era da... quando? non lo ricordo neanche più, dieci anni, almeno.
andare per le vie di padova in questo periodo in cui, la sera, fa buio tardi, l'aria calda è piacevole, dopo l'afa del giorno, il prato (la famosa piazza circolare, il prato della valle) magico, con le sue statue illuminate, la poca gente che ci passeggia intorno, santa giustina imponente e muta a chiuderlo, là in fondo, santa giustina con la sua facciata chiusa di muro di mattoncini, che non te l'aspetteresti mai, da fuori, quella luce, dentro, con quel crocifisso solo, là in mezzo all'enorme, unica navata, e le cupole, dietro, che non c'entrano per niente, così tonde, azzurrine, quasi di vetro.
e i ponti, di padova, i suoi portici, il ghetto, con i suoi ristorantini pieni di inglesi, le studentesse americane con le infradito ai piedi che si trascinano trolley e borse della spesa, le piazze, quelle delle erbe e quella delle frutta, che quando andavo all'università era completamente vuota, la sera, dopo il mercato della mattina, era surreale, attraversarla, con l'orologio che fa da porta a piazza capitaniato, coi numeri blu e oro, che meraviglia, ci passavo sotto ogni giorno, adesso è piena di sedie e tavolini delle innumeri gelaterie e bar, uno dietro l'altra, che hanno preso il posto di boutique e antichi negozi di scarpe.
il duomo, il cinema concordi, dove andavamo gratis l'8 febbraio festa della matricola, miseramente chiuso, coi suoi vetri ricoperti di scritte spray, il 23, mitico negozio di dischi, immarcescibile, con le sue vetrine ancora coperte di copertine di dischi col prezzo scritto col pennarello rosso, la sede di psicologia, anche quella piena di scritte, che adesso non si entra più, da quella parte lì, e negozi sostituiti da altri, l'esercizio dei ricordi.
quell'aria, quegli odori, che gli odori, pensavo l'altro giorno uscendo dalla biblioteca, gli odori è difficile che cambino, sono gli alberi e le case, che li danno, magari cambiano i negozi, i ristoranti, i bar, e laddove ti aspetti il profumo di caffè, magari ti trovi quello del kebab, ma di fondo, gli odori delle città restano gli stessi, e io, l'odore di questa città, l'odore dell'erba dei giardinetti appena tagliata che si alterna a a quello delle pizzerie, l'odore dei banchi della frutta e verdura che riempiono piazza delle erbe e che sa un po' di buono e un po' di marcio, l'odore di piscio degli angoli bui dei portici, l'odore delle botteghe della basilica, odore di antiche drogherie, di pesce sotto sale, crema da scarpe, verdura andata a male, plastica, carne fresca, io questo odore, questi odori qua lo so, come sono, mi basta pensarci e me li ricordo subito, e l'altra sera l'ho detto alle mie amiche di un tempo, con cui avrei passeggiato fino al mattino, e invece ho dovuto tornare a casa, a me, gli ho detto, davanti al pedrocchi, a me mi viene da piangere, stasera, da quanto è bella, questa città qua.
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