venerdì 22 luglio 2016

un titolo vale l'altro - anzi, un libro

qualche giorno fa ho sentito uno, alla radio, che già l'ho detto tante volte, a me sentire quelli che spiegano agli altri perché hanno scritto quella roba lì, e cosa volevano fare con quel personaggio là, e cosa volevano dire quando dicevano questo o quello, mi viene un po' il nervoso, una volta ho sentito quello della radio che evidentemente era proprio disperato, che gli chiedeva, all'autore, se si sbagliava o era proprio così che c'erano tanti personaggi femminili che cominciavano con la L, nel libro, e come mai, questa scelta, di chiamare tutte laura, luisa, lucrezia...
sia chiaro: a me piace, e credo sia giusto che uno scrittore parli di cosa è la scrittura per lui, anzi direi che non può fare altro, quello che non sopporto è che spieghi come quella sua idea di scrittura lì si è poi concretizzata (o meno ) nel suo lavoro. quello, se permetti, caro scrittore, non lo devi dire tu. lo deve intuire il lettore, lo deve capire il critico. che tanto poi adesso sono la stessa cosa, che tutti sono critici, i lettori. a parte me, che ho sempre odiato dover fare le schede dei libri e perfino dire perché un libro mi piace o no.
beh, insomma, sento questo scrittore che ci spiega cosa voleva dire nel suo libro e a un certo punto gli chiedono come mai ha scelto quel titolo lì, i pregiudizi di dio, che pare lo sappiano tutti fuorché io, è una citazione di nitch, ha detto così, per dire nietsche, e lui ha detto che quel titolo, quella citazione di nic, gli piaceva tanto che lo voleva già usare per il libro precedente, che non perdo neanche tempo a cercare come cavolo l'ha chiamato poi, ma l'editore gli sembrava un po' troppo forte, i pregiudizi di dio, e allora lui se l'è tenuto buono per questo libro qua.
che idea, eh?

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