassionata ci disse, sostanzialmente: vuoi la risposta? chiedila a gesù. ecco, infatti, il vangelo di ieri era proprio la spiegazione a questa domanda. era il vangelo di lazzaro, il povero,  e del ricco epulone. quando il ricco è andato all'inferno, ha pregato il padre abramo che gli mandasse lazzaro a bagnargli le labbra, almeno, che soffriva terribilmente, laggiù.
e siccome abramo gli ha detto che non si può, allora il ricco pregò che almeno lo mandasse ad avvisare i suoi parenti, che se andava uno risuscitato dai morti, quello lo avrebbero ascoltato. e abramo gli disse ancora di nuovo di no: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti".
vuole lazzaro, epulone. ancora.
il ricco epulone non ha ancora capito, non capirà per l'eternità, poveraccio, che lazzaro non è un suo servo. lazzaro portami l'acqua, lazzaro parla ai miei fratelli. pensare prima a se stessi che agli altri. ecco la condanna. non l'ha capito in vita, non lo capisce neanche adesso. non lo può capire, non si è convertito.
le mie colleghe catechiste l'altra sera alla riunione si sono scandalizzate quando ho detto che non andare a messa è da considerarsi peccato mortale. io non giudico nessuno, non condanno, ognuno si condanna o si salva da solo, l'ho detto tante volte anche a mia madre, che continua a ripetere che prima o poi si arrabbia (intendendo il padreterno, che io ho continuo a dirglielo, che il padreterno è amore infinito e non può arrabbiarsi, ma non mi crede), solo che io non mi arrogo il diritto o la prerogativa di decidere quale dei comandamenti sia il più importante. è che il primo comandamento, e il secondo, sono lì proprio per ristabilire l'ordine di priorità. se ami dio sopra te stesso, capisci che siamo tutti nella stessa barca, siamo tutti fratelli, che tutti sbagliamo, che tutti abbiamo bisogno della divina misericordia, perché altrimenti, come avevano ben capito gli apostoli, quando gesù gli ha detto che è più facile che un cammello passi dalla cruna dell'ago che un ricco entri nel regno dei cieli, hanno detto tutti: ma allora chi si salverà? sottinteso nessuno, perché a guardar bene, a parte lazzaro, che mangiava gli avanzi dei cani, tutti siamo ricchi, tutti abbiamo qualcosa più di qualcuno, qualcosa a cui siamo attaccati e che non lasceremo mai per un fratello, fossero anche solo le nostre sicurezze.
quando ho fatto la responsabile della pensione diana, che era una pensione gestita da una parrocchia a caorle, e mi avevano messo lì a fare la responsabile, non era una cosa facile, a pensarci bene, beh, comunque a un certo punto c'è stata un'emergenza, c'era il diluvio universale e nella sala da pranzo ha cominciato a venir giù acqua, prima quelli che stavano sotto l'acqua si sono spostati un tavolo più in là, ma dopo poco le perline del soffitto hanno cominciato a  staccarsi, ho chiamato i pompieri, poi sono salita di sopra, c'era un piccolo terrazzino che sarà stato largo un metro quadro, lo scarico era ostruito da un sacchetto di plastica, c'erano tre o quattro uomini grandi e grossi che dalla porta guardavano con preoccupazione la cosa, ho chiesto quale fosse il problema, mi hanno detto il sacchetto, io esterefatta sono uscita fuori e l'ho tolto, problema risolto, l'acqua è scesa dal buco e ha smesso di allagare la sala, sì, d'accordo, c'era il diluvio universale, ma quello era un sacchetto di plastica, e stavamo in albergo, non in mezzo alla giungla, voglio dire, mi sono cambiata subito, quelli stavano lì pietrificati a guardare il terrazzino che si riempiva d'acqua, aspettavano che spiovesse, ah, se avessero avuto un ombrello... immagino che uno si chieda ma cosa c'entra questo con quell'altro, c'entra, c'entra, uno fa le scelte che è abituato a fare, e soprattutto nell'emergenza, il ricco fa le scelte da ricco, manco se si trova davanti un resuscitato dai morti, gli crede, quelli pensavano che si prendevano la polmonite, era quello il loro problema, il mio era evitare che si allagasse la sala da pranzo. questione di priorità.
