un passato che si nutre continuamente di presente, un irrompere ricorrente di volti, versi, brandelli di lingue - il tedesco, la lingua del campo, il francese, la lingua della patria adottiva, lo spagnolo, la lingua dell'infanzia, del mito, della poesia - il puzzo di merda e morte delle latrine del campo piccolo che quasi lo senti venir su dalla carta, il tutto cucito assieme con un montaggio frenetico, che non porta da nessuna parte, perché siamo sempre lì, a buchenwald, nel '44, ma anche a praga, nel '69, a parigi nel '41o nel '43, a monaco nel '99...
questo e molto altro è 'vivrò col suo nome, morirà col mio', di jorge semprún, che prende il titolo, secondo me straordinario, dalla vicenda realmente accaduta che costituisce l'argomento del libro: a seguito a una richiesta di informazioni che veniva da berlino, i capi dell'organizzazione comunista clandestina decidono di scambiare l'identità di semprún con quella di un un moribondo, temendo che la richiesta di informazioni portasse, come già per molti altri, all'interrogatorio delle SS cui spesso seguiva la fucilazione del prigioniero.
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