giovedì 9 aprile 2015

albania

l'altro giorno ero all'ospedale, stavo aspettando che mi chiamassero per la visita fisiatrica, il corridoio è pitturato con uno smalto azzurro intenso, e il corrimano è giallo, uno in quel vecchio ospedale dove sono nata si aspetterebbe, che so?, caffellatte e cioccolato, come colori, invece ci sono azzurro e giallo, passa un signore sui sessant'anni, piccolo, un po' grosso, gli occhiali con la montatura grossa, sta andando verso il fondo del corridoio, l'uscita, e un altro, seduto più in là sulla mia fila di sedie, suo coetaneo, ma coi capelli bianchi, col tutore alla gamba, ha i jeans tagliati sopra la coscia e la moglie a fianco, lo chiama, santorsi, una cosa così, l'altro non sente, oh?, fa quello un po' più forte, ma l'altro ormai è quasi arrivato alla porta in fondo al corridoio, allora quello col tutore si alza in piedi e fa: Albania! non tanto più forte, ma quando sente albania l'altro si gira, e torna indietro, si riconoscono, si danno la mano, e parlano.

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