venerdì 24 aprile 2015

ognuno riconosce i suoi 14 - la vita che salvi può essere la tua



chissà se Jeffrey Eugenides (ma chi è, poi?) ha letto i racconti di Flannery O'Connor.
ci ho pensato perché Jeffrey nel dorso della sovraccoperta di Uscirne vivi, di Alice Munro, dice, citato tra virgolette: è la scrittrice più sfrenata che abbia mai letto, la più sensibile, anche, la più cruda, la più sottile. mi sa proprio di no.
sicuramente non li ha letti, i racconti, perché dimenticarsene, di flannery o'connor, quello è impossibile. se hai letto 'un brav'uomo, e chi lo trova?', il racconto che apre la raccolta La vita che salvi può essere la tua, che direi che come titolo è quasi meglio di Uscirne vivi, e poi scopri anche che 'la vita che salvi può essere la tua' è un cartello stradale per invitare alla prudenza nella guida, beh, se hai letto quel racconto e hai incontrato il protagonista, lo sbagliato, così lo chiamano, no, non te lo puoi dimenticare.
flannery o'connor io ho saputo che esisteva credo su qualche giornale ciellino, perché era molto cattolica, e ne avevamo anche parlato, di leggerla, io e quello che non mi vuole più parlare.
quando in biblioteca ho preso due libri di alice munro, da qualche parte ho letto che era paragonata a flannery, così ho preso l'unico libro della o'connor che c'è nella mia biblioteca, ovviamente in magazzino, della stessa collana einaudi dei libri della munro, credo che si chiami i coralli, rilegata in tela grigioverde, solo che il libro della o'connor la sovraccoperta non ce l'ha più, quindi è ancora meglio, niente risvolti, quarti di copertina, niente citazioni, trame, intro e post fazioni, bio e bibliografie.
apri il libro e leggi, esattamente come piace a me.
a casa ho cominciato subito a leggere e una cosa che ho capito subito è che quello, jeffrey, flannery o'connor non l'aveva letta proprio. perché io ho dovuto smettere, di leggerla, quella storia terribile dello sbagliato. non ce l'ho fatta, a tornare dal bosco coi killer che avevano appena ammazzato il padre e il bambino lì dove aspettavano la madre, la figlia e la nipote e lo sbagliato.
adesso che Uscirne vivi è finito, sono tornata a questo primo racconto e l'ho finito. e anche altri.
e devo dire che sì, alice munro scrive da dio, ma flannery o'connor è dio.
i suoi racconti sono senza alternative, atroci come possono esserlo solo lo squallore e superficialità di certe parti dell'america che ho imparato a conoscere nei libri dei grandi americani. sono schegge di roccia che ti si piantano dentro e non se ne vanno più.
eh sì, flannery batte alice 3 a 0.


