avevo abbozzato già quattro post sotto questa nuova categoria, il re è nudo, con cui intendo ripostare interventi che trovo in giro e che esprimono cose la cui evidenza per me è palese, ma pare non esserlo per la maggioranza delle persone, per l'opinione comune, potrei dire.
solo che il tempo è passato senza che io riuscissi a trovare il tempo di scrivere anche un breve cappello di commento, e ho pensato che se mai comincio, mai comincerò, e l'ottimo è il nemico del bene, come mi ricorda sempre don bosco, e allora comincio questa nuova serie con questo articolo di salvatore merlo, pubblicato sul foglio quotidiano il 21 gennaio.
ho sentito un articolo alla rassegna stampa della mattina, ma l'unica cosa che ricordavo, oltre ovviamente all'argomento, era il giornale. neanche il giorno, mi ricordavo. venerdì, dopo una lunga ricerca, ero finalmente riuscita a trovare l'articolo, ma non ho potuto leggerlo, era riservato agli abbonati. allora ho scritto a merlo che, molto gentilmente, me lo ha inviato e... l'articolo non era quello che cercavo!
ma, act of god, è perfetto.
poco dopo natale è morto silvano. 64 anni, una moglie amatissima e due figli. era sul trattore a legare le balle di fieno. una montagna di sei sette metri. è caduto, il giorno dopo è morto. la moglie guardava dalla finestra. cose così succedono continuamente.
no, non credo propriamente che siano acts of god. sono più propensa a pensare che ogni atto, nell'universo, abbia delle conseguenze da qualche altra parte. come in un sistema, ogni modifica da qualche parte del sistema, provoca una rimodulazione di tutto il sistema. la cabala dice che se uccidi un uomo, uccidi l'universo.
in ogni caso, comunque, cercare dei responsabili, le colpe, i capri serve forse a farci dormire una notte di più, e basta.
Non
ci sono paesi del mondo, nemmeno tra quelli ricchi e progrediti che
tanto ammiriamo – pensate agli uragani che affliggono gli Stati Uniti –
dove le catastrofi naturali non procurino danni agli uomini e alle cose.
Tra il 5 e il 9 dicembre del 1952 un fenomeno di bassa pressione
provocò l’addensarsi su Londra di una cappa tossica, un misto venefico
di nebbia, fumi industriali e di stufe a carbone intensamente accese per
contrastare il freddissimo inverno di quell’anno. Non c’era vento su
Londra, e il fumo ristagnava per le strade. La gente restava avvelenata,
affollava gli ospedali che andarono in tilt. Ci furono morti, se ne
contarono migliaia. “Dobbiamo fare qualcosa. Winston, i cittadini sono
arrabbiati. Ci ritengono colpevoli!”, urla il ministro degli Esteri,
Robert Salisbury, nel quarto episodio di “The Crown”, la serie
televisiva sulla vita della Regina Elisabetta, un capo d’opera di
pulizia visiva, e di scrittura cinematografica, trasmesso in questi
giorni da Netflix. “Ma colpevoli di cosa?”, gli risponde Winston
Churchill, il primo ministro. “E’ nebbia”, gli dice. “E la nebbia è
nebbia. Arriva, e poi se ne va”.
Ma
l’altro insiste, preoccupato per gli attacchi dell’opposizione, per la
collera popolare, per una crisi di governo. E allora Churchill, l’uomo
inscalfibile che aveva resistito ai nazisti, lui che aveva sconfitto il
demonio e salvato l’Inghilterra, gli si rivolge nel tono d’una didattica
impazienza: “Ogni tanto anche qui c’è il sole. Troppo sole, e la
chiamano ‘siccità’. Poi finalmente piove. Ma se piove troppo lo chiamano
‘diluvio’, e trovano il modo di incolparci anche di quello. E’ il
volere di Dio, Robert. E che ci piaccia o no è del tutto imprevedibile”.
Gli inglesi, che hanno inventato le assicurazioni nel XVII secolo, lo
chiamano “volere di Dio”, “Act of God”, come diceva Churchill. Non è
metafisica, ma un termine tecnico usato anche dai Lloyds di Londra.
Secondo l’enciclopedia Britannica gli Act of god sono “eventi imprevisti
e imprevedibili derivanti dalle forze della natura”. E allora è certo
che in Italia si dovrebbero abitare case e alberghi sicuri, ma è inutile
fare aria fritta cercando i colpevoli della valanga assassina che due
giorni fa ha travolto l’hotel Rigopiano, e con lo stesso facile sussiego
con cui nei bar si discute di Totti e della Juve.
E
invece, attorno alla neve assassina e alla terra che trema, alla natura
che non è sempre amichevole come nelle confezioni delle mele bio dei
supermercati, in Italia si esibiscono gli pseudoscienziati che prevedono
le catastrofi, i domatori delle valanghe, gli urlatori televisivi del
giorno dopo, gli sciacalletti politici in doposci da Lilli Gruber,
quelli che se solo un terremoto e una valanga si potessero prevedere
allora sarebbero già lì ancora prima della tragedia, pronti a farsi una
fotografia col telefonino, il consueto circo dell’emergenza e
dell’orrore che si dispiega solo quando i fenomeni sono già spiegati,
quando cioè si spiegano da soli, come nell’enigma del colpevole di
Dürrenmatt. E infatti un disastro ambientale non può “tornare” come
torna un conto, e non esiste un assassino universale, in certi eventi
“ciò che è casuale, incalcolabile, incommensurabile ha una parte troppo
grande”, scriveva il drammaturgo svizzero in un suo straordinario
racconto, “La promessa”, una storia che precipita il lettore in quel
vuoto di senso che si chiama destino, fato, o forse “Atto di Dio”,
appunto.
Un
terremoto e una valanga, in contemporanea, quattro scosse potenti in
quattro ore, un vento a dieci gradi sotto zero che tira sassate a 90
chilometri all’ora, la luce che manca perché le slavine hanno abbattuto i
tralicci che poi vanno faticosamente raggiunti uno a uno superando muri
di neve e temperature polari. Ma è sull’animale ucciso, si sa, che si
accaniscono le mosche. “La gente vuole un capro espiatorio, è normale.
Ma noi siamo leader”, dice a un certo punto Churchill, rivolto alla
giovane Elisabetta che pretende spiegazioni, atti di responsabilità e
forse di contrizione dal suo primo ministro. “E’ nebbia. Prima o poi il
vento riprenderà”, risponde invece Churchill alla regina, che intanto
però ha già deciso di dare ascolto alla collera popolare, alle
speculazioni politiche, agli articoli infuocati dei giornali, alle
macchinazioni degli avversari del suo vecchio ministro, e dunque ha già
deciso di licenziarlo e di sostituirlo con Anthony Eden. Ma ecco che
all’improvviso un raggio di sole fende la nebbia, supera le spesse tende
di Bucking Palace, che tremano appena scosse da una brezza di vento. E’
la salvezza. Il sole attraversa la stanza dei velluti, poggiandosi sui
piedi di Elisabetta. Un atto di Dio.