c'è stato un tempo della mia vita, ed era bellissimo, in cui andavo al cinema tre volte la settimana. avevo la tessera di due cineforum e nel fine settimana, al sabato o alla domenica, andavamo a vedere una delle ultime uscite. io adoro andare al cinema. non mi considero una cinefila: all'esame di storia del cinema un maniaco mi ha mandata via perchè non sapevo quale tra jules e jim fosse il fotografo (forse è meglio che se lo riguardi). un altro ha preso trenta perchè ha saputo dire che tempo faceva nel 'ginocchio di clara'. pioveva, lo sapevo anch'io. no, non sono una cinefila. non ho la fissa del montaggio, della fotografia, del colore...
è che il cinema mi aiuta a vivere.
il mio regista è kieslowski, sono sempre i migliori ad andarsene per primi. e truffaut. e tanti altri, ovviamente. poi ci sono i film importanti per il momento, per la persona che avevo di fianco, perchè sono stati l'inizio di un'avventura, anche intellettuale. ma questo è un altro post.
tra gli italiani, virzì mi piace. da sempre. storie quotidiane, storie che sappiamo tutti, storie che parlano di ognuno di noi. beh, ovosodo alla critica non è piaciuto. a me m'ha piantato dentro una tristezza sconfinata, che non ha mai smesso di crescere, per la vita che decide per te, come mi diceva sempre don alfredo, quando non sei tu a farlo per prima, per quel 'diventare grandi' di tanti che vuol dire fine dei sogni, della spensieratezza, adattarsi a quella specie di ovo sodo dentro, che non va
né in su né in giù, ma che ormai mi fa compagnia come un vecchio amico...
tutta la vita davanti è a tratti schematico, ma poi viene fuori che sono tutti dei poveracci, dal capo osannato allo sfigato che ruba la pensione alla vecchina che si fidava di lui, dalla belloccia del capo al sindacalista duro e puro, tutti ad affannarsi fino alla morte a mantenere la fragile apparenza che è la loro vita insulsa... e ti resta un amaro dentro che il picnic finale, così simile a tanti che facevo da piccola nel cortile di mia nonna, non addolcisce per niente.
ma volevo parlare di ferie d'agosto, della storia del professore comunista che ha rinunciato all'ideale più vero, l'amore, per accomodarsi in una relazione asimmetrica in cui vada come vada, sa che può sempre e comunque contare sulla gratitudine di lei... finchè non resta incinta (e sì che trombano due volte l'anno e lei ormai è alle soglie della menopausa...mah!) e contemporaneamente scopre una cosa difficile da credere anche per noi, cioè che anche silvio orlando ha avuto una vera storia di fuoco e passione, e naturalmente con una strafiga... che botta, povera laura...
insomma, siamo sempre lì: al ritorno a casa delle illusioni, e a come affrontarlo con lo strumentario sempre più insufficiente che la cultura di massa e i suoi modelli mettono a disposizione...
al piccolo cabotaggio dei sentimenti a cui tutti, prima o poi, sembrano - sembriamo?- adattarsi per sopravvivere.
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