una sera sono andata a sentire un prete che parlava di 'educare al trascendente', alla scuola per genitori della scuola materna. se potevo me ne andavo dopo cinque minuti, ma eravamo pochissimi, e io stavo proprio nel mezzo, continuava a dire che i preti parlano sempre della vita eterna, che chissà poi se c'è, la chiesa sta sempre con 'sto spauracchio, e invece bisogna essere felici qua, bisogna godersi questa vita qua, io volevo dirgli ma ti pare che son venuta qua a sentire ste fuffe, ma vagliele a dire a mia sorella, che gli è morta la figlia di tre mesi, che se l'è trovata in coma nel letto, ma vaglielo a dire alla mia amica che ha un figlio disabile che non riesce più a prenderlo in braccio perché è più grande di lei, e deve fargli tutto, o a fiorella, che le hanno telefonato per dirle che il suo doriano s'era sentito male al lavoro, e quando è arrivata era già morto, a cinquant'anni, ma spiegami perché in africa i bambini muoiono di fame, perché un uomo massacra la sua donna, se sei capace, ma spiegami la storia di lazzaro e del ricco epulone, che se la godeva la vita, e non ha ammazzato nessuno, che i soldi magari li aveva ereditati da suo padre, mica li ha rubati, tu mi devi spiegare che senso ha la vita, e il dolore, e soprattutto mi devi spiegare la morte, io a gesù ci credo perché è morto in quel modo lì e perché ci ha detto che non siamo fatti per questo, per il non senso, per la sofferenza, per la morte, che è il dolore massimo, la rottura definitiva, la fine di tutto, il male che vince. e ci credo perché è resuscitato dai morti, e ci ha detto che pure noi siamo fatti per quello, per vivere per sempre.
e la messa, care le mie colleghe catechiste, serve mica al padreterno, che vi credete, serve a noi, a capire il senso del nostro andare, del nostro fare, del nostro essere e del nostro morire.
capire quello che siamo: creature, figli, fratelli.
ieri da torino spiritualità ho sentito patrizia cavalli, che va beh che anch'io credo, come ha detto moravia nell'orazione funebre per pasolini, che il poeta deve essere sacro, e allora bisogna onorarlo e rispettarlo sempre, e la cavalli è poeta, ma quando parla ha la voce da ubriaca, e continua dire che non si ricorda quello che ha scritto, e perché, e quanto difficili che sono ste domande, e se erano quelle facili non te le venivamo neanche a chiedere, scusa, e siccome il tema di torino spiritualità era la scelta, lei diceva che non esiste la scelta, non abbiamo nessuna possibilità di scegliere, che è l'ambiente che ci determina, è il fuori, e invece io credo proprio il contrario.

think pink 1 - io sono leggenda

stamattina andando a scuola dopo la laringoscopia, che per farla entrano dal naso, e il mio è strettino, vabbè, almeno non ho i polipi alle corde, sentivo alla radio la presentazione di un nuovo disco delle ultime sonate di beethoven di maria perrotta, pianista e mamma, e la conduttrice ha ricordato come un noto direttore d'orchestra un giorno le abbia chiesto: ma insomma, lei vuole fare la concertista o la mamma?
e lei ha risposto: io non ho scelto di fare la mamma, IO SONO MAMMA.
e io ho pensato: a. non sono quasi sicura di niente ma di questo quasi sono sicura, nessuno va da un musicista a chiederergli se vuole fare il padre o il musicista.
b. esatto, è proprio così, anche per me, essere madre non è una scelta, è uno stato dell'essere, che, come tutti gli stati dell'essere, si vive con maggiore o minore consapevolezza, ma non dà possibilità di scelta, se non quella di aderire o meno alla propria natura...