eh, lo so. lo dovevo capire già dal titolo. solo che sto libro, dice la fascetta rossa, è della stessa autrice di La metà di niente, che invece non mi pare affatto male, per un titolo, e poi pare che il libro, la metà di niente, appunto, sia famosissimo, se identificano Cathrine Dunne come la sua autrice.
insomma, unito al fatto che la storia è irlandese, come la sua autrice, ho deciso di prendere in prestito anch'io, come fanno tutti, uno di quei libri grossi e anche un po' consumati, direttamente dal banco delle restituzioni.
comincio a leggerlo e no! è scritto tutto al presente. tutto. anche l'introduzione, un breve dialogo che si svolge in un aeroporto nordico, si direbbe, dal freddo, dieci anni prima. che dovrebbe far capire qualcosa e invece a me mi ha solo innervosito.
adesso se qualcuno volesse leggere il libro non dica che non gliel'ho detto, che sto per dire di cosa parla, e secondo me la differenza tra un grande libro e gli altri è che il grande libro lo vuoi leggere lo stesso anche se sai già di cosa parla, e questo, se non si fosse capito, non è un grande libro.
la protagonista è una dottoressa in pensione, vedova, che a una cena da amici ha un colpo di fulmine -reciproco- per un uomo fighissimo, che di lavoro scrive romanzi polizieschi, quindi ha un casino di tempo libero per farle da mangiare e insegnarle a giocare a scacchi, ha una casa con fantastica vista molo e che quando lei sparisce senza una parola ha come unico scopo della vita ritrovarla, senza se e senza ma, perché deve darle l'anello di fidanzamento con cui vuole chiederle di sposarlo, e la trova, alla fine, in un paesino sperduto dell'india, ma mica dopo vent'anni, dopo 10 giorni, tipo. via via vien fuori che praticamente la nostra julia ha praticato l'eutanasia a un paio di persone a cui voleva molto bene e che erano molto malate, la prima in svizzera, tutto legale, la seconda invece in irlanda, e qui vengono fuori i problemi.
per evitare rogne ai suoi cari, julia pianifica accuratamente, per sei mesi, la sua fuga, e passando per l'inghilterra va in india in india, dove ritrova una sua vecchia amica americana di università con cui condivideva le lotte per la qualità della vita e bla bla bla, si fa fare delle analisi perché forse ha un tumore e i stabilisce nel paesino dove c'è il piccolo orfanatrofio che da anni sta finanziando (perché, oltretutto, è piena di soldi che non sa dove metterli). insomma finisce che il tumore è una cosa curabile, e col suo sahri rosso si sposa il suo william in perpetua adorazione.
insomma, non lo farò più, di prendere su un libro a caso, soprattutto se è grosso e se nelle prime due frasi ci sono già tre o quattro aggettivi di troppo.
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