al corso sugli alunni iperdotati ho ritrovato una vecchia amica. eravamo insieme al liceo, poi le nostre strade si sono divise, lei a venezia, a fare inglese e spagnolo con paola, e io con altre a padova.
ogni anno ci ritrovavamo a natale, a parte quest'anno, che io l'anno scorso avevo provato a organizzare una cosa, ma sono venuti pochi, e tanti sono andati via presto, è stato sgradevole, e quest'anno, credo per la prima volta da che mi ricordi, è saltato.
comunque, anna sono stata proprio contenta di ritrovarla. al liceo, io leggevo dostoevskij, lei virginia woolf.
luciano, michele, stefano: le sue storie per me erano pura fantascienza, fotoromanzo, letteratura, insomma: un altro mondo.
ogni tanto prendevo con lei la corriera fino al suo paese, sua nonna ci aveva preparato il pranzo, era una donna simpaticissima, franca, senza peli sulla lingua, quante donne così c'erano, in giro, donne che avevano faticato una vita senza mai ingrigirsi, senza ripiegarsi sul loro destino, scegliendo di vivere quello che toccava loro senza inutili domande, con forza e passione, e leggerezza, e ironia.
sua nonna è morta due anni fa, mi ha detto. suo padre, che aveva l'età del mio, l'anno scorso.
abbiamo cominciato a insegnare più o meno nello stesso periodo, perché lei aveva lavorato per diversi anni in azienda, e mi portavo dentro una spina, quando pensavo a un nostro dialogo di quel periodo, in cui mi raccontava la sua fatica, e quando io le dicevo dei miei giochi (la mia tesina dell'anno di prova si intitolava, significativamente, 'playing english'), lei mi aveva detto: sì, ma non si può mica sempre fare i pagliacci.
io un po' c'ero rimasta male, perché a me non pareva di fare il pagliaccio, a giocare, nel gioco ci credevo, allora più di adesso.
adesso, la ritrovo che mi racconta tutti i giochi che fa, me ne suggerisce, mi racconta della caccia al tesoro organizzata a venezia.
e io mi ritrovo dall'altra parte, e mi fa bene.
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