riporto per intero l'articolo di carlo cardia pubblicato su Avvenire del 12/1/13
Per
esperienza comune di ogni essere umano, la nascita di un bambino
scaturisce dall’unione tra un uomo e una donna e comporta la cura e
l’allevamento da parte dei genitori. Nei genitori, e attraverso i
genitori, chi viene alla luce realizza il primo contatto con la realtà e
fruisce della essenziale diversità e complementarietà tra il padre e la
madre i quali lo fanno crescere e lo introducono nel più vasto
orizzonte degli affetti, dei sentimenti, delle relazioni personali,
dandogli sicurezza, solidità, capacità di esprimere sé stesso,
realizzarsi pienamente.
Questa primordiale relazione tra genitori e figli è tutelata dalla
Convenzione sui diritti umani e dalla nostra Carta Costituzionale. Per
l’articolo 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre
1989 il «fanciullo ha diritto a conoscere i suoi genitori e a essere
allevato da essi», mentre la Costituzione italiana oltre alla celebre
formula dell’articolo 29 per la quale «la Repubblica riconosce i diritti
della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» aggiunge
che «è dovere e diritto dei genitori mantenere ed educare i figli».
Per la prima volta in Italia, una sentenza della Sezione civile
della Cassazione afferma che questi principi che ciascuno di noi vive e
sperimenta nella famiglia d’origine, e nelle relazioni con i propri
figli sono frutto di un «mero pregiudizio», e che non è affatto
necessario per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in
una famiglia incentrata su una coppia composta da madre e padre, essendo
tale considerazione non fondata su «certezze scientifiche o dati di
esperienza».
Al di là del caso specifico affrontato dalla sentenza, e dai suoi
risvolti giuridici, questa è l’affermazione di principio che ha permesso
poi di affidare un bambino alla madre che aveva avviato una relazione
omosessuale con altra donna. Tralasciamo per il momento il fatto, già
gravissimo, che la sentenza della Cassazione mette da parte formulazioni
legislative del più alto livello, internazionale e costituzionale, che
parlano del diritto del bambino ad essere curato e allevato dai
genitori. Soffermiamoci invece sul punto più sconvolgente della
pronuncia, quando considera il bambino come soggetto manipolabile,
attraverso sperimentazioni che sono fuori della realtà naturale,
biologica e psichica, umana, e che non si sa bene quanto dovrebbero
durare.
La pronuncia lascia stupefatti quando cancella tutto ciò che
l’esperienza umana, e con essa le scienze psicologiche, ha elaborato e
accumulato in materia di formazione del bambino. Il quale, privato
artificiosamente della doppia genitorialità, vede venir meno la
dimensione umana e affettiva necessaria per la crescita e il suo
armonico sviluppo, ed è lasciato in balia di esperienze, rapporti,
relazioni umane, sostitutive e del tutto slegate rispetto alla
naturalità del rapporto con il padre e la madre. Siamo di fronte ad una
concezione che attinge il suo humus culturale alle forme
illuministiche più primitive, nega ogni preziosità dell’esperienza
umana, e ritiene che anche per la dimensione della paternità e maternità
il genere umano possa ricominciare daccapo, perché l’educazione e la
formazione del bambino può avvenire contro i parametri naturali e le
garanzie che la famiglia presenta in ogni epoca e in tutti i Paesi del
mondo.
Si intravede in questo modo un profilo disumanizzante della
tendenza a spezzare il legame del bambino rispetto ai genitori naturali,
che comporta il declassamento dei suoi diritti proprio in quella fase
più delicata dell’esistenza che condiziona per sempre la crescita
successiva. Il bambino non è oggetto da utilizzare o manipolare con
sperimentazioni estranee alla sua propria dimensione familiare, ma è
persona con diritti originari che devono essere tutelati e garantiti
dalla società e dalle leggi che lo governano.
Dobbiamo essere sinceri, e riconoscere che siamo di fronte al
pericolo reale che si rechi un grave vulnus a quanto di più prezioso
l’umanesimo religioso e di ogni tendenza laica ha realizzato sino ad
oggi, che riguarda la cura e la tutela delle nuove generazioni per un
futuro sempre più umanizzato della società.
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