sabato 18 gennaio 2014

ritorno a casa

il corso è stato una valanga di stimoli, di sberle, anche, di rimorsi, ma anche di entusiasmo nuovo, che mi ha messo dentro una gran voglia di ricominciare in modo diverso, a scuola e coi bambini.
continuavo a pensare che devo cambiare tante cose, nel mio stile educativo, nelle scelte, che sono mie ma anche nostre, mie e di mauro.
è stata una carica forte, in dosi massicce, tutta ancora da metabolizzare.
continuavo a pensare se ci fosse stato anche lui, a quanto mi sarebbe piaciuto condividere tutti questi stimoli, questi spunti, questi germi di cambiamento, anche.
prima, in macchina, ci ho messo un sacco, ho sbagliato strada tre o quattro volte, poi mi sono pure fermata all'auchan, insomma, continuavo a pensare a ste robe qua.
e mi sono dimenticata, che cosa mi aspettava a casa.
pensavo che domattina tocca a me, preparargli la colazione, che ha l'influenza, e portargliela a letto, come fa lui la domenica, quando è a casa.
poi sono entrata in casa, e sono stata sopraffatta dal casino, la mia tazza della colazione ancora nel lavandino, tutto uguale, niente, mi sono intristita.
mentre scongelavo una pizzetta, sono salita per disfarmi la valigia.
arriva lui, mi chiede cos'ho. niente, ho mal di schiena. e poi non te lo dico perché ti incazzi.
e infatti.
sono discesa a mangiare, la pizzetta era bruciata.
quando torno su, non una parola.
mi metto a scrivere, ma non questo post, altri.
suona la sveglia per l'antibiotico.
si alza, va a dormire da un'altra parte, che sono la solita stronza, che certe cose non occorre dirle, parlare, che ci dobbiamo separare.
ecco.

3 commenti:

  1. abbi almeno il coraggio di raccontare le cose come stanno

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  2. come ho già detto altre volte, io qui non faccio cronaca, faccio fiction.
    dovresti parlare con mio marito, che mi accusa sempre di avere un pensiero semplice, che non ammette dialettica, incapace di relativizzare.
    per me le cose stanno lì, in qualche modo. ma ognuno le interpreta come gli viene di fare. non sono certo di quelli che credono che la realtà dipenda dall'interpretazione, sia chiaro. ma penso che ognuno abbia degli occhiali diversi, per guardarla. invece tanti pensano di avere gli occhi buoni, loro, o che gli occhiali siano tutti uguali.

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  3. Se è fiction, non dovrebbero esserci chiari riferimenti a persone o fatti reali: è, per lo meno, scorretto. Inoltre, una cosa è interpretare la realtà: sulle interpretazioni si può discutere. Un'altra è cambiarla secondo i propri interessi: questo non è relativismo, è falsità e disonestà intellettuale. Mi sembra che sia tu a pensare di avere l'unico paio di occhiali buoni, che solo la tua interpretazione è valida. Dirai: "valida solo per me". Ma una dialettica comporta che si metta in discussione anche la propria interpretazione, anche se stessi, se è opportuno. Pensando di avere le uniche lenti buone in circolazione ti isoli dal resto, poni il tuo io al centro del tuo universo, e ti pasci di vittimismo a rimuginare cose valide solo per te - tra l'altro mai avvenute perché frutto di deformazione del reale. Non mi sembra sano, se posso permettermi di dirlo. Il mondo può benissimo fare a meno di ciascuno di noi. Se posso darti un consiglio, pensa a costruire un qualcosa di diverso, invece di cercare in ogni manifestazione della realtà (anche cambiandola a tuo piacimento) qualcosa che confermi l'immagine di te stessa che ti sei fatta da sola. E che al resto del mondo probabilissimamente non interessa, visto che ti vede con i suoi occhiali.

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