giovedì 16 aprile 2015

ITALIACANO 13 - negozi

a abano terme c'è un fornaio che si chiama SFORNERIA

domenica 12 aprile 2015

dear life 2

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ancora ad abano terme

prima, a colazione, c'erano i saluti perché molti partono, si conoscono tutti per nome, gli italiani, intendo, perché ci sono molti tedeschi e, sorpresa, dei francesi, dico sorpresa perché la francia è piena di terme da tutte le parti, ma forse quello che cercano è questo non luogo incredibile e pulitissimo che è abano terme, la prima volta che ci sono venuta è stato con un mio amico, gli ho detto dai andiamo a fare un giro a abano, che tutti mi dicevano che bei negozi, che bel centro che è abano, era sera, praticamente è una strada in mezzo alla pianura, con alberghi di qua e di là, negozi, tutti chiusi, le luci e tutto, una cosa così triste, se uno mi chiede di spiegargli cos'è un non-luogo abano la prima cosa che mi viene in mente, a me, e ieri sera che sono andata a fare due passi avrei voluto chiamarlo, livio, e dirgli ti ricordi, non so se ce l'eravamo detto, non è che ci dicessimo tante cose, ma sono sicura che l'ha pensato anche lui, era questo il bello, ma solo alle amiche posso telefonare alle dieci di sera, agli amici non si fa, soprattutto quelli sposati, sono tutti sposati, a parte uno che non mi vuole più parlare, quando ero piccola pensavo sempre che sarei andata a vivere da sola, vedevo tutti quei film in cui le attrici ricevevano telefonate nella notte, e avevano quei telefoni col filo lunghissimo che potevano andare in giro per le stanze col telefono in mano, o avevano un telefono in ogni stanza, classico quello in bagno, e pensavo che anch'io avrei avuto il telefono col filo lunghissimo e avrei ricevuto telefonate nella notte, poi sono arrivati i cellulari, ma telefonate notturne, no, mai, e adesso ormai se dovessi ricevere una telefonata sarebbe solo per qualcosa di brutto.
 il libro uscirne vivi, di solito io di uno che non conosco cerco sempre di leggere il primo libro, che ha scritto, anche se non è proprio come il primo disco, una volta ho sentito uno che spiegava che il primo disco è sempre il migliore, il più vero, il più sentito, il più atteso e preparato, invece i libri, non è detto che ti pubblichino il primo che hai scritto, se ti chiami guido morselli manco il secondo, e il terzo, vabbè, e non è detto neanche che il primo sia il meglio, io comunque cerco di leggere il primo libro vero, ma prima che uno sia diventato famoso, o abbia vinto il nobel, che poi quando uno diventa famoso, rischi sempre che il libro sia sempre lo stesso, ma più brutto. che non è neanche il discorso della pressione degli editori, che è vero che tanti scrittori scrivono per quello, ma non c'entra con la bravura. magari hanno solo bisogno di uno stimolo come quello per scrivere. penso sempre a simenon, che scriveva i suoi cinque libri all'anno, e ci metteva mi pare tre settimane a libro. il resto del tempo lo passava a fare quello che gli pareva. avrebbe potuto scrivere tonnellate di maigret, altro che quelli, comunque un'infinità, più di 100, che ha scritto, senza contare tutto il resto, che sono più di 400. beh insomma, dicevo, questa raccolta di racconti, uscirne vivi, pare invece che sia una delle ultime, della munro, che dev'essere ben vecchia, se sono sessant'anni che scrive, anche se la data di nascita non c'è, nel risvolto.
io c'è stato un periodo che avevo deciso che leggevo solo racconti, perché mi pareva di non avere tempo di leggere i romanzi. che cazzata. beh, non era proprio così, che non avevo tempo, intendo. è che avevo letto i racconti di carver, di cosa parliamo quando parliamo d'amore, e mi erano sembrati così perfetti, nella loro brevità, fulminanti, che mi pareva impossibile dopo quello riuscire a star dietro a un libro di 500 pagine, anzi assurdo, mi pareva, nel senso che se puoi fare delle cose così incisive con poche pagine, beh, tutto il resto è noia, come diceva califano, e anche, ho scoperto al cinema, leopardi (quelle che ha scritto la sceneggiatura del giovane favoloso, ha messo questa frase, e quando gliel'hanno chiesto, ha detto che non ci aveva neanche pensato, lei, a califano. solo lei: alla proiezione a cui sono stata c'è stato un piccolo boato).
e io, se non si è capito, gli eccessi di parole non li sopporto, e ancora adesso non capisco come si possa prendere su un tomo di quelli che vedo prendere continuamente quando vado in biblioteca e pensare serenamente di perdere tutto il tempo che ci vuole ad arrivare in fondo. l'altro giorno che sono andata da don mario aveva sul tavolo un libro di ken follett, che io credevo fosse i pilastri della terra invece è un altro, comunque saranno 1000 pagine lo stesso. magari mi piacerebbe anche a me eh, non lo so. ma non ce la faccio proprio, a cominciare.
io, un'altra cosa che faccio quando leggo un libro di uno che non ho mai sentito, è che non leggo niente dell'apparato, retro di copertina, introduzioni varie, commentini sul testo che scrivono nei risvolti. ho fatto così anche per lo straniero, ed è stato anche per quello, credo, che mi si è piantato dentro come un palo. questo libro qua per dire non avevo neanche capito che era una raccolta di racconti, quando sono arrivata alla fine del primo e ho capito che quello dopo non era il capitolo successivo ci sono rimasta un po' male, ma devo dire che ci sono delle cose straordinarie. solo che i racconti che finiscono sul più bello, mah, non mi convincono mai, del tutto. dev'essere sempre per via di quella cosa che a me piacciono le storie, e uno, le storie, vuole sapere come vanno a finire. io, almeno. che mi faccio raccontare com'è andato a finire il film che non sono riuscita a guardare la sera prima. al corso di storia del cinema sulla nouvelle vague, non sopportavo i film di rhomer, quelli in cui, secondo la mia sintesi drastica, quando sta per succedere qualcosa finisce il film. a lui non interessa, a me sì, cavoli. comunque, come scrive alice munro, devo dire, a me mi piace assai.

