... le piante sono state considerate, nei secoli, come la forma paradigmatica di esistenza della ragione, una mente che si esercita nella formazione di sé. La misura di questa coincidenza era il seme. Nel seme, in effetti, la vita vegetativa mostra tutta la sua razionalità: la produzione di una certa realtà avviene a partire da un modello formale e senza alcun errore. (...)nel seme la razionalità smette di essere una semplice funzione dello psichismo (animale op umano che sia) o l'attributo di un solo essere per diventare un fatto cosmico: modo di essere e realtà materiale del cosmo. Per esistere la pianta deve confondersi con il mondo e non può farlo che nella forma del seme: lo spazio in cui l'atto della ragione coabita con il divenire della materia.(...)Non basta riconoscere, come ha fatto la tradizione aristotelica, che la ragione è il luogo delle forme (locus formarum), il deposito di tutte quelle che il mondo può ospitare. La ragione ne è infatti anche causa formale ed efficiente. Se esiste una ragione, allora è quella che definisce la genesi di ciascuna delle forme di cui il mondo si compone. Per converso, un seme è l'esatto contrario della mera esistenza virtuale di una forma, con la quale viene spesso confuso. Il seme è lo spazio metafisico in cui la forma definisce non più una pura apparenza o l'oggetto della visione, né il semplice accidente della sostanza, ma un destino (...).Il seme è il luogo in cui la forma non è un contenuto del mondo, ma l'essere del mondo, la sua forma di vita. la ragione è un seme perché, a differenza di quanto la modernità si è ostinata a pensare, non è lo spazio della sterile contemplazione e dell'esistenza intenzionale delle forme, ma la forza che fa esistere un'immagine come destino specifico di ciascun individuo o oggetto. La ragione è quel che fa di un'immagine un destino, uno spazio di vita totale, un orizzonte spaziale e temporale. Essa è necessità cosmica e non capriccio individuale.
Emanuele Coccia, la vita delle. piante, pp. 24-26
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