sabato 15 aprile 2017

il re è nudo 2 - veduta

TRUTAT (1824-1848), Baccante distesa

In base all'uso e a convenzioni che, anche se finalmente in discussione, non sono tuttavia affatto superate, la presenza sociale della donna ha una qualità diversa da quella maschile. La presenza dell'uomo dipende dalla promessa di potere che egli incarna. Se la promessa è grande e credibile, la sua presenza è straordinaria. Se la promessa è irrisoria o non credibile, la sua presenza è considerata scarsa. Il potere annunciato può essere morale, fisico, emotivo, economico, sociale, sessuale, ma il suo oggetto è da sempre esterno all'uomo. La presenza dell'uomo suggerisce ciò che egli è capace di fare a voi o per voi. La sua presenza può essere ingannevole, nel senso che egli finge di avere capacità che non ha. La finzione è, però, sempre rivolta  a un potere che si esercita sugli altri.
    La presenza della donna, invece, esprime l'atteggiamento che ella ha verso se stessa, e definisce cosa le si può e non le si può fare. La sua presenza si manifesta nei gesti, nella voce, nelle opinioni, nelle espressioni, negli abiti, negli ambienti di cui si circonda, nel gusto. In effetti non vi è nulla in ciò che ella fa che non contribuisca alla sua presenza. La presenza della donna è così intrinseca alla sua persona che gli uomini tendono pensare a essa come a una sorta di emanazione fisica, una specie di calore o odore o aura.
 
   Nascere donne ha significato nascere sotto custodia, affidate a uomini in uno spazio racchiuso e angusto.La presenza sociale delle donne si è sviluppata in funzione della loro disponibilità a vivere sotto tale tutela entro uno spazio tanto limitato. Ciò è avvenuto, però, al prezzo di una spaccatura: l'io delle donne si è diviso in due.
La donna deve guardarsi di continuo. Ella è quasi costantemente accompagnata dall'immagine che ha di se stessa. Sia che attraversi una stanza, sia che pianga la morte del padre, la donna non riesce a evitare di visualizzarsi nell'atto di camminare o piangere. Sin dalla primissima infanzia, le hanno insegnato e l'hanno convinta a osservarsi di continuo.

   E così ella arriva a considerare il sorvegliante e il sorvegliato che ha in sé come i due elementi costitutivi e pur sempre distinti della sua identità di donna.
   Deve sottoporre a scrutinio tutto ciò che è e che fa perché il suo modo di apparire agli altri, e in definitiva il suo modo di apparire agli uomini, ha un'importanza cruciale per quanto viene solitamente considerato il suo successo nella vita. Per la donna il sentirsi esistente in sé viene sostituito dal sentirsi riconosciuta dall'altro.
    Gli uomini, prima di rivolgersi alle donne, le osservano. Di conseguenza, il trattamento che che l'uomo riserverà alla donna può essere determinato da come lei si presenta. Per acquisire un qualche controllo su questo processo, le donne devono devono accettarlo e interiorizzarlo.  (...)
   Se una donna fa una battuta divertente, le sue parole dimostrano come ella tratti il burlone che c'è in lei e come dunque, da donna di spirito, vorrebbe essere trattata dagli altri. Solo un uomo può fare una battuta per il gusto di farla.
   Si potrebbe semplificare dicendo: gli uomini agiscono e le donne appaiono. Gli uomini guardano le donne. Le donne osservano se stesse essere guardate.  Ciò determina non soltanto il grosso dei rapporti tra uomini e donne, ma anche il rapporto delle donne con se stesse. Il sorvegliante che la donna ha dentro di sé è maschio, il sorvegliato femmina. Ecco dunque che ella si trasforma in oggetto, e più precisamente in oggetto di visione: in veduta.
John Berger, Questione di sguardi, cap. 3 pp. 47-49


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