dear life 1



Dear life è il titolo originale della raccolta di racconti di alice munro che ho preso in biblioteca. penso che se avessi letto il titolo originale, cara vita, forse non l'avrei preso il libro di una che non avevo mai sentito nominare prima e che nel 2013, ho letto nella fascetta, ha vinto il nobel per la letteratura.
invece il titolo italiano è 'uscirne vivi', che io, se mai avessi scritto un libro, avrebbe potuto intitolarsi così. magari se mai lo scrivessi lo intitolerò uscirne viva.
comunque. comunque io mi chiamo laura, mi ha detto per presentarsi la vecchia signora con cui mi hanno messo a mangiare ieri sera, che sono in pensione a abano terme a godermi il mio regalo di natale che mi ha fatto il professore. la cameriera, quando sono arrivata, che ero da sola e forse pensava che avessi anch'io l'età media degli altri pensionanti, mi ha detto che stasera mangiavo con una signora, ma domani la mettiamo da sola, me l'ha detto un po' imbarazzata, come se fosse disdicevole avermi messo a mangiare con una persona anziana, come se fossi una ragazza. anch'io, le ho detto alla signora laura, e lei mi ha guardato con una faccia stupefatta, ma guarda che coincidenza, quasi non ci credeva, non può mangiare le verdure verdi, il prezzemolo, neanche, che sta prendendo una cosa che comincia con c e finisce con in, un farmaco che ho sentito tante volte, cumadin, mi pare, è stata operata di tumore al seno e le hanno leso il nervo non so che della spalla, è tanto che viene qui? le chiedo, perché avevo capito che era tanto, trent'anni, mi ha detto, cavoli non pensavo così tanto, ho pensato, ma la signora laura ha 88 anni, è la settima, sono rimasti solo lei e il penultimo, che ha 95 anni, si sono molto ravvicinati ultimamente, che sono rimasti solo loro, si sentono al telefono, lei è due settimane che sta qui, c'era brutto tempo, andare in giro in macchina, cosa vuole, hanno fatto un sacco di rotatorie nuove, e poi, con la pioggia, dove vai?, è venuta in macchina da sola, abita a vicenza.

ognuno riconosce i suoi 13 - legami di sangue

il prossimo libro


 Come le persone appartenenti allo stesso gruppo sanguigno sono le uniche che possano donare il loro sangue a chi è vittima di un incidente, così anche un'anima può soccorrerne un'altra solo se non è diversa da questa, se la sua concezione del mondo è la stessa, se tra loro esiste una parentela spirituale.

giovedì 9 aprile 2015

albania

l'altro giorno ero all'ospedale, stavo aspettando che mi chiamassero per la visita fisiatrica, il corridoio è pitturato con uno smalto azzurro intenso, e il corrimano è giallo, uno in quel vecchio ospedale dove sono nata si aspetterebbe, che so?, caffellatte e cioccolato, come colori, invece ci sono azzurro e giallo, passa un signore sui sessant'anni, piccolo, un po' grosso, gli occhiali con la montatura grossa, sta andando verso il fondo del corridoio, l'uscita, e un altro, seduto più in là sulla mia fila di sedie, suo coetaneo, ma coi capelli bianchi, col tutore alla gamba, ha i jeans tagliati sopra la coscia e la moglie a fianco, lo chiama, santorsi, una cosa così, l'altro non sente, oh?, fa quello un po' più forte, ma l'altro ormai è quasi arrivato alla porta in fondo al corridoio, allora quello col tutore si alza in piedi e fa: Albania! non tanto più forte, ma quando sente albania l'altro si gira, e torna indietro, si riconoscono, si danno la mano, e parlano.

