sabato 7 marzo 2020

SCRITTURE 2 - RESTARE

Risultato immagini per stay


E anche stasera ho perso 120mila euro, disse sorridendo mentre mescolava il risotto.
Le piaceva guardare il gioco a premi preserale, perché era un gioco di parole, e lei, con le parole, era brava.
Trovare la parola che lega, per libere associazioni, altre cinque.
Sasso, piedi, senza, fuori, male.
Facile, stavolta. La sua tecnica era prendere le due parole più lontane e stabilire un nesso tra quelle. Nella maggior parte dei casi funzionava, era quella la parola giusta.
E Stavolta era 'restare'.
Era la parola della sua vita.
Andava sempre via per ultima, alle feste.
E’ che non sopportava che le cose finissero.
Al corso di storia del cinema c’era la monografia su Truffaut, il prof era un coglione ma le era grata per sempre per averle fatto vedere quei film, e averle fatto conoscere lui, Truffaut, che non sempre è così, o forse è sempre così, i grandi sono grandi, un genio è un genio, e la bontà, come aveva detto Truffaut, forse è il segreto del genio, e forse era vero, aveva pensato lei, perché cazzo vuoi che gliene freghi, al genio, di essere cattivo, il genio è preso dalla sua genialità, comunque era solo per ricordarsi della frase che Truffaut fa dire al suo attore feticcio Jean Pierre Leaud: non mi piacciono (o non sopporto?) le cose che finiscono. Come i film.
Lei, uguale. Non finiva mai niente. L’università, per esempio.
Più che altro, non voleva essere lei, la causa della fine.
Aspettare, quella era la sua specialità.
Quando andava in vacanza, una stanza qualsiasi, vuota, coi soliti quadri assurdi che mettono nelle stanze d’albergo, quella diventava da subito la sua casa. Raramente le capitava di tornare nello stesso posto, che bello sarebbe stato avere una casa per le vacanze. Non li capiva, quelli che dovevano cambiare per forza. Le faceva fatica. Si ricreava ovunque, da subito, il suo piccolo mondo. E ogni volta che doveva fare le valigie era come se il mondo finisse.
Si immaginava la sua vita intera in quel posto lì, perché era il suo modo di sopravvivere: doveva capire qual era il suo posto. Era per superare la sensazione di essere sempre dall’altra parte.
Di non essere mai, davvero, al suo posto.
Così restava. Restava fino alla fine, quando bisogna pulire. Quando la spiaggia si svuota.
Quando vanno via tutti, e restano gli avanzi.
Tornava a casa col suo cartoccetto, due fette di torta, i tramezzini.
Il pane non mangiato.
La sciarpa abbandonata.
L'ombrellone rotto sulla sabbia, tra le canne.
Il campo del campeggio con gli stampi marroni delle tende.   
Quell’infinita malinconia delle cose che ci sopravvivono.
I fiori marci il giorno dopo del funerale.
Non riusciva ad andare avanti.
Cioè sì, ma per inerzia.
Cominciare, quello le piaceva. Finire, no.
Forse è per quello che non riusciva a lasciarlo.
Leggeva libri di autoconsapevolezza, autostima, autotutto. Nell’ultimo aveva letto un esercizio, cosa ti rende felice, quand’è stata l’ultima volta che sei stata felice, come vedi la tua vita, come ti vedi fra una settimana, e fra un anno?
L’aveva chiuso.
Non ci voleva pensare. La sua vita, le sue emozioni.  Felicità, che parola.
La vita che sognava forse era silenzio, un bosco in montagna, il camino, la neve, la pioggia, anche, perché sì, in montagna anche l’odiata pioggia le piaceva. L’odore del legno di pino, e i pini bagnati, quell’odore di muschio e di foglie secche che stanno diventando terra.
Sei come quest’ombrello rosso, le aveva scritto un’amica nel biglietto allegato al regalo. Stai lì, aspetti che venga il tuo momento di essere aperto e usato. Eh, spero di essere meglio, aveva pensato lei, che dopo due volte aveva dovuto pregare qualcuno che glielo sistemasse, perché non voleva buttarlo via.
Restare, restare.
Restare calma, impossibile. Ferma, quello sì, le veniva facile. Soprattutto se aveva un libro in mano, o una tv piena di serie americane.
Anche incinta, le veniva bene. Aveva partorito tre volte in 24 mesi.
Ma soprattutto, lei ci restava male.
Non poteva farci niente.
Ci restava male per cose stupide, per una parola, anche.
E restava impassibile, come una stronza, come una scema.
O restava a casa, a riempire lavastoviglie e stirare, a girare risotti, a perdere migliaia di euro davanti alla tv.

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