venerdì 1 novembre 2013

alzabandiera


le gravidanze a me hanno lasciato il dono delle lacrime.
mi commuovo. mi si riempiono gli occhi di lacrime. e io le lascio uscire.
è da un po' che mi succede ogni volta che sento l'inno nazionale. stamattina, dopo la messa, stavo lì davanti a quell'orrendo monumento ai caduti che c'è all'ingresso del paese, tre pale di cemento con un'aquila sopra a ognuna, di cemento anche quella, legate tra loro da due grosse catene, coi nomi di bronzo dei caduti e dei dispersi delle due guerre, il tutto racchiuso da un cancelletto, con una colonnina e la luce sempre spenta nel mezzo. la banda suonava l'inno mentre alzavano la bandiera, e mentre la guardavo salire, quella brutta bandiera con quei brutti colori, mi sono commossa, e poi iccio ha suonato il silenzio, che non c'è niente da fare, le trombe sono tutte uguali, come le voci ben educate, le note le fanno tutte, ma ci sono quelle che le ascolti e basta e quelle che ti annodano le budella, poi nella sede degli alpini avrei voluto dirgli 'grazie', che anch'io come paolo nori penso che sarebbe molto meglio dire grazie invece che battere le mani, ma non potevo, gli ho detto solo 'complimenti', che lui mi fa 'per cosa, per le tartine?', e intanto che la tromba suonava ho pensato a quell'articolo del new york times di frank bruni, un americano innamorato dell'italia, su internazionale di questa settimana l'hanno tradotto, ma ne aveva già parlato paolo conti qualche giorno fa in un suo articolo sul corriere, e diceva: quell'italia che ti spezza il cuore. quest'italia che mi spezza il cuore a vederla, a pensarci, come una donna bella e intelligente che fa la puttana per comprarsi una borsa firmata. una di queste mattine il giornalista che conduce prima pagina, marco immarisio, ha detto qualcosa sulla cronaca nera, che è come una specie di spia della realtà del paese, e mi sono venute in mente quelle ragazze di quattordici e quindici anni che a roma si prostituivano per quattro soldi.
poi mentre preparavo le crepes per la colazione - beh, in fondo oggi è l'onomastico di tutti - alla radio hanno parlato di un altro articolo, la storia incredibile, inenarrabile, di un nordcoreano, Shin Dong-hyuk, che è nato in uno dei campi di concentramento di quel paese, l'unico nato lì a essere uscito vivo, i segni delle torture e le rilevazioni del satellite sono le uniche prove al suo racconto, pubblicato in un libro che si intitola Escape from Camp 14, non sapeva niente di cosa ci fosse fuori, non sapeva niente di niente, quando lo hanno portato in mezzo al campo per assistere all'impiccagione di sua madre ha avuto un pensiero di gratitudine, uno in meno che gli rubava il cibo, sua madre l'hanno impiccata perché aveva tentato di scappare, è stato lui a denunciarla ai suoi aguzzini, era la legge del campo, e lui sperava di avere una razione extra di cibo, invece l'hanno torturato orribilmente. poi è arrivato un alto ufficiale caduto in disgrazia, che gli ha raccontato del mondo di fuori, della televisione e di tante altre cose, ma niente era come il racconto delle avventure culinarie, lui leccava la zuppa dal pavimento, se le guardie erano di buon umore concedevano agli internati di catturare dei topi, li mangiavano crudi, manco sapeva che la carne si cuocesse, è scappato con un suo compagno che è rimasto fulminato, e lui è passato solo perché ha potuto passare sopra al suo cadavere. anche adesso, racconta al giornalista, la libertà per lui è un pollo arrosto.
l'articolo originale, pubblicato sul financial times, si trova qui:
http://www.ft.com/cms/s/2/1505c16a-0ff2-11e3-99e0-00144feabdc0.html#axzz2jQwLJKSy

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