lunedì 6 aprile 2015

la storia del cecoslovacco



Fra il mio pagliericcio e la tavola del letto avevo infatti trovato un vecchio pezzo di giornale quasi incollato alla stoffa, ingiallito e trasparente. Riportava un fatto di cronaca di cui mancava il principio ma che doveva essere avvenuto in Cecoslovacchia. Un uomo era partito da un villaggio ceco per fare fortuna. Dopo venticinque anni, diventato ricco, era ritornato con la moglie e un bambino. Sua madre e sua sorella avevano un albergo nel suo villaggio natale. Per far loro una sorpresa, egli aveva lasciato in un altro albergo la moglie e il bambino, poi era andato da sua madre che non l'aveva riconosciuto. Per scherzo, aveva preso una camera. Aveva mostrato il denaro. La notte sua madre e sua sorella l'avevano assasssinato a colpi di martello per derubarlo e avevano gettato il suo corpo nel fiume. Il mattino era venuta la moglie e senza saperlo aveva rivela l'identità del viaggiatore. La madre si era impiccata, la sorella si era gettata in un pozzo. Devo aver letto quella storia un migliaio di volte. Da una parte mi pareva inverosimile, dall'altra era naturale. In ogni modo, trovavo che il viaggiatore se l'era un po' meritato, e che non si deve mai giocare.

Albert Camus, Lo straniero, p. 98

un'idea della mamma


Ho pensato spesso, allora, che se avessi dovuto vivere dentro un tronco d'albero morto, senz'altra occupazione che guardare il fiore del cielo sopra il mio capo, a poco a poco mi sarei abituato. Avrei atteso passaggi di uccelli o incontri di nubi come, lì, attendevo le strane cravatte dell'avvocato e come, in un altro mondo, aspettavo pazietemente il sabato per avere il corpo di Maria. In realtà, a pensarci bene, non ero dentro un albero morto. C'erano persone più infelici di me. Del resto era un'idea della mamma, e lei lo ripeteva sempre, che si finisce per abituarsi a tutto.
 Albert Camus, Lo straniero, p. 95

scoperte

domenica sono venuti a trovarci mia cugina e suo marito, vivono in germania e adesso stanno per comprare una casa su un lago, ma ci sono le zanzare? ha chiesto mio fratello, come no, ha risposto lui, più in su vai, più ci sono le zanzare, che, ho scoperto, in finlandia, un problema che hanno, sono le zanzare.
e ho scoperto anche, che me l'ha detto mio fratello, che le zanzare tigre sono arrivate da noi dentro a copertoni esausti che importavamo dall'india, perché si vede che i nostri non ci bastavano mica, di copertoni.

cambiare vita

 Allora mi ha chiesto se non mi interessava un cambiamento di vita. Ho risposto che non si cambia mai di vita, che del resto tutte le vite si equivalgono e che la mia, così com'era, non mi dispiaceva affatto. Lui mi è parso scontento, ha detto che rispondevo sempre a metà, che non avevo ambizione e che questo era disastroso, negli affari. Poi sono tornato al lavoro. Avrei preferito non scontentarlo, ma non vedevo una ragione di modificare la mia vita. A pensarci bene, non ero infelice.

Albert Camus, Lo straniero, Bompiani (1947) 1980, p. 54

domenica 5 aprile 2015

domenica di pasqua

oggi ho letto questo libro:


se uno non l'ha letto, non posso dirgli niente. se uno l'ha letto, non serve.

giovedì 2 aprile 2015

silenzio concettuale

10. Silenzio concettuale

Metodo analogico significa raggiungere la semplicità dei bambini che comprendono il mondo senza essere «concettuali » come noi.
Perciò:
  1. limitare il linguaggio verbale;
  2. credere al silenzio come strumento per sviluppare l'intuizione;
  3. presentare solo i fatti e non le connessioni;
  4. privilegiare le simulazioni alle spiegazioni;
  5. avvertire la conoscenza come un'emozione;
  6. credere che ognuno ha in sé tutto ciò che gli serve per capire;
  7. avere fiducia nella mente che lavora da sola;
  8. rinunciare al controllo sul processo di conoscenza: abbandonare il giudizio;
  9. concepire la conoscenza come un allargamento della percezione interiore;
  10. accoglierla come dono.

Camillo Bortolato, La metodologia in 10 punti, introduzione a 'La linea del 20. Metodo analogico per l'apprendimento del calcolo', Erickson 2005