giovedì 3 aprile 2014

scrivere, leggere


l'altro giorno una persona che stimo moltissimo ha detto a quelli che stavano con noi: questa signora qui, che sarei io, è una pittrice... ma non lo sa.
io le ho detto ridendo che no, anche se proprio quella mattina i miei alunni mi hanno chiesto se ho fatto il liceo artistico, da quanto belli - secondo loro -sono i disegni che faccio alla lavagna, perché io non voglio mai che scrivano la traduzione delle parole, voglio che passino direttamente dal disegno alla parola inglese, ma non è vero che sono brava a disegnare, è che io, sapete come faccio?, gli ho detto ai miei alunni, io penso, gli ho detto, volevo dirgli che io, quando faccio un disegno, cerco di pensare ai dettagli caratterizzanti, e anche se non sono brava, il disegno che faccio si capisce subito, cosa volevo dire.
ecco, io non sono una pittrice in nuce. io sono capace di scrivere. non lo so se sono una scrittrice, perché l'idea di superare le due pagine, no, non lo so, e mi sembra sempre che quello che scrivono gli altri siano cose bellissime, le mie, invece...
 il professore non lo sopporta, che io scriva.
e questo mi fa male, che lui creda che io faccia questo, scrivere, intendo, solo per dire cose false e cattive su di lui. noi.
che quando ci siamo conosciuti, io e il professore, la prima volta che sono andata a casa sua, non stavamo ancora insieme, appena sono arrivata, ho trovato un libro, mi ricordo esattamente anche dov'era, il coraggio del pettirosso di maurizio maggiani, un libro bellissimo, era da tanto che non leggevo, non so perché, a un certo punto non leggevo più niente, soprattutto di grosso, avevo deciso che leggevo solo racconti, comunque quel libro lì, non lo mollavo più, voglio dire, lo sai che sono così, sono sempre stata così, se ho passato i primi tre giorni a casa tua a leggere un libro, perché adesso non lo sopporti più, perché continui a fare i confronti con le altre, io non sono come le altre,  che poi cosa vuoi che siano le altre, ognuna ha le sue caratteristiche, è ovvio che se fai un confronto tra uno e tutti gli altri, allora dillo, ti piace vincere facile, eh?
ieri in biblioteca ho trovato un librettino, si intitola la verità della poesia, è di un poeta che si chiama paul celan, sono le sue uniche prose, un paio di discorsi in occasione di premi, qualche intervista.
in una di queste allocuzioni, celan scrive:
Con questa lingua, in quegli anni e negli anni che seguirono, io ho tentato di scrivere poesie: per parlare, per orientarmi, per accertare dove mi trovavo e dove stavo andando, per darmi una prospettiva di realtà.
E fu, chiaramente, vicessitudine, movimento, un porsi in cammino; fu il tentativo di trovare una direzione.
(...)
La poesia, essendo una manifestazione dialogica per natura, può essere un messaggio nella bottiglia, gettato a mare nella convinzione -  certo non sempre sorretta da grande speranza -  che esso possa un qualche giorno e da qualche parte essere sospinto a una spiaggia, alla spiaggia del cuore, magari. Le poesie sono anche in questo senso in cammino: esse hanno una meta.
Quale? Qualcosa di accessibile, di acquisibile, forse un tu, o una realtà, aperti al dialogo.
Sono, io penso, codeste realtà a interessare la poesia.



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