lavoravo sempre finché non avessi combinato qualcosa e smettevo sempre quando sapevo che sarebbe successo in seguito. Così ero sicuro di continuare il giorno dopo. Ma certe volte quando iniziavo un nuovo racconto e non riuscivo ad andare avanti, mi sedevo davanti al fuoco, strizzavo la buccia delle piccole arance facendone schizzare l'umore sulla fiamma e ne guardavo l'azzurro sfrigolio. Mi alzavo in piedi e guardavo fuori sui tetti di Parigi e pensavo: '' Non preoccuparti. Hai sempre scritto e scriverai ancora. Non devi far altro che scrivere una frase sincera. Scrivi la frase più sincera che sai''. Allora finalmente scrivevo una frase sincera, e poi continuavo da lì. (...)Su in quella stanza decisi che avrei scritto un racconto su ogni cosa che conoscevo. Cercavo di farlo per tutto il tempo che scrivevo, ed era un'eccellente, rigida disciplina.Fu sempre in quella stanza che imparai a non pensare a nulla di ciò che stavo scrivendo dal momento in cui smettevo di scrivere al momento in cui riprendevo il giorno dopo. In questo modo avrebbe lavorato il mio subconscio e al tempo stesso io avrei ascoltato altra gente e notato ogni cosa- speravo; imparato - speravo. E avrei letto per non pensare al mio lavoro e mettermi nell'impossibilità di farlo.Scendere le scale quando avevo lavorato bene - e ciò richiedeva fortuna, oltre che disciplina - mi dava una stupenda sensazione e allora ero libero di andarmene in qualsiasi punto di Parigi.
cinquant'anni, poco più. la scuola, la casa, la lotta impari col caos,un marito e tre ex piccoli figli adorabili, quando dormono... e questa piccola stanza virtuale tutta per me.
sabato 29 dicembre 2012
festa mobile 2 - una lezione di scrittura
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